Milano, 9 dicembre 2017 - 21:27

Paola, sulle orme di Gengis Khan:
«A cavallo per 500 giorni»

La sfida dell’amazzone italiana dalla Mongolia fino a Cracovia. Partenza la prossima primavera: «Tre animali e l’aiuto di guide locali per comunicare con chi incontro»

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Cinquecento giorni a cavallo sulle orme di Gengis Khan. Un anno e mezzo nella natura — ghiacciata o infuocata, a seconda della stagione — per raggiungere Cracovia, in Polonia, partendo dall’antica capitale dell’imperatore dei mongoli. Paola Giacomini, 38 anni, non è nuova ai trek (in lingua afrikaans: lungo e lento viaggio) in solitaria lungo percorsi poco battuti. Nel 2006, in sei mesi, è andata (e tornata) a Santiago di Compostela con la sua cavalla Isotta. Poi ha attraversato le Alpi, dalla Savoia alla Slovenia. Ha visitato le valli degli Appennini e seguito i sentieri dei lupi.

Sempre da sola. Come sola sarà in questa nuova avventura che idealmente ricongiunge mondi separati da distanze apparentemente colmabili solo in aeroplano. «Per la verità — sorride Paola, un accento torinese che non l’abbandona mai («ma da tempo vivo in montagna, in Val di Susa») — non sarò del tutto abbandonata a me stessa. Per lunghi tragitti mi accompagneranno guide locali. Questo perché conoscono meglio il territorio e poi mi aiuteranno a comunicare con le persone che incontrerò».

Paola è appena rientrata dalla Mongolia, dove è stata a «trovare» i tre cavalli da lei acquistati e affidati a una famiglia locale. «Ci sono molte pratiche burocratiche da perfezionare, permessi per attraversare le frontiere e altro». Perché tre destrieri? «Uno per me, uno per l’eventuale accompagnatore e il terzo per trasportare vettovaglie, coperte e generi di prima necessità». Per anni guida a cavallo, oggi Paola si mantiene lavorando d’inverno sulle piste da sci. Per poi partire con il disgelo, quasi seguisse le migrazioni stagionali degli animali e degli uccelli. La sua avventura prenderà il via l’anno prossimo, intorno alla metà di aprile, quando la primavera, sugli altipiani della Mongolia, è ancora schiacciata da freddo e neve. Con un andamento a zig zag si dirigerà da Harahorin, a 60 chilometri dalla capitale Ulan Bator, a nord, verso la Siberia. «In piedi all’alba e a letto al tramonto — ci racconta — con tappe di circa 30 chilometri e soste per incontrare le popolazioni che vivono in quelle terre: i pastori di renne, i cacciatori con le aquile, i buriati...». Dormirà per lo più all’addiaccio, senza tenda: «Perché è molto importante “fare branco” con i cavalli, devono sapere che sono sempre a contatto dei miei occhi». Entro l’autunno, spiega Paola Giacomini, dovrà raggiungere e superare gli Urali, la frontiera naturale che divide l’Europa dall’Asia. «Questo perché l’inverno siberiano è davvero troppo rigido. Ed è meglio non farsi cogliere nel posto sbagliato nel momento sbagliato».

Certo è difficile immaginare come sia possibile dormire all’aperto con temperature che sfioreranno comunque i meno 15: «Sono abituata. E in ogni modo, la mia attrezzatura è studiata proprio per superare queste difficoltà estreme...». Resta da capire quale sia la molla, desiderio di avventura a parte, che spinge una giovane donna a lasciare famiglia e fidanzato (a proposito si chiama Marco, ha 42 anni, e di lui si dice che sia il compagno più paziente del mondo...) per un anno e mezzo o giù di lì. Paola ride: «La mia vita è così, mi è sempre piaciuto vedere il mondo. Questa volta l’idea è di portare una freccia mongola alla Basilica di Santa Maria, nel centro di Cracovia. È qui che arrivarono i guerrieri di Gengis Khan nel 1241, quando un arciere colpì alla gola un soldato polacco che stava dando l’allarme. Ogni giorno, la stessa nenia viene suonata in piazza e interrotta nel punto esatto in cui si fermò quasi otto secoli fa».

Passato e presente, Oriente e Occidente. Paola unirà virtualmente posti e tempi lontani. Per farlo avrà bisogno di centomila euro, una cifra davvero importante. «Ancora non ho tutti i soldi. Alcuni sponsor si sono fatti avanti, altri sono in trattativa. Ma alla fine ce la farò a partire».

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