Il brutto anatroccolo, Oriali, “Lo Zio”, e i ragazzi del 1982 – di Cristiano Marzorati

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Dal 27 settembre al 1° ottobre il Capoluogo lombardo, unico in Europa a vantare due squadre vincitrici della Coppa dei Campioni, sta ospitando la manifestazione “Calcio City”: una rassegna di eventi gratuiti che ha come comune denominatore il pallone in tutte le sue possibili declinazioni, dalle dirette delle partite di Serie A alle prospettive dei bambini che coltivano i loro sogni calcando i campi dei loro oratori.

All’interno di questa bellia iniziativa, poco prima che la nostra Inter espugnasse il “Marassi” Blucerchiato, inanellando la sua sesta vittoria consecutiva, si è svolta la presentazione del libro di Piero Trellini “La partita – Il romanzo di Italia-Brasile” (Mondadori – 2019 – Pagine 607 – Prezzo di copertina € 20,00).

L’occasione si è trasformata in un piacevole viaggio nei ricordi di un Calcio e, forse, di un’Italia, che non ci sono più; complice anche la presenza del giornalista italo-brasiliano Darwin Pastorin, testimone diretto della tripletta del redivivo Paolo Rossi che annichilì non solo una Seleçao tra le più forti mai viste, ma anche un’intera Nazione in attesa di un trionfo annunciato.

Ripercorrendo un’epoca in cui i calciatori concedevano interviste al telefono fisso di casa, scopriamo il lato umano di un C.T. come Enzo Bearzot, burbero solo apparentemente, ma che in realtà sotterra volentieri l’ascia di guerra contro un periodico che l’aveva aspramente criticato per dare la possibilità a un giovane cronista di portare uno scoop al suo Editore.

E che dire delle pipe che univano idealmente la panchina azzurra al Quirinale grazie ai loro accaniti fumatori, il “Vecio” (Bearzot) e il Presidente della Repubblica Italiana: Sandro Pertini? Nulla a che fare con il “buonista” Sergio Mattarella e il suo esasperato (ed esasperante) europeismo… Pertini era stato un Partigiano, non a tutti piaceva, ma sul suo attaccamento all’Italia era incontestabile.

Noi italiani quel pomeriggio abbiamo capito di poterci davvero portare a casa la Coppa del Mondo, mentre dall’altra parte del globo si apriva una ferita profonda e ancora oggi non completamente rimarginata a distanza di 37 anni.

Un gustoso aneddoto racconta di una famiglia brasiliana riunita a tavola all’ora di cena, quando uno dei presenti pronuncia incautamente un nome e un cognome tabù: Paolo Rossi.
Al solo udire quelle parole una commensale getta rabbiosamente il tovagliolo a terra e abbandona la stanza in lacrime.
“Cosa ho fatto? Cosa ho detto? Cosa ho sbagliato?” si domanda l’ignaro colpevole dell’episodio, che vivendo e lavorando in Italia non può immaginare quali angosce riporti alla mente quell’atleta magrolino con il numero venti sulle spalle.
“Devi stare più attento – lo rimprovera bonariamente il capofamiglia – la prossima volta dì «quel giocatore», «il centravanti dell’Italia», ma mai… Mai chiamarlo per nome!”. Addirittura la figlia (anzi il figlio, trattandosi di transessuale MtoF) del centrocampista Toninho Cerezo ha dovuto rivolgersi a Darwin Pastorin per sapere cos’era avvenuto quel fatale 5 luglio 1982.

“Ma come, lo chiedi a me?”, si stupì l’intervistatore di Bearzot, nel frattempo cresciuto anagraficamente e professionalmente fino a diventare inviato di punta di TuttoSport, “Guarda che tuo papà era in campo”.
La risposta fu che, sì, c’era, ma nella sua memoria era intervenuta una sorta di amnesia selettiva tale da non lasciare alcuna traccia di quel giorno.

Leggendo sulla quarta di copertina “probabilmente la più bella partita di tutti i tempi” abbiamo inizialmente pensato a una clamorosa confusione con Italia-Germania 4-3 di dodici anni prima, che quell’appellativo se l’è visto ufficializzato nientemeno che da una targa apposta sulla rampa dello stadio Azteca di Città del Messico; dopo avere ascoltato cosa hanno rappresentato e quali emozioni hanno generato nelle due opposte fazioni quei palpitanti novanta minuti, però, forse il primato andrebbe almeno condiviso.