E il vescovo Renzo revoca l'approvazione dello statuto della Fondazione legata a Natuzza Evolo

Per una serie di «incongruenze», un decreto del Presule impone divieti all'Ente legato alla mistica calabrese morta nel 2009, attorno alla quale è nato un fenomeno popolare

Fa discutere, e ben oltre i confini calabresi, il decreto del vescovo Luigi Renzo che impone divieti alla Fondazione di Paravati legata alla figura di Natuzza Evolo, la mistica calabrese mancata nel 2009 attorno alla quale sono nati cenacoli di preghiera e opere sino a costituire un fenomeno popolare di vasta portata. In quello che appare solo il prologo di un vero e proprio caso, al momento, si devono registrare tout court - insieme a frange di scontento fra i devoti, ma anche appoggio al Presule militese – le sole parole del decreto di monsignor Renzo come da lui firmato: in vista di un aggiornamento ritenuto «necessario» in alcune parti dello statuto, rilevatesi «incongruenze» a riguardo del «ruolo del Vescovo all'interno del Consiglio di amministrazione», ma soprattutto al fine di «regolare e stabilizzare concretamente per il futuro il rapporto collaborativo» tra la «Fondazione Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime» e la «Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea». Vediamo dunque il testo con cui monsignor Renzo ieri ha revocato l'approvazione del precedente statuto della fondazione datato 1999 e risalente ai tempi del vescovo predecessore Domenico Cortese.

Diversi i motivi alla base della drastica decisione e da lui elencati nel decreto stesso, numero di protocollo 46/17, voluto per tutelare l'ecclesialità dell'opera e la spiritualità della mistica calabrese. A cominciare dall'«assoluta indisponibilità manifestata dal CdA in quasi due anni di trattative», fermissimo nella convinzione dell'«intoccabilità dello statuto, nonostante il lavoro senza esito di un'apposita commissione e i pareri «espressi dall'Ufficio Giuridico della Cei, dalla Nunziatura Apostolica in Italia, dalla Segnatura Apostolica, dalla Segreteria di Stato Vaticano», pareri tutti fatti pervenire al presidente del Cda senza «alcun effetto». Per proseguire con il rifiuto «senza giustificati motivi» della nuova bozza statutaria concordata e sottoscritta con il vescovo dal presidente del consiglio di amministrazione, don Pasquale Barone (dimissionario insieme ad altri due sacerdoti membri del Cda, padre Michele Cordiano e don Francesco Sicari), cui si aggiunge il mancato riconoscimento del diritto di parola ai delegati del Vescovo inviati all'assemblea del sodalizio «con la motivazione pretestuosa che essendo la Fondazione di diritto privato non dipendeva dalla giurisdizione vescovile». 

«Tenuto conto poi che durante l'assemblea, e quindi pubblicamente, la quasi totalità dei soci presenti ivi compresa la componente clericale, ha affermato e ritenuto che lo Statuto ed in specie il "testamento spirituale" di Natuzza riportato nell'art. 2 erano "intoccabili" perchè Natuzza è ritenuta "messaggera" diretta della Madonna, che in una apparizione l'avrebbe costituita esecutrice di un mandato divino anche a prescindere dall'autorità ecclesiastica, affermazione in verità mai fatta dall'interessata e per di più in netto contrasto con il suo normale atteggiamento di obbedienza alla Chiesa», si legge poi testualmente nel decreto - pronto a ricordare che nessun riconoscimento di tali asserite apparizioni mai è stato concesso dall'ordinario diocesano, come pure il fatto che la Fondazione essendo un ente approvato con decreto vescovile è sottoposto alla vigilanza dell'ordinario diocesano - ecco il pronunciamento del Presule militese «al fine di arginare lo scandalo che ne sta venendo ai fedeli tutti». 

 

In seguito a questo deciso intervento, alla Fondazione di Paravati titolare di un ramo per le opere socio-assistenziali e di beneficienza («Centro Anziani Mons. Pasquale Colloca») e impegnata in un complesso di opere (denominato «Villa della Gioia» del quale fa parte la chiesa «Cuore Immacolato di Maria rifugio delle anime» costruita grazie a offerte generose giunte da tutto il mondo), viene vietato «organizzare attività» di «religione e culto» dentro e fuori la propria sede. La decisione del vescovo Renzo proibisce, inoltre, alla Fondazione, di “utilizzare per qualsiasi attività di pastorale e culto pubblico la chiesa del Cuore Immacolato di Maria rifugio delle anime non ancora consacrata, di raccogliere offerte in eventuali pubbliche celebrazioni liturgiche che in ogni caso dovranno organizzarsi solo ad opera della parrocchia Santa Maria degli Angeli in Paravati, unica a essere titolata per qualsiasi attività di religione e culto (processioni, Messe e altro), di conservare il SS. Sacramento e di celebrare la Santa Messa nella casa per anziani Mons. Colloca, compresa l’annessa aula polifunzionale revocando ogni facoltà precedentemente concessa».

Monsignor Renzo, sostenuto dal consiglio episcopale e il collegio dei consultori della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, nel suo pronunciamento cita anche l’obbligo di attenersi sub gravi «alle disposizioni emanate da Papa Francesco nel Motu Proprio Maiorem ac dilectionem”, dove è stabilito che sono proibite nelle chiese le celebrazioni o i panegirici sui «servi di Dio», la cui santità di vita è tuttora «soggetta a legittimo esame» - aggiungendosi - «Ma anche fuori della chiesa bisogna astenersi da quegli atti che potrebbero indurre i fedeli a ritenere a torto che l’inchiesta, fatta dal vescovo sulla vita e sulle virtù, sul martirio o sull’offerta della vita del servo di Dio, comporti certezza della futura canonizzazione dello stesso». Un evidente riferimento a Natuzza Evolo. 

Il decreto, già in vigore, verrà inviato, al Ministero dell’Interno per gli adempimenti civili, alla Nunziatura in Italia e alla Segreteria di Stato Vaticano, «già coinvolte nella vicenda» e infine alla segreteria generale della Cei «per la dovuta informazione da fornire ai vescovi delle singole diocesi d’Italia». Nei singoli passaggi, il vescovo Renzo si sta muovendo non a titolo personale, ma, passo dopo passo, con l'avallo e l'approvazione degli organismi ecclesiastici centrali. Nel frattempo anche solo uno sguardo ai social vede contrapposizioni fra chi ritiene oggetto della contesa il patrimonio della Fondazione (che in realtà mantiene la sua personalità giuridica privata e quindi la proprietà dei suoi beni, chiesa compresa), o, piuttosto, un disciplinamento (per usare un termine antico) nella cura e nella gestione della pastorale e del culto, sotto l'esclusiva e canonica giurisdizione dell'ordinario diocesano, cui toccherà anche consacrare la chiesa di proprietà privata, non senza accordi preliminari anche di natura canonica. Anche questo è tema di dibattito in loco e nei social. Si può presumere che la consacrazione si farà non appena verrà approvato il nuovo statuto? E l'opera legata alla mistica calabrese, a prescindere da tutti meriti della Fondazione e della sua genesi, può considerarsi di mera natura privatistica e fuori da qualsiasi alveo canonico o ecclesiale?