A Way Out: provato il nuovo gioco degli autori di Brothers A Tale of Two Sons Provato

Dagli autori di Brothers A Tale of Two Sons arriva A Way Out, un nuovo gioco d'azione incentrato sulla co-op. Lo abbiamo provato.

A Way Out
Anteprima: Multi
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Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • La conferenza di Electronic Arts non entrerà certo negli annali della fiera losangelina per la ferocia del suo ritmo battente, o per le qualità da showrunner degli ospiti chiamati sul palco della venue hollywoodiana di EA Play, eppure l'appuntamento inaugurale di questo E3 2017 non è stato certo primo di annunci interessanti. E considerando quanto successo nel 2016 con Unravel, non stupisce più di tanto che uno delle più belle sorprese della conferenza sia arrivata da EA Originals, il programma lanciato lo scorso anno da Electronic Arts per promuovere il lavoro di studi indipendenti particolarmente talentuosi.
    L'arrivo di Josef Fares sul palco di EA Play ha innanzitutto il merito di segnare una rottura netta con il grigiore roboticamente "corporative" di chi l'ha preceduto. Il creative director di Hazelight porta con sé un carico di entusiasmo trascinante, contagioso, figlio di un amore profondo per il media videoludico e per il suo nuovo progetto, A Way Out. Il breve filmato evoca suggestioni al sapor di celluloide, alimentate dal taglio fortemente cinematografico di un trailer che riporta immediatamente alla mente le atmosfere di escape movies come l'indimenticabile "Fratello, dove sei?" dei Coen. E proprio come molti dei film dei Coen, quella di A Way Out è una storia fatta di personaggi, che trova la propria dimensione più coinvolgente nei rapporti, complessi, che legano i protagonisti.

    Rapporti che, in A Way Out, sono lo specchio un concept di gameplay per molti versi radicale, pericoloso, che impone tassativamente ai giocatori di affrontare l'avventura assieme a un compagno in carne ed ossa, in locale oppure online. In questo senso, A Way Out si pone come una sorta di erede spirituale del precedente gioco di Fares, Brothers: A Tale of Two Sons; anzi ne rappresenta un'evoluzione, il frutto di una maturazione stilistica interamente votata all'innovazione. Se il trailer ci aveva lasciato con la sensazione che il titolo di Hazelight sarebbe stato un action adventure con un forte focus sulla narrazione, il test a porte chiuse nelle sale della venue di EA Play ci ha visti alle prese con un'avventura molto più vicina, almeno concettualmente, al canone dei migliori Quantic Dream, e in particolar modo a quello di Fahrenheit. La sezione testata, collocata a due-tre ore dall'inizio della storia, era ambientata in una stazione di servizio come tante, l'obiettivo designato dal duo per una rapina improvvisata. Subito una scelta: chi tra Leo e Vincent porterà con sé l'unica pistola in dotazione al duo?
    Già qui il titolo di Hazelight mette bene in chiaro uno dei punti focali della visione creativa di Fares. Il concept di A Way Out vuole che i due giocatori parlino tra loro, si confrontino, e quindi decidano di comune accordo la strada da seguire. L'unico modo per andare avanti è selezionare la medesima opzione e poi premere il tasto quadrato, insieme.

    Una semplice azione che rappresenta un motivo ricorrente nel quadro ludico del titolo: ogni situazione esige che, in qualche modo, i protagonisti concertino assieme la strategia da seguire, che si aiutino a vicenda, si sostengano ad ogni passo. Scelto l'uomo d'arme per il colpo, lo schermo si divide verticalmente in due sezioni, offrendo a ciascun giocatore la possibilità di interagire a piacere con personaggi e - in misura estremamente ridotta - con l'ambientazione. Un'impostazione che caratterizza gran parte dell'esperienza cooperativa, almeno nei momenti in cui i due personaggi non si trovano nelle immediate vicinanze. L'obiettivo è chiaro, univoco, inalienabile: bisogna portare a casa il malloppo. Eppure l'esito di questo tentativo di rapina sembra completamente subordinato alla capacità di Leo e Vincent di collaborare, e a quella dei giocatori di interagire in maniera costruttiva, maturando una complicità che è a tutti gli effetti speculare rispetto a quella dei due protagonisti. Un aspetto metaludico che rende le dinamiche del titolo tanto intriganti quanto rischiose.
    La possibilità di impasse esiste, sebbene ogni passo della storia di A Way Out, stando alle parole dello sviluppatore, si muova con l'unico obiettivo di spingere gli utenti a stringere una connessione empatica con i personaggi, finendo col trasformare il legame sceneggiato da Fares in un rapporto reale, tra due persone in carne ed ossa. Una dinamica potente, che richiama un coinvolgimento fatto dello stesso amore che il game director mostra di provare per il proprio progetto, nato da una passione evidente e fortissima. "Questo è il titolo che ho sempre desiderato di giocare - spiega Josef Fares - l'ho creato con l'intenzione di offrire agli utenti un'esperienza unica, come non ne esistono sul mercato".
    E in effetti, pad alla mano, il titolo di Hazelight trasuda un potenziale innovativo chiaramente percepibile, che non teme di sfidare le velleità di un mercato sempre più uniformante con una formula coop che sa quasi di estremismo ludico. Durante la prova, abbiamo chiesto al nostro compagno disarmato di distrarre un personaggio vicino al telefono della stazione di servizio, onde evitare fastidiose ingerenze con il nostro intento del momento.
    Una volta allontanato il cliente, tramite un sistema di dialogoazione piuttosto basilare (abbiamo visto al massimo un paio di opzioni per ciascuna interazione), abbiamo estratto l'arma e costretto i presenti ad alzare le mani, chiedendo al nostro collega di raggiungere la cassaforte sul retro del locale.
    L'attacco imprevisto di un dipendente particolarmente solerte ci ha permesso di osservare la qualità registica del lavoro di Hazelight, che propone una forma particolare di gameplay asimmetrico in cui un utente può trovarsi ad assistere a una cutscene mentre l'altro è impegnato in sequenze giocate di tutt'altra natura.
    Oppure, come nel caso dell'assalto in questione, un giocatore può decidere di intervenire in una cutscene in soccorso dell'altro, magari liberandolo dall'abbraccio molesto di un "aspirante eroe" un bel colpo assestato col calcio della pistola. Una circostanza, quest'ultima, che ci ha però permesso di intravedere i limiti di una formula di gameplay sì interattiva, ma dotata di un spessore ludico all'apparenza piuttosto limitato.

