Cinquecento giorni a cavallo sulle orme di Gengis Khan. Un anno e mezzo nella natura — ghiacciata o infuocata, a seconda della stagione — per raggiungere Cracovia, in Polonia, partendo dall’antica capitale dell’imperatore dei mongoli. Paola Giacomini, 38 anni, non è nuova ai trek (in lingua afrikaans: lungo e lento viaggio) in solitaria lungo percorsi poco battuti. Nel 2006, in sei mesi, è andata (e tornata) a Santiago di Compostela con la sua cavalla Isotta. Poi ha attraversato le Alpi, dalla Savoia alla Slovenia. Ha visitato le valli degli Appennini e seguito i sentieri dei lupi.
A cavallo in Mongolia sulle tracce di Gengis Khan
Sempre da sola. Come sola sarà in questa nuova avventura che idealmente ricongiunge mondi separati da distanze apparentemente colmabili solo in aeroplano. «Per la verità — sorride Paola, un accento torinese che non l’abbandona mai («ma da tempo vivo in montagna, in Val di Susa») — non sarò del tutto abbandonata a me stessa. Per lunghi tragitti mi accompagneranno guide locali. Questo perché conoscono meglio il territorio e poi mi aiuteranno a comunicare con le persone che incontrerò».
Paola è appena rientrata dalla Mongolia, dove è stata a «trovare» i tre cavalli da lei acquistati e affidati a una famiglia locale. «Ci sono molte pratiche burocratiche da perfezionare, permessi per attraversare le frontiere e altro». Perché tre destrieri? «Uno per me, uno per l’eventuale accompagnatore e il terzo per trasportare vettovaglie, coperte e generi di prima necessità». Per anni guida a cavallo, oggi Paola si mantiene lavorando d’inverno sulle piste da sci. Per poi partire con il disgelo, quasi seguisse le migrazioni stagionali degli animali e degli uccelli. La sua avventura prenderà il via l’anno prossimo, intorno alla metà di aprile, quando la primavera, sugli altipiani della Mongolia, è ancora schiacciata da freddo e neve. Con un andamento a zig zag si dirigerà da Harahorin, a 60 chilometri dalla capitale Ulan Bator, a nord, verso la Siberia. «In piedi all’alba e a letto al tramonto — ci racconta — con tappe di circa 30 chilometri e soste per incontrare le popolazioni che vivono in quelle terre: i pastori di renne, i cacciatori con le aquile, i buriati...». Dormirà per lo più all’addiaccio, senza tenda: «Perché è molto importante “fare branco” con i cavalli, devono sapere che sono sempre a contatto dei miei occhi». Entro l’autunno, spiega Paola Giacomini, dovrà raggiungere e superare gli Urali, la frontiera naturale che divide l’Europa dall’Asia. «Questo perché l’inverno siberiano è davvero troppo rigido. Ed è meglio non farsi cogliere nel posto sbagliato nel momento sbagliato».
Certo è difficile immaginare come sia possibile dormire all’aperto con temperature che sfioreranno comunque i meno 15: «Sono abituata. E in ogni modo, la mia attrezzatura è studiata proprio per superare queste difficoltà estreme...». Resta da capire quale sia la molla, desiderio di avventura a parte, che spinge una giovane donna a lasciare famiglia e fidanzato (a proposito si chiama Marco, ha 42 anni, e di lui si dice che sia il compagno più paziente del mondo...) per un anno e mezzo o giù di lì. Paola ride: «La mia vita è così, mi è sempre piaciuto vedere il mondo. Questa volta l’idea è di portare una freccia mongola alla Basilica di Santa Maria, nel centro di Cracovia. È qui che arrivarono i guerrieri di Gengis Khan nel 1241, quando un arciere colpì alla gola un soldato polacco che stava dando l’allarme. Ogni giorno, la stessa nenia viene suonata in piazza e interrotta nel punto esatto in cui si fermò quasi otto secoli fa».
Passato e presente, Oriente e Occidente. Paola unirà virtualmente posti e tempi lontani. Per farlo avrà bisogno di centomila euro, una cifra davvero importante. «Ancora non ho tutti i soldi. Alcuni sponsor si sono fatti avanti, altri sono in trattativa. Ma alla fine ce la farò a partire».