Anche i Comuni nel loro piccolo s’innovano

Parte il piano per ridare linfa ai paesini delle aree rurali troppo distanti dai servizi: in campo 600 milioni di euro. Dagli ospedali virtuali di montagna alle reti scolastiche diffuse, dodici programmi destinati a creare sviluppo

Si parte con 12 programmi, con tante iniziative nel campo della sanità (dall’ospedale virtuale di montagna all’ostetrica di comunità), da interventi che consentono il recupero delle terre abbandonate, ad altri che promuovono l’autoproduzione energetica, migliorano la mobilità e rafforzano e razionalizzano le reti scolastiche. Sono i progetti messi in campo dai piccoli comuni per salvarsi, evitare lo spopolamento, assistere meglio i tanti anziani rimasti e al tempo stesso creare nuove occasioni di lavoro per i giovani. È la Strategia Nazionale per le Aree Interne, in sigla «Snai», che finalmente decolla con una sventagliata di iniziative che spaziano dalla Val Maira alle Madonie, passando per il Tigullio, l’Alta Carnia, Marche, Umbria e Abruzzo sino a toccare Campania e Sicilia. In tutto sono 71 le aree pilota individuate dall’Agenzia per la coesione (1.066 comuni), ma l’intenzione è quella di estendere queste esperienze a tutte le aree più in sofferenza del Paese. «Mentre in tutto l’Occidente si ripresenta la contrapposizione sociale e identitaria fra aree rurali e urbane - spiega Fabrizio Barca, che nel 2013 da ministro della Coesione ha dato il via al programma - noi in Italia sperimentiamo una strategia di sviluppo creativa e solidale che lega due parti del Paese».

In Italia sono ben 4.181 i comuni classificati come «aree interne», ovvero zone troppo distanti dai principali centri di offerta dei servizi essenziali (salute, istruzione e mobilità collettiva). In tutto ospitano il 22,3% della popolazione italiana pari a oltre 13,28 milioni di abitanti e occupano quasi il 60% del territorio nazionale. Zone ricche di storia e cultura, ma anche di importanti risorse ambientali (risorse idriche, sistemi agricoli, boschi), territori complessi, per troppo tempo trascurati. Sul tavolo per il loro rilancio il governo dal 2015 ha messo 190 milioni di euro che salgono a 600 grazie ai fondi europei. Ventitré le comunità che hanno messo a punto una strategia di area, 12 quelle già approvate ed in fase di decollo mentre ci si aspetta che tante altre prendano velocità la prossima settimana in occasione del «Forum aree interne 2017» in programma ad Aliano nel Materano, dove tra gli altri saranno presenti il ministro per la Coesione, De Vincenti, 2-300 sindaci ed altrettanti esperti, progettisti e ricercatori provenienti da tutta Italia.

«Quelli che una politica a volte distratta liquida come territori marginali e periferici sono in realtà laboratori preziosi, sui quali attuare nuovi modelli di sviluppo e nei quali la comunità torna ad essere protagonista - spiega Enrico Borghi, consigliere della presidenza del Consiglio per l’attuazione della Snai -. Dentro le Strategia d’area c’è un’idea d’Italia fatta di cambiamento, economia sostenibile e modelli produttivi alternativi. Il messaggio che vogliamo lanciare è che dalle aree interne parte il progetto per rafforzare l’identità e il senso di comunità del Paese».

VALLI MAIRA E GRANA

L’autoproduzione di energia finanzia scuole e trasporti

Il progetto delle Valli Maira e Grana, 18 comuni in tutto con circa 18 mila abitanti sulle Alpi cuneesi parte da lontano, dall’esperienza ormai decennale della Comunità montana nella gestione di tre mini centrali idroelettriche. Spiega Roberto Colombero, sindaco di Canosio: «Il nostro programma prevede da un lato un piano di efficientamento energetico degli edifici pubblici e ad uso pubblico (dalle sale riunioni alle case di riposo) e dell’illuminazione, e dall’altro un nuovo piano di autoproduzione di energia incentrato su mini-microimpianti legati alla rete degli acquedotti. In questo modo dovremmo recuperare 250-300mila euro l’anno che intendiamo vincolare al mantenimento dei servizi innovativi che metteremo in piedi grazie ai fondi dell’ultima Legge di bilancio». In cima alla lista c’è la realizzazione di un nuovo plesso scolastico che servirà a riunire in un unico polo tutte le scuole dell’alta valle, dalla materna alla media, e che verrebbe affiancato da un «convitto alpino» all’interno del quale attivare corsi di formazione su tematiche inerenti la montagna. Nel campo dei trasporti sarà invece allestito una sorta di car pooling per collegare i valloni laterali.

ALTA CARNIA

Il “Condominio forestale” mette a reddito i boschi

«La Carnia è ricca di boschi e foreste. L’estrazione di legname, così come le lavorazioni successive, hanno avuto per secoli una rilevanza centrale nella nostra economia. Tuttavia oggi gran parte della proprietà privata dei boschi è in stato di completo abbandono a causa dello scarso valore economico che i proprietari ne possono ricavare», spiega Samuele Giacometti, fondatore della “12-To-Many” e promotore di reti di impresa. Di qui nasce l’idea del «Condominio forestale», uno dei punti forti della strategia dell’area dell’Alta Carnia, la zona più a nord del Friuli, che punta a creare una vera e propria macrofiliera di settore e a far collaborare i singoli privati mettendo loro a disposizione uno strumento innovativo, che attraverso moderne tecnologie tridimensionali di telerilevamento incentrate sul laser, consente di mappare in dettaglio tutti i boschi. In questo modo se ne può conoscere la consistenza, monitorare la crescita e quindi valutare anno per anno quanto legname ricavarne. «Puntiamo a sviluppare l’economia del bosco - spiega Giacometti - a rafforzare le reti di impresa e a recuperare quel 50% terreni che oggi sono abbandonati e improduttivi».

BASSO SANGRO

L’ostetrica di comunità al servizio delle neo-mamme

«In media gli ospedali più vicini distano tra i 40 e i 60 chilometri dalle nostre zone, che percorsi in macchina si traducono in almeno 40 minuti di viaggio che a volte diventano un’ora e mezza. In quest’area vivono 25mila abitanti e in media ogni anno si registrano 100-150 nascite, praticamente la metà rispetto ai comuni della costa» spiega Pasquale Falasca, medico epidemiologo dell’Asl di Lanciano. Per questo nell’area del Basso Sangro, la porzione più a sud della provincia di Chieti, hanno pensato di introdurre la figura dell’«ostetrica di comunità». «Si tratta di ribaltare l’approccio corrente e cercare di prevenire i problemi - spiega Falasca - cercando di aiutare le coppie che vogliono avere figli». Per il parto occorre fare capo alla rete degli ospedali, ma 9 mesi prima e 3 mesi dopo il parto tutte le donne avranno a disposizione un «telefono amico» che potrà essere contattato per ogni dubbio o problema e che svolgerà anche una funzione attiva verificando ogni mese il rispetto delle prescrizioni, dalle visite ai test, alla partecipazione ai corsi. Nel primo anno di vita del bimbo le mamme avranno anche a disposizione un servizio di consulenza pediatrico.