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Cipro, 41 anni fa l’intervento (invasione) dell’esercito turco: cosa è cambiato?

Makarios-statua-cipro

Una sola parola, a volte, la dice più lunga di un trattato; ‘invasione‘ e ‘intervento‘, per esempio, stamattina sono le parole più usate dalla stampa cipriota. Oggi sono 41 anni esatti dall’invasione (o intervento) dell’esercito turco, seguito al golpe manovrato dal regime dei Colonnelli greci e 41 anni che quell’intervento (o invasione) scrive la storia di Cipro, indipendentemente da quale versante dell’isola si voglia leggere.

Se il Cyprus Mail, il più importante quotidiano in inglese della repubblica greca, parla severamente di “aggressione illegale”, il Kibris Postasi, portale del versante turco, riporta invece il discorso del neopresidente della repubblica turco-cipriota Mustafa Akinci, che ha detto: “L’operazione di pace (cosi la pubblicistica turca definisce le operazioni militari dell’estate del ’74) è stata inevitabile per fermare il colpo di Stato”.

Due narrazioni radicalmente opposte e due mezze verità: se da un lato l’invasione da parte degli Stati garanti, Turchia e Grecia, qualora una delle due comunità avesse cercato di sopraffare l’altra, era effettivamente prevista da un trattato, dall’altra la permanenza sine die degli eserciti era invece categoricamente esclusa. Quello di Cipro, oggi, è probabilmente il territorio più militarizzato al mondo: 4 eserciti (cipriota ufficiale, turco-cipriota, turco e britannico) su una superficie delle dimensioni del Molise (addirittura 5 se volessimo includere i caschi blu dell’Onu).

Certo questo 41esimo anniversario si svolge con i migliori auspici: Mustafa Akinci è un moderato pro-unione, un leader che si sta impegnando, insieme ad Anastasiades, presidente della parte greca, più di chiunque altro prima d’oggi per trovare una soluzione alla più lunga disputa europea del dopoguerra. In ambiente Onu, chiamano la questione cipriota “cimitero dei diplomatici” perché fino ad oggi, nessuno è riuscito a venirne a capo: Kofi Annan prese talmente a cuore la vicenda da proporre una “road map” in concomitanza con l’adesione dell’isola all’Ue. Nulla da fare; tradizionalmente sono i turchi a giocare la trattativa del “bazar” (propongo, ottengo e faccio saltare il tavolo un attimo prima della chiusura per poi riaprire, in seguito, ma al rialzo) ma quella volta i greci dissero no.

La partita tra l’altro non è a due, vale la pena ricordarlo: Akrotiri e Dhekelia, due spicchi costieri incastonati nel complesso risiko cipriota, tra frontiere di fatto e linee verdi tracciate dall’Onu, sono basi militari inglesi. Stanno lì dal ’64, quando l’ex potenza coloniale concesse l’indipendenza (senza sognarsi, però, di abbandonare un avamposto cosi strategico) ed hanno assistito, senza battere ciglio, alle violenze scoppiate tra le due comunità nel decennio che ha portato all’invasione (intervento) dell’esercito turco del ’74. E al consolidamento dello status quo. Se vogliamo, tanto per complicare un altro po’ la situazione, c’è da convincere anche la Turchia, la madrepatria per capirci, a ritirare i 40mila soldati dispiegati sull’isola; la parte greca, quella “ufficiale”, vincola una soluzione, in primis, al ritiro dell’esercito turco; l’esercito turco vincola il suo ritiro ad una soluzione tra la sua minoranza e i greci; i caschi blu dell’Onu sono lì da 51 anni, a tenere le due comunità separate; in attesa non si sa bene di cosa. L’Inghilterra dà un colpo al cerchio ed uno alla botte, divisa tra la repubblica di Cipro (quella del sud, quella ufficiale) partner europeo, e la repubblica turco-cipriota (quella del nord, quella di fatto) protettorato della Turchia, partner Nat0.

Si capisce, quindi, che il clima “da distensione cubana” che si respira di recente nell’isola obbliga comunque a giocare la partita a scacchi che dura da 41 anni; una partita che lascia ben indifferenti le due generazioni di ciprioti, che siano turchi, greci o figli di immigrati, nati all’indomani della disputa. Per loro il filo spinato arrugginito, il reticolo di frontiera i fuoristrada del personale Onu e la propaganda di entrambe le parti, sono un dato di fatto; sono lì da sempre, come le orde di turisti inglesi che in questo giorno della memoria prendono d’assalto le splendide spiagge di Aya Napa.