Milano, 4 novembre 2016 - 19:24

Foodora: «Quattro euro a consegna, contributi e assicurazione infortuni:
vi spieghiamo perché paghiamo così»

«Il nostro modello di business si basa su centesimi di euro. Ogni consegna ci costa almeno 5 euro. 2.90 euro li paga il cliente, il resto lo mettiamo noi. In un anno abbiamo contrattualizzato 700 persone a co.co.co.»

Da sinistra Matteo Lentini e Gianluca Cocco, i due country manager di Foodora Italia Da sinistra Matteo Lentini e Gianluca Cocco, i due country manager di Foodora Italia
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«Quattro euro lordi a consegna, quindi 3.60 netti in tasca al fattorino. I contributi alla gestione separata Inps a carico nostro, perché tutti hanno un regolare contratto di collaborazione coordinata e continuativa come prevede la legge per le prestazioni di questo tipo. La copertura Inail contro eventuali infortuni. E la copertura assicurativa in caso di danni contro terzi». Questo è l’ultimo contratto applicato da Foodora Italia a tutti i nuovi collaboratori/rider che portano il cibo dei ristoranti di tendenza di Milano e Torino nelle nostre case al massimo entro 35/40 minuti. Matteo Lentini, 28 anni, ex capo delle Operation di una startup analoga in Russia, bocconiano e Gianluca Cocco, ingegnere laureatosi a Politecnico di Milano, un’esperienza nella consulenza in Roland Berger e altri tre anni in Amazon come “cucitore” dei rapporti con le case editrici, sono i due country manager di Foodora Italia.

Per la prima volta parlano con la stampa dopo la protesta dei rider a Torino, che ha complicato per qualche giorno le consegne a domicilio. «L’agitazione è nata — spiegano i due — perché i rider che collaborano con noi da più tempo e ai quali non viene applicato il nuovo regime hanno protestato per il cambiamento nella politica dei compensi: da 5.60 euro all’ora ai 4 euro lordi a consegna. Una scelta che consente di tenere in piedi il nostro business». Il modello di Foodora è molto semplice, ma per forza di cose deve essere iper-flessibile per poter sopravvivere. La startup del cibo a domicilio ha contrattualizzato 700 fattorini (450 a Milano e 250 a Torino) a co.co.co. Si basa su una rete capillare di ristoranti di tendenza tra Milano e Torino. In tutte le zone centrali della città. Selezionate dai “commerciali” di Foodora (una ventina di persone tra Milano e Torino) che rispecchiano una serie di variabili: dal cibo etnico ai tempi di fattura delle pietanze che raramente possono superare la mezz’ora. Tutti i ristoratori firmano un contratto commerciale basato su una commissione fissa corrisposta a Foodora soltanto in caso di ordine da parte del cliente. Il costo di consegna per una parte è pagato dal cliente e la spesa è esplicitamente segnalata nello scontrino (2,90 euro), la parte restante è versata da Foodora.

Secondo Cocco e Lentini il costo-azienda di ogni fattorino per Foodora è di 5 euro a consegna. Il netto a pagare per il fattorino, il quale firmato un contratto di collaborazione ma può liberamente decidere quanto lavorare e come (tanto viene pagato a cottimo), più i contributi previdenziali, le trattenute Irpef e la copertura Inail contro gli infortuni. Non c’è un rapporto di esclusività, anzi il rider che impiega la sua bicicletta (pre-condizione del contratto) e la sua sim telefonica (ma raramente deve telefonare al cliente, perché la gestione del rapporto in caso di ritardi nella consegna è gestita dal call center interno a Foodora e basato a Milano) può anche lavorare per un altro operatore della logistica, come Dhl o Poste, ma non per un concorrente come Uber Eats, Just Eat o Deliveroo. «Chi lavora di più guadagna di più», dicono all’unisono. È possibile - assicurano i due manager - anche fare cinque consegne all’ora nella fascia di punta, che è tradizionalmente la cena. Qualche volta capita che il cibo arriva in ritardo. In quel caso Foodora dà un buono spesa al cliente per una spesa futura e copre l’esborso del ristorante se la consegna non viene effettuata. Ecco perché i margini sono risicatissimi. Sono spesso centesimi di euro a consegna e non è possibile chiedere di più.

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