Milano, 20 ottobre 2017 - 12:17

Il capo della Cia sulla Corea del Nord: «Se Kim morisse all’improvviso non chiedetemi se è stato un incidente»

I nord coreani, secondo l’intelligence, ormai sono a un passo dalla capacità di colpire gli Stati Uniti con un missile a testate nucleare

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MILANO-PECHINO - La Cia si interessa a Kim Jong-un. E questo non sorprende. Ma il leader nordcoreano dovrebbe preoccuparsi dal ragionamento del Direttore Mike Pompeo che in una conferenza ha appena osservato: se Kim dovesse morire all’improvviso «non chiedetemi un commento, visto la storia della Cia non intendo parlarne, non sarebbe utile».

Il monito di Pompeo

Il capo della Central Intelligence Agency, davanti alla Foundation for Defense of Democracies di Washington stava facendo il punto sulla minaccia nordcoreana. La Cia ha raggiunto la convinzione che Kim è a pochi mesi dall’avere un missile nucleare capace di colpire gli Stati Uniti. Non importa più sapere quale sarebbe il giorno esatto, ha detto il direttore Pompeo: «Sono sul punto di riuscirci, ormai è irrilevante sapere se succederà domani o tra un mese. Il presidente Trump ha concluso che dobbiamo fare uno sforzo perché non abbia quella capacità». Pompeo ha aggiunto l’ormai consueta formula secondo la quale fermare Kim con il negoziato sarebbe auspicabile, ma che non c’è da contarci troppo. «Perdita di tempo» aveva detto Trump su Twitter quando il segretario di Stato Rex Tillerson aveva rivelato di aver aperto «tre canali di colloquio con Pyongyang».

Separare il regime dalle armi

A luglio Mike Pompeo aveva detto che «bisogna separare il regime dalle sue armi di distruzione di massa»: un giro di parole per ventilare un’operazione di decapitazione, l’assassinio di Kim Jong-un. Così ieri il corrispondente del "Financial Times" in sala gli ha chiesto che cosa succederebbe in Nord Corea se il Maresciallo dovesse morire. Risposta di Pompeo: «Riguardo a questo... se Kim Jong-un dovesse scomparire, vista la storia della Cia, non ne voglio parlare. Un incidente... qualcuno potrebbe pensare a una coincidenza». In sala diversi funzionari della sicurezza nazionale americana hanno riso forte. C’è da credere che a Pyongyang, leggendo la notizia non si siano divertiti, perché in passato, da Cuba al Cile, gli agenti della Cia hanno provato a eliminare avversari politici altolocati. E a maggio Pyongyang ha accusato Cia e colleghi sudcoreani di aver tramato per far assassinare Kim da un traditore con una sostanza chimica: accusa mai provata.  

«Kim non è pazzo, ha un piano chiaro»

La Cia sta parlando molto in pubblico di Kim in questi giorni, probabilmente per lanciare messaggi e moniti. «C’è una chiarezza di scopo nelle azioni di Kim Jong-un, ha detto Yong Suk Lee, vicedirettore del Korea Missione Center della Cia, discutendo alla George Washington University. «Non si sveglierà un mattino con l’impulso di bombardare Los Angeles, non è probabile. «Kim vuole governare per un lungo tempo e vuole morire pacificamente nel suo letto». Sempre che Mike Pompeo e Donald Trump glielo permettano.

Segnali militari

Altri segnali emergono dal dispositivo militare statunitense. Pochi giorni fa il sommergibile Michigan è apparso nel porto sud coreano di Pusan, ben visibili sul ponte i due «dry deck shelter» (piccoli hangar) per i mezzi speciali usati dai Navy Seals. Come è noto, in una mossa di guerra psicologica, il Pentagono ha sostenuto che nuclei di commandos sono stati trasferiti nella penisola in vista di possibili operazioni. Tra queste c’è, appunto, l’eliminazione di alti dirigenti del Nord o la distruzione di siti strategici. Si è anche parlato di missioni che dovrebbero portare alla distruzione dei pochi lanciatori di missili in possesso del regime: attività, avvisano gli esperti, che comporta rischi notevoli e – come hanno rivelato le esperienze nella guerra contro Saddam – non sempre ha dato risultati positivi. Altrettanto interessanti sono le esercitazioni da parte dell’Us Air Force. Alcuni analisti hanno rilevato un’attività intensa di aero-rifornitori e di velivoli d’attacco. Forse sono normale routine, ma visti i tempi suggeriscono altro. Il segretario alla Difesa Mattis ha più volte ribadito l’importanza del negoziato, scenario che tuttavia non chiude le porte all’opzione bellica.

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