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SPECIALE STRAGE DI ERBA – 1. Introduzione

Una serie di servizi delle Iene riaccendono le luci sulla Strage di Erba. Per la quale sono all'ergastolo Olindo e Rosa. Ma il dubbio è lecito: e se in realtà fossero innocenti? Qui, tutti i documenti, gli audio, le immagini e le testimonianze inedite raccolte in un lungo dossier che Edoardo Montolli scrisse per Oggi

Il 3 maggio la Cassazione dirà l’ultima parola su Olindo Romano e Rosa Bazzi, confermando l’ergastolo o annullando le precedenti sentenze. La vicenda è nota. La sera dell’11 dicembre 2006, nella corte di via Diaz, vennero uccisi Raffaella Castagna, suo figlio Youssef, sua madre Paola Galli e la signora che abitava al piano superiore, Valeria Cherubini. Per un caso si è invece salvato il marito della Cherubini, Mario Frigerio, che ha riconosciuto in Olindo il suo aggressore. Il 26 dicembre è stata trovata una macchia di dna misto della Cherubini sulla macchina dei coniugi. Il movente è abnorme: liti condominiali. Ma il 10 gennaio i due hanno confessato. Ritrattando però molti mesi più tardi. Una vicenda che sembra chiusa in partenza. Sembra.

Il processo di Erba è stato il processo mediatico per eccellenza, circostanza piuttosto importante quando si tratta di andare davanti ad una Corte d’Assise, in cui la maggioranza dei giudici è costituita da cittadini comuni, che vedono la tv e leggono i giornali. Ed è ancora più importante se, come vedremo in questo dossier, alcuni dei protagonisti del processo, esperti, giornalisti o parti civili, negano inspiegabilmente e con forza quelli che sono gli atti, smentendone addirittura l’esistenza e indirizzando così l’opinione pubblica. Tanto,come dimostreremo alla fine del dossier, da trasformare vere e proprie leggende in motivazioni di colpevolezza in sentenza. E’ l’ultimo stadio del processo mediatico-giudiziario, un punto di non ritorno.

Noi siamo stati abituati a considerare la colpevolezza dei Romano guardando il filmato di Rosa che piangeva e confessava davanti al criminologo Massimo Picozzi, un consulente del primo difensore degli imputati (poi revocato), incaricato di stabilirne la capacità di intendere e di volere.

Ma non sapevamo, guardando la tv, se le cose che Rosa confessava corrispondessero a ciò che accadde, non sapevamo nemmeno come nacquero. Prima di gettare la scure sulla vicenda, immaginiamo che al posto suo qualcuno avesse filmato, nel lontano 1992, il mitomane Stefano Spilotros, che si attribuì l’orrendo delitto del piccolo Simone Allegretti. Parlando e raccontando a fiumi. Si disse subito che c’erano indizi “numerosi, pesanti e gravi”, e ci volle più di qualche giorno per accorgersi che in realtà il suo racconto era di mera fantasia. Il vero assassino era Luigi Chiatti, ma se noi avessimo visto Spilotros in tv, forse, non conoscendo i dettagli del delitto, ci saremmo convinti che il mostro era lui. E allora, cerchiamo di guardare il caso dimenticando per un attimo il video di Rosa, solo quello. Il video, prima del quale finalmente potrete leggere e ascoltare ciò che accadde all’imputata.

Oggi ha seguito il processo d’appello, pubblicando diversi servizi esclusivi sul caso e un libro, “L’enigma di Erba” che metteva in discussione diverse “granitiche” certezze sulla colpevolezza della coppia, e mettendo in campo, sulla base degli atti, numerosi dubbi.

Diciamo subito che questi dubbi, che hanno scatenato vespai di polemiche, sono stati tutti acclarati dalla Corte d’Appello di Milano, che tuttavia, confermando l’ergastolo, ci ha messo di fronte ad un fatto assolutamente inedito: ci sono cioè oggi due sentenze, una di primo grado e una di secondo grado, che giungono alla stessa conclusione di condanna motivando prove opposte, non diverse. Opposte. Un’anomalia sulla quale non siamo riusciti a trovare precedenti.

A Como, infatti, le confessioni dei Romano erano state considerate “dettagliatissime” e “sovrapponibili”. E quindi erano colpevoli. A Milano i giudici hanno invece dovuto constatare che le confessioni, così come aveva scritto Oggi, erano piene di “versioni non credibili” e di “numerose inesattezze”. L’esatto contrario del primo grado. Ma ne hanno concluso che gli imputati confessarono il falso per lasciarsi aperta una porta alla ritrattazione, che sarebbe addirittura avvenuta mesi più tardi. E quindi erano colpevoli lo stesso.

A Como i giudici scrissero che i coniugi non parlavano mai della strage. E quindi erano colpevoli.

A Milano, dopo che Oggi ha pubblicato numerose intercettazioni considerate “non utili”, i giudici hanno invece dovuto constatare che i Romano parlarono eccome della strage. Ma ne hanno concluso che si trattava di una “strategia”. E quindi erano colpevoli lo stesso.

A Como, un audio mandato in aula in cui si sentiva il superstite Mario Frigerio dire al suo risveglio “è stato Olindo” (frase che nessun perito aveva sentito) chiuse il processo, perché era il segnale che il teste aveva subito riconosciuto il suo aggressore. E i Romano erano colpevoli per via di questo riconoscimento spontaneo.

A Milano, invece, i giudici hanno dovuto constatare che quell’audio, come scritto da Oggi, risultava amplificato con il programma Cool Edit 2000, che poteva aver trasformato “senza alcuna intenzione di falsificare scientemente il risultato auditivo” la frase “è stato uscendo” in “è stato Olindo”. Una bella differenza. Ne consegue che hanno dovuto quindi constatare che Frigerio, come scritto da Oggi, parlò prima di un uomo olivastro e sconosciuto, e dopo riconobbe ufficialmente il notissimo e bianco vicino di casa. Ma scrissero che Frigerio voleva essere semplicemente sicuro delle accuse e che non aveva motivo di mentire. E quindi i Romano erano colpevoli lo stesso.

Qualsiasi elemento sia andato insomma a loro discolpa per le motivazioni della sentenza di condanna di Como, è diventato paradossalmente elemento di condanna in appello.

In questo dossier non staremo ovviamente a riscrivere il processo, a parlare dei tempi della strage mutati in aula rispetto alle prime dichiarazioni testimoniali o alla perizia del Ris che non trovò nulla contro i Romano. Ci limiteremo a raccontare soprattutto alcuni fatti che a processo non sono mai emersi o considerati. Il tutto con l’ausilio di documenti originali. Alcuni di questi fatti la difesa avrebbe voluto discuterli in aula, riaprendo il processo in appello. Altri sono il frutto di autonome scoperte giornalistiche. Troverete dettagli già approfonditi ne “L’enigma di Erba”, e dettagli mai letti, sempre più sconcertanti a mano a mano che il dossier procederà.

Solo una cortesia si chiede al lettore: per non perdersi, è necessario leggere il dossier in ordine cronologico, così come viene presentato. Per seguire lo stesso percorso svolto dall’autore. E valutare infine se i Romano, uno spazzino e sua moglie analfabeta, descritti nello stesso momento sia come assassini diabolici e geniali sia come sciocchi quadrupedi,  siano davvero colpevoli oltre ogni ragionevole dubbio.

Buona lettura

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Edoardo Montolli

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