    Da quello che abbiamo potuto vedere, la gran parte delle azioni contestuali implica la pressione di un singolo tasto, fatta eccezione per le dinamiche di shooting (la classica combo L2R2), anche in questo caso estremamente basilari.Durante la rapina non abbiamo mai realmente avuto la possibilità di sparare ad alcuno dei presenti perché, come sottolineato da Fares, Leo e Vincent non sono assassini a sangue freddo, criminali senza scrupoli. Sparando un paio di colpi in aria, abbiamo però convinto la cassiera a rivelarci la combinazione della cassaforte, che abbiamo poi prontamente comunicato al nostro compagno che, dopo aver arraffato l'arraffabile, ci ha seguito in una precipitosa fuga verso l'auto, proprio mentre nell'aria cominciavano a risuonare, minacciose, le sirene della polizia.
    In linea con la natura per molti versi filmica della produzione, le scelte operate dai giocatori sembrano avere, allo stato dei fatti, un impatto piuttosto limitato sul dipanarsi delle contingenze che ritmano un intreccio tanto interessante quanto, come ha confermato lo stesso creative director, assolutamente inalterabile, almeno nel suo quadro generale. Tutte le "scene" del gioco, ambientate in location fortemente istanziate e dalle dimensioni mai troppo generose, possono essere alterate dalle azioni corali dei giocatori, ma i rispettivi esiti risultano sostanzialmente marmorei. Eppure è impossibile non rimanere affascinati dalla caparbietà con la quale Hazelight ha fatto il possibile per rendere più che ardua la collocazione di A Way Out in uno specifico genere.

    Terminata la breve demo, Josef Fares ci ha mostrato il video di una sezione di gioco ambientata a qualche ora da quella testata, nella quale il titolo del team svedese assume transitoriamente i tratti di un side scroller pseudo-bidimensionale, che cede lo split screen in favore di un'alternanza dinamica tra sezioni in carico a ciascuno dei due giocatori. Il tutto a pochi istanti da una scena particolarmente toccante, con protagonista un padre in fuga, il primogenito appena nato tra le braccia, e il miglior amico rispettosamente distante, pronto a sostenerlo sempre e comunque. Non siamo in grado di dire come questa formula, al contempo mutevole e pericolosamente semplice, sarà in grado dal punto di vista ludico di mantenere la propria presa per l'intera durata dell'avventura (che dovrebbe durare cinque ore circa), ma la prova ci ha lasciati strettamente avvinti tra le maglie di un titolo che già mostra più punti d'interesse che debolezze conclamate. Eppure, è bene sottolineare che la notevole semplificazione di alcune meccaniche lancia lunghe ombre su certe fasi ancora da testate, come quelle di guida o quelle relative alle sezioni "stealth".
    Il tutto anche al netto di un comparto tecnico - mosso dall'onnipresente Unreal Engine 4 - che non fa certo gridare al miracolo, caratterizzato da fenomeni di aliasing piuttosto marcati e una gestione dell'illuminazione piuttosto grossolana. Quella provata durante l'EA Play era però una build ancora piuttosto acerba e non siamo quindi in grado di sbilanciarci più di tanto sul valore estetico di un gioco indipendente che, comunque, non vediamo l'ora di poter provare più approfonditamente.

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