21 febbraio 2018 - 01:30

Strage di cani a Sciacca, perché in Sicilia non si accudiscono i randagi?

La Lav presenta una denuncia contro ignoti. Ogni cane custodito in canile costa ai Comuni 3,50 al giorno e in un anno si arriva a spendere circa 115 mila euro. Ma c’è chi il suo dovere comunque lo fa

di Giorgia Lodato

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La legge 281 del 14 agosto 1991 parla chiaro. I Comuni italiani devono provvedere ai cani randagi mordaci o ammalati, considerati dunque pericolosi per la comunità, che vanno tolti dalla strada per essere trasferiti, seppure temporaneamente, in canili pubblici o privati o in cliniche specializzate. Non è andata esattamente così, però, a Sciacca, in provincia di Agrigento, dove da due giorni non si fa altro che parlare della lunga fila formata dai corpi senza vita di decine di cani – una quarantina secondo le associazioni locali – probabilmente avvelenati da chi non gradiva la loro presenza nella zona.

Il caso in controtendenza

Ogni cane custodito in canile costa ai Comuni 3,50 euro al giorno e in un anno si può arrivare a spendere circa 115 mila euro. «È una spesa non indifferente – commenta Carlo Caputo, sindaco di Belpasso, uno dei pochi comuni in provincia di Catania che negli ultimi due anni e mezzo si è contraddistinto come esempio virtuoso in materia -. Abbiamo aperto, a ottobre del 2015, un ambulatorio veterinario comunale per sterilizzazioni e microchippature, quest’ultime anche per cani di privati. Perché il problema del randagismo, per larga parte, dipende proprio dagli abbandoni». A seconda della disponibilità dei medici dell’Asp, gli unici che per legge possono occuparsi dei randagi, si sterilizzano circa otto cani al mese. Una media che in due anni ha già portato dei cambiamenti sotto gli occhi di tutti. «Randagi se ne vedono molti di meno, soprattutto in branco – sottolinea Caputo - che cerchiamo di individuare, tenere sotto controllo e separare per evitare problemi. Se sono cani di quartiere sterilizzati, sani e non mordaci hanno il diritto di rimanere fuori, anche se per qualcuno risolvere il problema del randagismo significa non vedere più cani in giro». Risultati importanti ottenuti anche grazie al duro lavoro dei volontari, personale umano che si mette di buona volontà per cercare di risolvere il problema, soprattutto da quando non esiste più l’accalappiacani o una figura di riferimento che si possa occupare di questi animali.

Le associazioni in campo

«Lavorando in sinergia si ottengono i risultati», commentano dalla Lav, la Lega anti vivisezione, che insieme ad altre realtà come la Lega Nazionale per la Difesa del Cane è subito scesa in campo, sporgendo denuncia contro ignoti per ottenere un processo di indagini più serrato, con il coinvolgimento della Soarda (Sezione Operativa Antibracconaggio e Reati in danno degli Animali) dipendente dal Comando Carabinieri per la tutela della biodiversità e dei parchi, che opera congiuntamente alle strutture territoriali negli interventi contro il bracconaggio e il maltrattamento animale, controlla il corretto esercizio dell’attività venatoria e svolge complesse indagini relative al traffico di fauna selvatica, animali da reddito e d’affezione.

La Lav ha anche scritto al neo presidente della Regione Nello Musumeci per sollecitarlo ad applicare subito il programma Lav di prevenzione del randagismo da lui firmato lo scorso novembre in periodo elettorale, che prevede, tra l’altro, la re-immissione dei cani curati e sterilizzati in aree concordate con le associazioni animaliste, contributi economici non inferiori al 50% della spesa effettuata ai Comuni e alle associazioni iscritte all’albo che presentino progetti per la sterilizzazione di animali, anche di proprietà, e per la costruzione di nuovi e moderni rifugi sanitari o adatti al ricovero, e non inferiori al 75% della spesa effettuata alle associazioni che intendano effettuare azioni didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado. Oltre alla creazione di un numero verde di pronto intervento regionale anti maltrattamenti e soccorso animali attivo 24 ore su 24 e di un’unità operativa regionale per l’emergenza randagismo in Sicilia, che possa portare a una piena e coordinata applicazione delle normative nazionali e regionali.

Al presidente della Regione si è rivolto anche il WWF, che in un comunicato stampa ha sottolineato come quello del randagismo sia un problema estremamente grave nelle regioni del sud Italia e particolarmente in Sicilia. «La strage di cani avvenuta a Sciacca – scrive Franco Andaloro, delegato WWF per la Sicilia - rappresenta un crimine di una violenza e di una gravità inaudita che non solo deve essere condannato con forza, ma che necessita anche di una risposta immediata e risoluta da parte delle istituzioni e della società

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