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Amedeo Modigliani

Beveva, picchiava le sue compagne, era scorbutico con la madre e la zia che l’adoravano, si distrusse. Ma Amedeo Modigliani fu sopratutto un artista straordinario

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Amedeo Modigliani e Pablo Picasso Amedeo Modigliani e Pablo Picasso

«Un carattere complesso. Un porco e una perla»: sintesi icastica e solo all’apparenza poco generosa, quella della scrittrice, giornalista e suffragista Beatrice Hastings, compagna di Amedeo Modigliani tra il 1914 e il 1916 e artefice della sua decisa “conversione” alla pittura. Ma straordinariamente efficace. «Hashish e brandy», proseguiva lei, offrendoci anche un ritratto poco lusinghiero del bellissimo artista livornese: «Un aspetto ripugnante, selvatico, avido». Ma ne conosceva anche tutte le virtù. E quei modi, da gentiluomo italiano che non avevano in molti nell’ambiente bohemién parigino di inizio Novecento: «Si tolse il berretto con un movimento aggraziato, arrossì e mi pregò di andare con lui a vedere i suoi lavori». Ovviamente Beatrice ci andò.

Modigliani in posa nel suo atelier parigino, fotografato nel 1915 da Paul Guillaume Modigliani in posa nel suo atelier parigino, fotografato nel 1915 da Paul Guillaume

Beatrice & Amedeo: la coppia alcolica

Neanche la Hastings era una carattere facile. Nemmeno il suo nome era vero (si chiamava Emily Alice Haigh ed ebbe una marea di pseudonimi). Nella vita aveva fatto di tutto, aveva viaggiato, aveva firmato i suoi articoli con nomi maschili perché li pubblicassero. Beveva anche lei, whisky: così, nelle gare con Modigliani, che preferiva il vino, vinceva lei. Quando si incontrarono, a Parigi, lei aveva già 35 anni e lui 30. Andarono a vivere insieme: lei lo manteneva, lui non vendeva niente, era arrivato a mendicare. Se le diedero di santa ragione. Lui la sbatté pure contro una finestra (chiusa). Da ubriaco diventava violento. Però accolse i consigli di lei e si concentrò sulle tele.

La scrittrice e giornalista Beatrice Hastings in un ritratto di Modigliani La scrittrice e giornalista Beatrice Hastings in un ritratto di Modigliani

Una Parigi affollata di talenti

Modì sarebbe morto a 36 anni. Beatrice si sarebbe suicidata a 64. Si sarebbe suicidata anche la più celebre compagna del pittore: Jeanne. Si buttò dalle scale incinta all’ottavo mese del secondo figlio di Amedeo, dopo la sua morte. Eppure aveva preso tante botte. Davvero tante. Fa sempre sorridere sentir dire che la violenza sulle donne è il prodotto moderno della loro “ribellione”. Ma la violenza, incredibilmente, era anche nelle relazioni tra artisti. E che artisti: in quel periodo, cioè subito prima e durante la Prima guerra mondiale a Parigi si concentrò il fior fiore dell’arte di quel periodo: Picasso, Chagall, Van Dongen, Duchamp, Braque, Utrillo, Léger, Derain, Severini.

Il genio maledetto

Modigliani, in quel gruppo, spiccava. Per l’eleganza e la bellezza, certo. Picasso con tutta la buona volontà, non sarebbe mai apparso come una sorta di angelo maledetto. Amedeo portava sempre un libro in tasca, I canti di Maldoror, di Lautrémont: “Tu sais que je ne t’aime pas, et qu’au contraire je te hais: pourquoi insistes-tu?” Sai che non ti amo e al contrario ti odio: perché allora insisti ancora?... Insomma tutt’altro che un tipo facile.

Amedeo in braccio alla tata Amedeo in braccio alla tata

Un parto cinematografico

Eppure, alle spalle, aveva una magnifica famiglia. Sua madre, Eugenia Garsin, nata a Marsiglia nel 1855, aveva all’inizio rifiutato (aveva 15 anni) il matrimonio combinato con Flaminio Modigliani, un commerciante di carbone, zinco e legname,oltre che possidente terriero in Sardegna. Lei apparteneva a una colta famiglia sefardita. Alla fine cedette, forse per ragioni economiche. Solo che il marito fallì, nel 1884. E lei restò sola: vivevano di fatto già separati, benché proprio in quell’anno nacque Amedeo, dopo altri tre bambini (che sarebbero diventati personaggi di spessore politico e culturale). Gli ufficiali giudiziari arrivarono, il 12 luglio, mentre Eugenia aveva le doglie. E poiché era prassi non sequestrare ciò che era sul letto di una partoriente, sulle sue coperte era stato ammassato di tutto: Amedeo nacque, si narra, sotto un cumulo di masserizie.

La scuola di mamma Eugenia

Eugenia se la cavò egregiamente: aprì una scuola nella casa in cui abitavano e che oggi, a Livorno, in via Roma 38, è un piccolo museo privato. Fece traduzioni, scrisse critiche e articoli (quasi sempre come ghost writer, tanto gli articoli delle donne non li voleva nessuno). Amedeo crebbe circondato di lettere e affetto, benché trascorse una parte della giovinezza in collegio. Soprattutto la madre lo considerò da subito un genio e ne incoraggiò il talento. La zia Laura, intanto, lo introduceva alla filosofia e alle scienze sociali. Il problema è che era malato, ai polmoni. Nel 1900 già manifestò i sintomi della tubercolosi.

Jeanne Hébuterne, pittrice e ultima compagna di Modigliani Jeanne Hébuterne, pittrice e ultima compagna di Modigliani

La fame e il freddo a Parigi

Nell’inverno del 1901 Amedeo, Dedo come lo chiamavano in famiglia, ed Eugenia partirono insieme per un tour in Italia. Un modo per accelerare la sua convalescenza e per fargli conoscere l’arte: Napoli, Capri, Amalfi, Roma, Firenze e Venezia, le tappe. Visitarono musei, gallerie e chiese. Modì si sarebbe portato a Parigi un grande bagaglio: d’arte. E di letteratura: gli amici parigini avrebbero poi ricordato come amasse recitare a memoria interi canti di Dante Alighieri. A fine 1905 Amedeo si trasferì a Parigi. In totale miseria, come abbiamo visto. Ma non c’era modo di fargli cambiare idea. La zia Laura lo andò a trovare. Poi, nell’estate del 1909 Dedo tornò a casa, «stanco, lacero e mal nutrito». E soprattutto rabbioso.

I figli non riconosciuti

L’anno più terribile, per lui, per il freddo e la fame, fu il 1912. Si ammalò di nuovo: gli amici lo supplicarono di tornare in Italia dalla madre. Il 15 aprile 1913 rientrò a Livorno in pessime condizioni. Non riusciva a scolpire. In compenso, proprio per quella pessima condizione fisica fu riformato e non dovette partire per la guerra. Questo non gli impedì di accendere amori e fare figli. Però si rifiutò di riconoscere Serge Gérard, avuto da Simone Thiroux nel maggio 1917. Anche Jeanne, la figlia avuta il 29 novembre 1918 da Jeanne Hébuterne, fu registrata come di padre sconosciuto (sarebbe stata cresciuta dalla sorella di Amedeo, Margherita Olimpia). Soltanto l’anno dopo, il 7 luglio, Dedo, si impegnò per iscritto a sposare la sua compagna. Non fece in tempo: morì di meningite tubercolare all’Hôpital de la Charité il 24 gennaio 1920.

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