Il Futurismo è nato all’inizio del Novecento, in Italia, ed è stato un movimento che ha coinvolto diversi ambiti come la letteratura, l’arte e la musica. È considerato una delle prime avanguardie europee in quanto correnti simili si sono poi sviluppate in altri paesi dell’Europa nonché in Russia, in Asia e negli Stati Uniti. Ciò che i futuristi volevano è esplorare tutte le forme di espressione possibili, dalla scultura alla pittura al teatro fino al cinema e finanche la gastronomia. Colui che è considerato il fautore del movimento è il poeta italiano Filippo Tommaso Marinetti. Vediamo come nasce e si sviluppa quest’avanguardia tutta italiana.

Il Futurismo: nascita di un movimento dinamico

Gli inizi del Novecento sono stati anni in cui tutto il mondo dell’arte e della cultura stava evolvendo verso qualcosa di nuovo, stimolato naturalmente dagli avvenimenti del periodo specifico quali guerre, la trasformazione della società, i cambiamenti politici e le nuove scoperte tecnologiche come il telegrafo senza fili, la radio, le cineprese e gli aerei. Questi furono elementi importanti e decisivi perché indussero a mutare completamente la percezione delle distanze e del tempo dato che si trattava di mezzi realizzati per accorciarle e creare nuove relazioni. Il XX era quindi destinato a essere il secolo della velocità e del dinamismo, per questo i futuristi volevano lasciarsi indietro il passato e concentrarsi sul presente in cui si avvertiva un nuovo futuro dato dalla velocità. I futuristi abbracciarono i progressi tecnologici che stavano cambiando la vita quotidiana e poiché non doveva esserci distinzione tra arte e vita, furono coinvolti in ogni ambito della società e pubblicizzarono le loro idee attraverso i manifesti futuristi che ne esprimevano l’animo ribelle.

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Futurismo

Marinetti e il manifesto del Futurismo

Pubblicato inizialmente su alcuni quotidiani italiani e in via definitiva su Le Figaro il 20 febbraio 1909, il Manifesto Futurista di Marinetti presentò il movimento come una rottura verso ogni forma di passatismo che era nemico a tutte le novità e andava eliminato per guardare al futuro e alle nuove invenzioni; inoltre, gli artisti affermarono di voler combattere contro le accademie e le consuetudini del mondo borghese ancorato a un passato ottocentesco ormai andato, e per questo fecero propri il culto della tecnica, della velocità e del volo, celebrando la guerra come un modo positivo di scatenare energie primordiali e di promuovere le nuove macchine del futuro. Il movimento annunciò le proprie intenzioni sempre attraverso proclami radicali e controversi: Marinetti affermò che si riteneva necessario “distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie” per liberarsi dal passato e per lui la guerra divenne “sola igiene del mondo”. Vantando un’influenza reciproca su altri movimenti di inizio Novecento quali il cubismo, il dadaismo e il surrealismo, il futurismo si avvicinò molto al cubismo al punto che tale avvicinamento segnò il passaggio dal Primo al Secondo Futurismo, che coincise con la morte di Umberto Boccioni e lo spostamento del movimento da Milano a Roma. Verso la fine degli anni ’20, si ebbe un ulteriore avvicinamento questa volta verso il Surrealismo che diede il via al Terzo Futurismo dopo il quale il movimento si dissolverà. Si trattava di tre fasi di continua evoluzione e proliferazione degli ideali futuristi in cui si assistette all’urgenza di autodefinirsi e di propagandare i propri intenti che fecero proprio attraverso i manifesti futuristi come il Manifesto dei pittori futuristi sviluppatosi nel Manifesto tecnico della pittura a opera di Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla e Gino Severini; nel 1912 seguì il Manifesto tecnico della scultura, nel 1914 il Manifesto dell’architettura futurista di Antonio Sant’Elia, nel 1915 il Manifesto del teatro futurista di Marinetti, Emilio Settimelli e Bruno Corra, nel 1916 il Manifesto della cinematografia futurista sempre di Marinetti e Settimelli, Balla, Corra e Arnaldo Ginna, e infine nel 1930 il Manifesto della fotografia futurista ancora di Marinetti e Guglielmo Sansoni, in arte Tato.

Futurismo: arte e stile dell’avanguardia italiana

La prima mostra futurista si tiene a Parigi alla galleria Bernheim-Jeune nel 1912: inizialmente il pubblico si dimostrò freddo verso le opere degli artisti futuristi ma successivamente il movimento riuscì a suscitare un interesse tale da portare la mostra anche in altre capitali europee come Berlino. Lo scopo dei primi artisti del movimento era quello di risvegliare la cultura italiana “dall’immobilità, dall’estasi e dal sonno” che non erano più accettabili nel secolo del progresso e gli antichi miti dovevano essere sostituiti dai nuovi ovvero l’elettricità, il treno, l’automobile, l’aeroplano e il dinamismo in ogni sua forma. L’opera d’arte doveva celebrare la velocità e colpire lo spettatore in maniera violenta e prepotente per risvegliare in lui vitalità e forza: le pennellate divennero sottili e separate, si affiancavano tra loro i colori primari che l’occhio riusciva a mettere insieme in maniera automatica a seconda della distanza da cui osservava la tela. La figura non era più caratterizzata da un contorno chiuso per cui non si fece più distinzione tra un oggetto raffigurato e lo spazio intorno a lui, e il risultato fu quello di una composizione vibrante in cui colori primari e secondari venivano accostati tra loro seguendo i principi di massimo contrasto.

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Il Secondo Futurismo: un nuovo stile pittorico

Alla morte di Boccioni nel 1916, Carrà e Severini dimostrarono una preferenza verso le idee del cubismo, di conseguenza il gruppo si sciolse e il movimento si trasferì di base a Roma. Senza ignorare i concetti del divisionismo che gli artisti futuristi riuscirono ad adattare ai concetti di velocità e simultaneità, gli stessi non ignorarono nemmeno i principi cubisti di scomposizione della forma che utilizzarono per trasmettere il movimento. Lo scopo infatti era quello di rappresentare il movimento stesso nel suo divenire con i colori e le pennellate mirate a trasmettere il dinamismo della tela. Ebbe inizio così la fase del Secondo Futurismo che si caratterizzò per questo forte legame con la cultura cubista e costruttivista costellata da ideali guerrafondai e fanatici spesso anche anarchici, mentre quando gli esponenti si avvicinarono al surrealismo e alle sue idee, il linguaggio futurista venne scelto dal fascismo per la sua propaganda. Sebbene nessuno degli artisti aderì al partito, tenendosi a distanza dalla vita politica del paese, è anche vero che nemmeno ne espressero un palese dissenso.

Boccioni e Balla, anime della pittura futurista

I due principali pittori futuristi furono Umberto Boccioni e Giacomo Balla, che furono attivi anche nella scultura. Quella di Boccioni è stata considerata come una pittura simbolica e significativo è stato il quadro La città che sale, metafora del progresso attraverso la raffigurazione di un cantiere edile alla periferia di Milano che voleva rappresentare l’espansione e la conquista della città verso la campagna e verso il cielo con la costruzione di edifici sempre più alti. Il senso del dinamismo è dato dai cavalli al galoppo in primo piano che investe e coinvolge tutto il resto: non c’è contorno delle figure, i colori di ognuna si fondono nelle altre figure sullo sfondo in nome di una compenetrazione che vuole permettere una visione e una lettura unica e univoca del dipinto. Balla invece si dimostrò molto più analitico e fotografico, legato ai canoni del cubismo e per trasmettere il suo senso del movimento non dipinse vortici impetuosi nelle sue figure ma preferì lavorare con sequenze fotogrammetriche.