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Mafia in America

La mafia in America

La mafia italo-americana è denominata La Cosa Nostra. Questo termine fu coniato da Salvatore Maranzano, boss mafioso di Castellamare del Golfo, emigrato negli Stati Uniti dopo la fine della prima guerra mondiale. La mafia in America, nel gergo del tempo, è stata denominata anche Mob.

Cinque sono le famiglie mafiose più importanti d'America: Bonanno, Colombo, Gambino, Genovese e Lucchese. La città in cui hanno sede i loro quartieri generali è New York, ma la loro azione si estende anche in altre città come Chicago, Detroit, Philadelphia e in stati come il New Jersey e il New England. La scoperta dell'esistenza di una apposita "Commissione" mafiosa agente nella città americana fu fatta a New York nel 1985 dal Procuratore federale di Manhattan, Rudolph Giuliani, il quale condusse le sue indagini applicando uno speciale provvedimento denominato Racketeer Influenced Corrupt Organizations, più noto con l'acronimo di RICO.

Secondo gli studi più accreditati la comparsa dei primi germi mafiosi in territorio statunitense è da collegarsi con i flussi migratori che dal meridione d'Italia, e dalla Sicilia in particolare, giunsero negli Stati Uniti, tra la fine dell'800 e i primi anni del '900. Tra la maggioranza delle persone che lasciavano la loro terra per poter trovare un lavoro e per vivere una vita più dignitosa, si infiltrarono anche gli appartenenti alle organizzazioni mafiose italiane. Gli uni e gli altri abitarono inizialmente in quartieri che venivano definiti Little Italy.

Il primo rilevante omicidio di mafia in America avvenne a New Orleans, il 15 ottobre 1890, quando fu assassinato il capitano della polizia David P. Hennessy, il quale, indagando sull'omicidio di un immigrato italiano, aveva scoperto l'esistenza della società criminale segreta denominata mafia. Dell'omicidio si autoaccusò un tale di nome Manuel Polizzi, che fu arrestato insieme ad altre 8 persone. Il 14 marzo 1891, mentre alcuni degli arrestati stavano per essere scarcerati, una folla di seimila persone si diresse verso il carcere e procedette ad un linciaggio di massa, tacitamente permesso dal sindaco della città e dal nuovo capo della polizia. Sei degli arrestati furono impiccati agli alberi.

Un altro omicidio eccellente avvenne il 12 marzo 1909, a Palermo, quando fu assassinato Joe Petrosino, poliziotto newyorchese, che stava svolgendo una indagine sul rilascio di passaporti a importanti boss mafiosi del calibro di Giuseppe Morello (capo della Mano Nera), Ignazio Saietta, Giuseppe Fontana e Vito Cascio Ferro. Quest'ultimo è stato considerato il capo della mafia siciliana sino ai primi anni venti.

Nei primi anni del '900, in America ha operato una organizzazione criminale denominata Mano Nera il cui capo fu, come già detto, Giuseppe Morello, di Corleone. L'organizzazione delinquenziale era specializzata nell'esercizio delle estorsioni in danno dei commercianti, i quali venivano sollecitati a versare una somma periodica mediante una lettera che portava come firma lo stampo annerito di una mano.

Queste prime forme di crimine organizzato furono definite gang. Il leader delle gang italiane che combattevano contro quelle irlandesi ed ebree per il controllo dei quartieri della città di New York è stato senza dubbio Paul Vicarelli. Quest'ultimo fu il primo ad intuire l'importanza di evitare lotte intestine tra le diverse organizzazioni criminali e per questa ragione stabilì una sorta di codice di comportamento tra i vari gruppi criminali. Vicarelli fu colui che iniziò alla carriera criminale molti dei futuri boss di La Cosa Nostra. I nomi più famosi che si sono susseguiti nel corso del tempo sono quelli di Salvatore Maranzano, Johnny Torrio, Al Capone, Lucky Luciano, Albert Anastasia, Vito Genovese, Carlo Gambino, Joe Adonis, Joe Profaci, Frank Costello, Paul Castellano, John Gotti.

Le principali attività svolte dalle famiglie mafiose di La Cosa Nostra sono state le seguenti:

  • il controllo dei porti delle principali città americane;
  • l'infiltrazione nel mercato degli appalti pubblici e del settore edilizio;
  • la gestione della prostituzione e del gioco d'azzardo;
  • il racket.

Tutte azioni svolte ricorrendo alla corruzione di politici, funzionari pubblici, giudici, membri delle forze dell'ordine, insieme all'esercizio della violenza e dell'intimidazione.

Fu certamente tra il 1920 e i primi anni '30 del XX secolo che i boss mafiosi americani - in particolare Al Capone - videro aumentare enormemente la loro ricchezza e il loro potere. È questo il periodo del cosiddetto proibizionismo. Nella legislazione americana venne inserito un apposito provvedimento con il quale venivano vietati la produzione, il trasporto e la vendita di alcolici. I mafiosi intercettarono abilmente la continua e crescente domanda di rum e whisky che giungeva dalla popolazione americana e, per tale ragione, costruirono più di 2.000 distillerie clandestine, organizzarono i trasporti e diedero vita ad un mercato illecito della vendita degli alcolici che fruttò loro, in poco tempo, ricchezze ingentissime. Nel 1932 il provvedimento che diede vita al proibizionismo fu abolito.

Nel 1931, dopo aver fatto uccidere il suo rivale Giuseppe Masseria (15 aprile 1931), ponendo fine alla cosiddetta "guerra castellamarese", il boss Salvatore Maranzano convocò un incontro tra tutti i capi delle diverse famiglie americane. Maranzano comunicò che l'organizzazione mafiosa avrebbe avuto una struttura gerarchica con un unico "capo dei capi": lui stesso. Inoltre, nel corso dell'incontro si stabilì che a New York solo cinque famiglie erano autorizzate ad agire sul territorio. Questi patti durarono soltanto qualche mese. Infatti, il 10 settembre 1931 Maranzano fu ucciso su mandato di Lucky Luciano, il quale aveva costituito una squadra di killer composta da italiani ed ebrei, denominata "Anonima omicidi".

Nel 1934, dopo essere divenuto il numero uno di La Cosa Nostra americana, Lucky Luciano, insieme a Johnny Torrio, Vito Genovese, Frank Costello e Tommy Lucchese, si fece promotore di un patto con i criminali di origine ebrea Mayer Lansky e Bengiamin Siegel, dando vita al cosiddetto "Sindacato criminale", che agiva in diverse città americane, non solo a New York. Le novità, rispetto a quanto proposto dal defunto Maranzano, erano le seguenti: i mafiosi italo-americani collaboravano con i gruppi stranieri, scompariva la figura del cosiddetto capo dei capi e al suo posto veniva creato un apposito organismo, denominato "Commissione", composta da dodici membri, il cui compito era quello di governare gli affari del Sindacato.

Pur non essendoci elementi certi dal punto di vista storico, alcuni studiosi ritengono che Lucky Luciano, nome d'arte di Salvatore Lucania, nato a Lercara Friddi (Pa) nel 1897, condannato dal Procuratore speciale Thomas E. Dewey a 35 anni di carcere per sfruttamento della prostituzione e traffico di droga, sia stato un elemento fondamentale per favorire l'"Operazione Husky", il famoso sbarco alleato in Sicilia, avvenuto nella notte tra il 9 e 10 luglio 1943. I mafiosi, a quanto risulta, favorirono le operazioni militari e, in cambio, alcuni di loro furono nominati sindaci di paesi siciliani. Luciano, dal canto suo, dopo avere intrattenuto rapporti con il servizio segreto della marina americana raggiunse l'Italia nel 1946, ufficialmente espulso dagli Stati Uniti. Prima risiedette nel paese natale di Lercara Friddi, quindi a Roma e alla fine a Napoli, dove si stabilì definitivamente, aprendo un ristorante di lusso e ricevendo 25.000 dollari al mese dalla mafia americana, di cui fu capo assoluto sino al 1962.

Nel 1951 il Senato americano istituì una apposita commissione presieduta dal democratico Estes Kefauver, la quale attestò l'esistenza della mafia.

Il 14 novembre 1957, ad Apalachin, cittadina dello Stato di New York, la polizia fece irruzione nella villa di Joseph Barbera, un facoltoso uomo d'affari, già coinvolto in passato in traffici di alcolici. La polizia scoprì di aver interrotto un summit mafioso che coinvolgeva 58 capi mafia provenienti da diversi stati americani. L'incontro era stato promosso da Vito Genovese, il quale, dopo aver ordinato, insieme a Carlo Gambino, l'omicidio del boss Albert Anastasia - avvenuto a New York il 25 ottobre 1957 - intendeva proporre se stesso e Gambino come nuovi referenti di La Cosa Nostra.

Nel 1963, in America comparve il primo collaboratore di giustizia. Si chiamava Joseph Valachi, appartenente all'organizzazione mafiosa, il quale fornì all'FBI numerose informazioni relative a La Cosa Nostra.

È stato il traffico di droga il collante importante nei rapporti tra Cosa Nostra siciliana e La Cosa Nostra americana, così come i rapporti di parentela esistenti tra i membri delle organizzazioni criminali presenti sulle sponde opposte dell'oceano Atlantico. Il ceppo originario degli uni e degli altri era la terra di Sicilia. Tra i tanti episodi che attestano l'importanza del traffico di droga, due meritano sicuramente di essere rammentati. Il primo risale all'ottobre del 1957, quando su proposta di Lucky Luciano, all'Hotel Des Palmes di Palermo, una delegazione di mafiosi americani si incontrò con i boss di Cosa Nostra al fine di stabilire le strategie del traffico di droga tra Italia e Stati Uniti. L'altro episodio risale al giugno 1979. Nel nastro bagagli dell'aeroporto di Palermo, gli agenti della squadra mobile capeggiata dal Commissario Boris Giuliano trovarono due valigie contenenti 500 mila dollari, mentre qualche giorno dopo all'aeroporto Kennedy di New York, gli agenti della DEA, l'agenzia americana di lotta al narcotraffico, sequestrarono una ingente quantità di eroina che risultava provenire dalla Sicilia. Si accertò che il mezzo milione di dollari era il compenso che i mafiosi americani avevano inviato a quelli siciliani per l'acquisto della droga.

E' stata accertata, anche giudiziariamente, l'esistenza di rapporti tra mafiosi siciliani e americani. Nel 1979 il giudice Giovanni Falcone, in collaborazione con il Procuratore americano Rudolph Giuliani, avviò l'inchiesta giudiziaria denominata Pizza Connection, avente come oggetto di indagine il traffico di stupefacenti tra Italia e Stati Uniti. Il nome dell'inchiesta derivava dal fatto che l'eroina era distribuita tramite le pizzerie appartenenti a famiglie mafiose di New York. La droga, proveniente dal medioriente, veniva raffinata nelle campagne palermitane e veniva trasportata negli States tramite una rete di imprese alimentari create negli Stati Uniti come copertura dai clan di Cosa nostra. I miliardi ricavati da questa attività illecita venivano ripuliti tramite l'utilizzo di banche svizzere. Uno dei principali imputati è stato Gaetano Badalamenti, boss di Cinisi, accusato di essere anche il mandante dell'omicidio di Peppino Impastato.

Le investigazioni avviate dopo i recenti omicidi che nel mese di giugno e luglio 2007 sono avvenuti nella città e nella provincia di Palermo, hanno indotto gli inquirenti a ritenere fondato un ripristino dei rapporti tra mafiosi siciliani e americani. Una prova è il ritorno di alcuni membri della famiglia Inzerillo, fuggiti negli Stati Uniti durante la guerra di mafia dei primi anni ottanta del XX secolo, che vide l'ascesa dei Corleonesi ai vertici di Cosa Nostra. A fare da mediatore tra la mafia americana e Cosa Nostra siciliana, al fine di realizzare affari oltre oceano, sarebbe Frank Calì, un siculo-americano, ufficialmente distributore di cibo italiano negli Stati Uniti.

Un ruolo importante nel riavvicinamento tra "picciotti" americani e siciliani è stato svolto anche da Salvatore Lo Piccolo, considerato il capo di Cosa Nostra dopo l'arresto di Bernardo Provenzano. Verso la fine degli anni novanta, Lo Piccolo ha riattivato i contatti con i cosiddetti "scappati", consapevole della capacità di questi ultimi di gestire il traffico di eroina e cocaina. Lo Piccolo è stato arrestato a Giardinello, località vicina a Carini (Pa) il 5 novembre 2007, insieme al figlio Sandro e ai boss emergenti Andrea Adamo, reggente del quartiere di Brancaccio, e Gaspare Pulizzi, capo delle cosche mafiose di Carini.