Milano, 18 luglio 2017 - 17:28

Lesioni gravi dopo incidente, ditta italiana che produce caschi costretta a maxi risarcimento

Charles, pilota americano di motocross, ha avuto un incidente nel 2008 in Florida. La Cassazione ha stabilito la sussistenza del «danno punitivo». Confermata la condanna a un milione e mezzo di dollari per la casa produttrice di Treviso

Foto repertorio (Reuters) Foto repertorio (Reuters)
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Charles era un pilota di motocross. Correre e saltare in volo erano la sua passione. Da quella gara nel 2008 in Florida, pur essendo sopravvissuto a una caduta che poteva essere mortale – e che gli ha procurato lesioni gravissime - la sua vita è radicalmente cambiata. Le emozioni della due ruote sono ancora vive – forse – in lui, ma come ricordi. Per quell’incidente, la casa produttrice del casco, la Axo sport, ditta di Treviso, dovrà pagare (alla Nosa, il rivenditore al dettaglio dell’articolo negli Usa) una cifra che si attesta intorno al milione e mezzo di dollari, come stabilito dalle sentenze pronunciate negli Stati uniti e riconosciute in Italia.

La Cassazione

La novità, che segna un passaggio decisivo nella giurisprudenza del nostro Paese, è che, per la prima volta, le Sezioni unite civili della Cassazione, con una sentenza pronunciata alcuni giorni fa, hanno stabilito la sussistenza del «danno punitivo». Una somma ulteriore rispetto a quella stabilita delle tabelle che va versata per «colpa grave» o per «dolo» del soggetto danneggiante. Lo scenario apre considerazioni nuove nel mondo dell’imprenditoria e delle assicurazioni.

L’incidente

L’incidente era avvenuto durante una gara di motocross in Florida. Il giovane pilota americano Charles Duffy III, ricorda la sentenza della corte d’Appello di Venezia, «aveva perso il controllo del mezzo mentre ad alta velocità affrontava uno dei salti tipici della sua competizione». Charles si era schiantato a terra, battendo la testa violentemente. Poi la moto era atterrata sul suo corpo, schiacciandolo e provocandogli lesioni gravissime e danni permanenti.

Il casco

Il ragazzo indossava un casco prodotto dalla Axo, azienda di Treviso e importato negli Usa dalla Nosa inc. La famiglia della vittima, dopo alcuni mesi, aveva fatto causa alla Nosa «per gravissimi danni alla persona subiti per un vizio del prodotto venduto». I genitori avevano dichiarato che le lesioni subite erano «derivate a causa di un vizio del casco», che «non era ragionevolmente adatto per gli usi cui il convenuto intendeva destinarlo o che era ragionevole attendersi». La Nosa, dopo aver pagato un indennizzo alla vittima, aveva chiamato in causa la Axo, condannata a pagare un risarcimento di un milione e mezzo di dollari.

Sentenza americana riconosciuta

In Italia la sentenza americana è stata riconosciuta in due gradi di giudizio, fino al responso, nel 2014 della Corte di appello di Venezia che ha confermato il debito della ditta italiana nei confronti dell’azienda importatrice negli Usa. La Axo si è sempre difesa sostenendo che il casco fosse a norma e che la sentenza americana fosse troppo «succinta», non motivata, né «chiarificatrice» delle circostanze dell’incidente e che fosse impossibile collegare le lesioni subite dal motociclista alla ditta. Non solo, i legali avevano ricordato come, pochi giorni dopo la tragica caduta, i genitori di Charles avessero scritto alla Axo per ringraziarli del fatto che il figlio, nonostante lo schianto a terra, fosse ancora vivo. Infine, gli avvocati avevano fatto notare come l’incidente fosse «avvenuto nel corso di una competizione sportiva quando i piloti portano i mezzi al limite di sicurezza...e dunque assumono consapevolmente dei gravi rischi». Duffy III poi, prima di gareggiare, aveva sottoscritto una liberatoria con cui esonerava tutti i soggetti coinvolti per ogni danno.

«Sentenza storica»

Per Renato Ambrosio, avvocato civilista che lavora – insieme al legale Gino Domenico Arnone – sul danno punitivo in Italia dal processo Thyssen (l’acciaieria torinese dove morirono sette operai) e dal caso Darwin (il liceo di Rivolì in cui morì Vito Scafidi per il crollo del soffitto), quella della Cassazione «è una sentenza importante, storica per i civilisti che cercano di individuare una diversa quantificazione del danno in casi in cui vi è una gravità della condotta particolare, grave». «Il danno punitivo – precisa - dà la possibilità di svincolarsi dalle tabelle ottenendo liquidazioni più libere e superiori. La Cassazione questa volta apre una strada, prima in Italia non si poteva usufruire di questo diritto». «Il danno punitivo – prosegue l’avvocato Arnone - ha l’obiettivo di scoraggiare future condotte esecrabili. Con questa sentenza si riconosce una poli-funzionalità della responsabilità civile, quindi sanzionatoria e deterrente».

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