Milano, 24 settembre 2017 - 16:19

«Ho regalato il mio casale» La fattoria dove i disabili diventano agricoltori

Una villa sulle colline di Valdarno da un milione di euro donata in beneficenza. Così Maria Antonietta Salvucci lascia la sua eredità ai disabili. Nella proprietà donata nasce una fattoria dove i disabili diventano agricoltori

shadow

Le avevano offerto un milione di euro. Avrebbero voluto trasformare la sua villa in agriturismo. Lei ha detto no. Niente agriturismo. E niente vendita. La sua villa, quella villa di 300 metri quadrati con 15 ettari di parco sulle colline del Valdarno, ha scelto di donarla gratuitamente in beneficenza. Quasi una follia, in tempi moderni. Per lei invece, Maria Antonietta Salvucci, ex insegnante di Lettere in pensione, un gesto naturale. Ha rinunciato a un milione di euro così, a cuor leggero. Adesso è più povera, ma più felice. La sua villa è stata regalata alla Fondazione Opera Diocesana Firenze Onlus. Al posto dell’agriturismo, è nata una fattoria per quindici ragazzi con disabilità intellettiva grave.

Tra queste stanze, i disabili imparano a vivere da soli, in prospettiva dell’invecchiamento dei genitori, che non potranno più garantire assistenza ai loro figli. Viene superato così il problema del “Dopo di noi”, ovvero della sopravvivenza dei figli dopo la dipartita dei genitori. Seguiti 24 ore su 24 dagli operatori sanitari e dagli educatori della Fondazione Opera Diocesana, i disabili fanno quello che non hanno mai fatto prima: lavare i vestiti, rifare il letto, pulire la casa, stirare le camicie. Imparano a vivere in autonomia, una cosa apparentemente semplice, eppure un grande traguardo per ciascuno di loro. E poi laboratori di apprendimento, giardinaggio, coltivazione degli ortaggi, potatura degli ulivi. Perfino la vendemmia. E più avanti l’allevamento degli animali. Impareranno lavori agricoli nell’ottica di commercializzare i loro prodotti.

Così potranno diventare lavoratori a tutti gli effetti, soltanto un’utopia fino a pochi mesi fa. Una fattoria gestita dai disabili. Stefano, Massimiliano, Laura, Gianni: ragazzi e ragazze fra i 25 e i 45 anni che qui, in questo pezzo idilliaco di Toscana, imparano a prendersi cura di sé. Tutto questo è stato possibile grazie alla donazione gratuita della villa. La benefattrice non vuole celebrazioni: «Il bene si fa e non si dice» ripete citando Gino Bartali. Avrebbe potuto vendere la casa e ricavarci tanti soldi, oppure avrebbe potuto cederla ai familiari. Invece no, ha preferito regalarla. Un’anti-eroina del nostro tempo: «Non sono i beni materiali a fare la felicità, ma la speranza degli ultimi». Gli ultimi, in questo caso, sono i disabili: «Quando li vedo camminare per i prati della mia vecchia villa, mi si riempie il cuore di gioia, questo è quello che conta».

Ambiente terapeutico

Per i disabili intellettivi, la campagna è un ambiente terapeutico. In Italia sono pochissime le strutture come queste. Se non fosse stato per la donazione, per loro sarebbe stato impossibile coronare il sogno di vivere da soli, il sogno di diventare padroni del proprio destino. Fondamentale è stata anche la ristrutturazione della villa, sostenuta dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, che ha eseguito i lavori di riqualificazione e ha allestito gli spazi a misura di disabile. E poi il ruolo della Regione, che ha favorito l’integrazione pubblico/privato per percorrere nuovi servizi per le persone svantaggiate. «La fattoria di Reggello - ha spiegato l’assessore regionale alle politiche sociali Stefania Saccardi - propone un modello di intervento innovativo e lungimirante che intende prendere in carico i disabili per prepararli al cosiddetto Dopo di noi, quel periodo cioè in cui verranno a mancare i loro genitori e si troveranno da soli di fronte alla vita».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT