Braccio di ferro sui Pili con l'Avvocatura di Stato

Braccio di ferro sui Pili con l'Avvocatura di Stato
CARTE SEGRETEMESTRE In discussione ci sono almeno 35 milioni di euro. E un'area sulla quale a oggi pare veramente problematico costruire. Chiunque voglia piantare un chiodo nella...

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CARTE SEGRETE
MESTRE In discussione ci sono almeno 35 milioni di euro. E un'area sulla quale a oggi pare veramente problematico costruire. Chiunque voglia piantare un chiodo nella zona dei Pili, infatti, dovrà fare i conti con l'Avvocatura dello Stato da una parte e con gli alti costi del disinquinamento dall'altra. E dovrà mettere mano al libretto degli assegni. Ecco le carte finora tenute segrete - che raccontano la storia di quei 42 ettari strategici all'inizio del ponte della Libertà. Ce n'è pure una, di carta segreta, che ha il sapore dello scherzo visto che nel 2009 il Magistrato alle acque avvertiva il Ministero dell'Ambiente che «nella descrizione dei lavori effettuati, impropriamente è stato segnalato di aver eseguito la bonifica della porzione di golfo lagunare in prossimità dell'argine, mentre in quell'area è stato realizzato solo il dragaggio dello strato superficiale dei sedimenti lagunari sommersi». Come dire che un barbiere invece di fare shampo, taglio e messa in piega, si limita a dare una bella pettinata ai capelli. Come ha fatto il Magistrato alle acque a prendere una topica del genere? Dal 2008 al 2011 al vertice c'era Patrizio Cuccioletta, il presidente che ha patteggiato 2 anni nell'ambito dello scandalo del Mose. Un procedimento giudiziario che riguarda anche i lavori di marginamento dei canali industriali di Porto Marghera.

IL BRACCIO DI FERRO
Ma partiamo dall'inizio. Anzi, dalla fine. Per dire che l'Avvocatura dello stato più e più volte ha scritto al presidente del Magistrato alle acque avvertendo che lo Stato «ha l'onere di recuperare quanto speso per gli interventi di marginamento dei canali industriali non solo nei confronti dei soggetti che siano risultati responsabili del danno cagionato dall'inquinamento, ma anche di quelli che comunque abbiano concluso un accordo transattivo per il risarcimento del danno». Vuol dire in sostanza che il Magistrato alle acque attraverso il Consorzio Venezia Nuova esegue i lavori di bonifica o di messa in sicurezza dell'area di Porto Marghera, ma a pagare devono essere le aziende che hanno inquinato o che conmunque hanno avviato una procedura di transazione con lo Stato. Non basta. «La pretesa risarcitoria è stata avanzata nei confronti del soggetto proprietario, titolare di concessione od altro gravato della custodia dei terreni in questione cui è stata addebitata la responsabilità di non aver impedito, con l'adozione di tempestive misure di sicurezza la dispersione degli inquinanti contenuti nel terreno a danno delle prospicenti risorse naturali ed ambientali».
Che cosa significa, nel caso specifico dei Pili? Che il proprietario dei terreni e cioè la società Porta di Venezia non è solo chiamata a pagare in tutto o in parte i lavori di marginamento delle sponde, ma deve rispondere anche dell'inquinamento in atto visto che tutto il terreno è avvelenato dai fosfogessi che, tra parentesi, sono radioattivi. Tra una cosa e l'altra parliamo alla fine di 35 milioni di euro che Porta di Venezia è chiamata a versare in tutto o in parte nelle casse dello Stato per risarcire i cittadini contribuenti che hanno messo mano al portafogli per evitare che i fosfogessi radioattivi presenti ai Pili finiscano in acqua.
42 ETTARI RADIOATTIVI
E adesso possiamo partire dall'inizio per raccontare tutta la storia dei Pili. Si parte dal 2002 quando l'allora presidente del Magistrato alle acque, Maria Giovanna Piva, riceve una lettera del Ministero dell'ambiente con la quale si autorizza il Magistrato attraverso il Consorzio Venezia Nuova ad eseguire lavori di emergenza per la messa in sicurezza dell'area. Che cosa si decide di fare? I 42 ettari che nel 2005 diventeranno di proprietà dell'attuale sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, sono talmente inquinanti e talmente pericolosi per la salute pubblica che vengono chiusi. Transennati e sbarrato l'accesso. Tutto chiuso. Arriviamo al 2006. Il 27 gennaio 2006 il Ministero dell'Ambiente scrive a Umana Spa (c.a. Dott. Luigi Brugnaro) per comunicare che «qualsiasi utilizzo dell'area è subordinato alla predispozione e all'attuazione, a spese del soggetto titolare, di un progetto definitivo di bonifica i cui costi sono garantiti da onere reale gravante sulla proprietà medesima. Si ricorda inoltre che gli interventi di bonifica debbono ricomprendere anche i sedimenti presenti sui fondali del canale nel tratto antistante l'area di proprietà che risultano contaminati da sostanze fuoriuscite dal terreno e/o falda sottostante. Tali sedimenti costituiscono infatti una importante fonte di inquinamento delle acque lagunari». Questa lettera è la più importante di tutte perchè offre a Brugnaro anche una soluzione: «si ricorda che il punto 9.3 del MasterPlan, in cui vengono descritte le tipologie degli interventi di messa in sicurezza d'emergenza, offre ai soggetti privati la facoltà di avvalersi del marginamento effettuato dal Magistrato alle acque, a condizione che essi concorrano ai relativi oneri di realizzazione».
UNA VIA D'USCITA

Insomma Brugnaro potrebbe cavarsela versando la metà di quei 32 milioni e mezzo di euro che il Magistrato alle acque sta spendendo per mettere in sicurezza l'area dei Pili acquistata dall'attuale sindaco per 5 milioni e 3 mila euro il 25 ottobre 2005. Invece il 26 maggio 2006 Luigi Brugnaro in persona scrive al Magistrato alle acque e al sindaco di Venezia. «Sono venuto oggi a conoscenza, casualmente, che sull'area di recente compravendita...viene depositato materiale di cui non mi è dato conoscere la consistenza e la provenienza». Insomma, il Magistrato alle acque sta facendo, al posto di Brugnaro, interventi di messa in sicurezza ritenuti urgenti e di emergenza per evitare che la Laguna sia avvelenata dai fosfogessi e il futuro sindaco non ne sa nulla. Non sa niente dei lavori di marginamento e messa in sicurezza della zona nonostante la lettera del 27 gennaio di quello stesso anno. Nel frattempo i lavori del Consorzio Venezia Nuova su mandato del Magistrato alle acque vanno avanti e non si capisce perchè dal momento che l'area non è più demaniale, ma privata. Tant'è che nella primavera del 2009 l'Avvocatura dello Stato scrive al Magistrato alle acque che i lavori vanno sospesi. Come dire: avete fatto il possibile per evitare che i veleni finiscano in acqua: adesso basta. Attenzione che già il 19 novembre 2008 l'Avvocatura aveva avvertito il Magistrato alle acque che «lo Stato non ha più alcun titolo per disporre dell'area medesima...il dovere di custodia si è trasferito al nuovo proprietario su cui conseguentemente grava l'onere di adottare ogni accorgimento e cautela atto ad impedire che, dalle cose affidate alla sua custodia, possa derivare danno a terzi». Dunque è Porta di Venezia che deve occuparsi dell'area e, visto che non lo fa e che non paga, l'Avvocatura invia al Tribunale di Venezia tutti gli atti finalizzati «al recupero dei costi sostenuti dallo Stato per far fronte all'inquinamento provocato dalla dispersione incontrollata degli inquinanti presenti nei suoli». La lettera si conclude con una diffida a Brugnaro ad «adottare nel più breve tempo possibile e comunque entro 30 giorni ogni accorgimento o cautela necessari ad impedire l'ulteriore danneggiamento dei beni erariali, con salvezza del risarcimento del danno ambientale sin qui provocato dalla sua comprovata inerzia anche in relazione alle necessità di stoccaggio e di smaltimento dei rifiuti attualmente presenti sul suolo di sua proprietà».
Maurizio Dianese
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino