È il 30 dicembre 2017 quando a Slidell, in Louisiana, la polizia arresta Michael Neu, un uomo di 67 anni, al termine di un’indagine durata 18 mesi. Sul conto di Neu pendono 269 capi d’accusa per frode e riciclaggio di denaro: è accusato di fare da intermediario per un gruppo di criminali nigeriani aiutandoli a compiere truffe via internet: le famose truffe “del principe nigeriano.”

La “truffa del principe nigeriano” è probabilmente la più diffusa e famosa di internet. Si svolge via email: la vittima riceve un messaggio da mittente che dice di essere un principe nigeriano—nella versione orginale—o un membro di una famiglia importante caduta in disgrazia che ha bisogno di portare una grossa somma fuori dal suo paese e chiede aiuto. In caso di risposta, la vittima verrà convinta a mandargli del denaro per facilitare la transazione in cambio di una parte degli (inesistenti) soldi.

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Michael Neu

Il sito della Federal Trade Commission degli Stati Uniti dedica a questa truffa un’intera pagina: “Questi messaggi sono spesso derisi, ma c’è gente che risponde ancora oggi. I loro autori dicono di essere politici, uomini d’affari o le mogli di ex membri del governo nigeriano o di qualche altro paese del terzo mondo. Si offrono di trasferire una grossa somma di denaro sul tuo conto se in cambio li aiuti a pagare le “tasse” che devono versare per avere accesso ai loro soldi. Se rispondi alla prima mail ti mandano dei documenti dall’aspetto “ufficiale” e a volte ti incoraggiano persino ad andare nel paese da cui dicono di provenire per finalizzare la transazione. Alcuni truffatori, nel tentativo di verificare le loro credenziali, sono arrivati a stampare banconote false”.

Secondo la FTC, la truffa del principe nigeriano continua a essere estremente redditizia per i criminali, causando ogni anno milioni di dollari di perdite per le vittime e mettendo a volte a rischio la loro incolumità. “Secondo informazioni del Dipartimento di Stato,” continua il sito della FTC, “alcune persone che hanno risposto a queste email e poi si sono recate nei paesi in questione sono state picchiate, rapite e derubate e in alcuni casi anche uccise.”

Dal "prigioniero spagnolo" a oggi

Una trovata recente? Niente affatto: nel Diciottesimo secolo si chiamava truffa “del prigioniero spagnolo". L'idea di fondo era la stessa: in quel caso il criminale diceva alla vittima di aver bisogno d’aiuto per fare evadere da una prigione spagnola il rampollo di una ricca famiglia, chiedeva alla vittima una certa somma per corrompere le guardie della prigione e prometteva in cambio di dividere con lei la ricompensa che il prigioniero avrebbe pagato.

Un’altra variante ancora della stessa truffa, datata anni trenta dell’Ottocento, è molto simile a quella odierna e veniva condotta via posta, tramite una lettera che esordiva così: “Caro signore, sarete senza dubbio sorpreso di ricevere questa lettera da una persona che non conoscete e che sta per chiedervi un favore…” E proseguiva parlando di un forziere con dentro 16,000 franchi d’oro appartenente a una marchesa defunta, con il mittente che chiedeva aiuto per ritrovarlo.

In tempi moderni la truffa ricompare negli anni Venti, nella Germania di Weimar. Un articolo del quotidiano locale di Norwich, Connecticut, datato 16 novembre 1922 parla di una serie di lettere provenienti da Monaco di Baviera e firmate da un certo “Carl from Munich” ricevute da alcuni abitanti della cittadina. “Ecco la tua opportunità!” affermano le lettere, sollecitando i destinatari a inviare in Germania denaro per ricevere in cambio gli ingredienti e le istruzioni per fabbricare in casa birra, vino e liquori che avrebbero consentito loro di arricchirsi facilmente. Siamo in pieno proibizionismo, dopotutto.

Il governo nigeriano comprò spazi sui giornali americani

È stato però negli anni Ottanta che questa truffa è diventata tanto popolare e diffusa da guadagnarsi il nome con cui la conosciamo. Condotta sempre via posta, ha iniziato a comparire in varianti diverse, tutte accomunate da uno stesso dato geografico: l’ambientazione in Nigeria.

La maggior parte delle volte il protagonista era un principe nigeriano o un altro membro di una famiglia reale che aveva bisogno di trasferire una forte somma fuori dal paese. Una variante indirizzata alle aziende, invece, cominciava con una lettera su carta intestata inviata dal presunto direttore della compagnia petrolifera statale della Nigeria, che diceva di aver bisogno di trasferire su un conto corrente estero 20 milioni di dollari, parte del budget non speso dell’azienda, e in cambio era pronto a cedere alla vittima il 30 percento della somma.

Già all’epoca, quando il tutto si svolgeva ancora su carta e non via email, identificare i responsabili e arrestarli era tremendamente difficile. Così difficile che il governo nigeriano ci aveva praticante rinunciato, preferendo comprare pagine sui maggiori quotidiani americani (il paese in cui venivano inviate la maggior parte delle lettere-truffa) per pubblicare degli annunci di sensibilizzazione sul tema e cercare di impedire che gli americani ci cascassero.

La rivoluzione di internet

Con l’avvento di internet e della posta elettronica, i costi sono stati improvvisamente abbattuti e i tentativi si sono moltiplicati. In pochi anni il fenomeno è esploso fino a diventare il genere di cosa che quasi tutti abbiamo incontrato almeno una volta in rete.

Nei primi anni Duemila, al centro di questo fenomeno c’era effettivamente la Nigeria, al punto che la truffa aveva preso anche un altro nome: “419,” un riferimento all’articolo che la puniva nel codice penale nigeriano. Negli internet cafè di Lagos i giovani dei quartieri popolari passavano tutta la notte a mandare decine di migliaia di mail spam e ad aspettare pazientemente che qualcuno abboccasse. Chiamavano le loro vittime maghas, una parola yoruba che vuol dire “scemo” riferita nello specifico ai bianchi creduloni, e ascoltavano I Go Chop Your Dollars, una hit pop che parlava di truffe alla nigeriana:

“White man, I go chop your dollar / I go take your money and disappear / 419 is just a game / You’re the loser, I’m the winner”

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L’autore del pezzo, che presto sarebbe stato bandito dalle radio nigeriane, era Nkem Owoh, un attore di Nollywood diventato famoso soprattutto per il suo ruolo nel film comico The Master, in cui interpretava un truffatore. Nel 2007, Owoh sarebbe stato arrestato ad Amsterdam insieme ad altre 110 persone al termine di un’indagine durata sette mesi. L’accusa: aver gestito una rete di truffe alla nigeriana.

Nel frattempo le autorità nigeriane erano diventate estremamente sensibili riguardo alle truffe di questo tipo. Nel 2003 era stata fondata la Economic and Financial Crimes Commission, che nel giro di due anni aveva sequestrato circa 700 milioni di dollari ottenuti tramite truffe. “Il governo non sta con le mani in mano,” diceva nel 2005 al Los Angeles Times Basil Udotai, un membro del Nigerian Cybercrime Working Group, che spiegava come le truffe 419, che rappresentavano solo una piccola porzione di tutti i crimini informatici commessi in Nigeria, venivano prese molto sul serio dalle autorità per il danno che infliggevano alla reputazione del paese.

Sempre nel 2005, il Los Angeles Times aveva ricostruito la storia di uno degli artefici di queste truffe: il 19enne Samuel, di Lagos. Dopo aver passato un po’ di tempo in un internet cafè della città, Samuel era stato reclutato da un uomo che faceva parte di una rete di truffatori, il quale prima l’aveva portato a fare shopping in negozi costosi e poi l’aveva invitato a casa sua - una villa con piscina, pavimenti in marmo, tv al plasma - per proporgli di entrare nel giro. L’aveva convinto che avrebbe fatto soldi facili e detto che si sarebbe potuto tenere il 20 percento dei guadagni.

“Quando ricevi una risposta, sei sicuro al 70 percento che riuscirai a spillargli dei soldi,” aveva detto Samuel al Los Angeles Times. “La maggior parte delle volte provi a truffare americani perché il dollaro è una valuta forte e perché i truffatori di qui hann negli Stati Uniti contatti che si occupano di finire il lavoro. Per esempio, i contatti sul posto possono andare a incontrare la vittima fingendosi l’ambasciatore nigeriano negli Stati Uniti, o ufficiali governativi. Possono fargli vedere dei documentai falsi. Insomma possono convincerlo in modi che da qui sono impossibili.”

“A nessuno dispiace per le vittime,” aveva continuato Samuel. “I truffatori sono convinti che i bianchi siano stupidi e avari. Dicono che gli americani fanno la bella vita. Sono convinti che il governo americano rimborsi alle loro vittime tutti i soldi che perdono.” Pur essendo l’ultimo anello della catena, con le truffe Samuel riusciva a guadagnare 900 dollari al mese. All’epoca, tre volte lo stipendio medio in Nigeria. Certi mesi tirava su anche 6-7 mila dollari.

Secondo il giornalista Uwe Buse, che nel 2005 ne ha scritto da Lagos per Der Spiegel, le truffe alla nigeriana “si possono descrivere come lo sfruttamento della globalizzazione per vendicarsi, da parte di chi con la globalizzazione ci ha perso.”

Perché il principe è sempre nigeriano

Nel suo romanzo Zoo City (2010), la scrittrice sudafricana Lauren Beukes racconta la storia di una ragazza di Johannesburg che si guadagna da vivere facendo truffe alla nigeriana per un’organizzazione criminale a cui deve una grossa somma. I criminali per cui lavora la apprezzano perché, in virtù della sua passata esperienza come giornalista, è capace di scrivere email truffa estremamente credibili.

Per raccontare quel sottobosco criminale Beukes ha passato mesi a fare dentro e fuori da Hillbrow, uno dei quartieri più degradati e pericolosi di Johannesburg dove il romanzo è ambientato, in compagnia di un fixer che l’ha introdotta in ambienti a cui altrimenti non avrebbe mai potuto avere accesso. L’idea che si è fatta è che le truffe alla nigeriana siano strettamente legate alla teoria dei giochi.

A rispondere sono persone facili da truffare

“Le truffe su internet non sono l’unico settore del crimine infestato dai falsi positivi. Circa il 95 percento delle chiamate per furto a cui la polizia risponde ogni anno negli Stati Uniti si rivelano falsi allarmi. Quindi, come fanno i truffatori a minimizzare i falsi positivi?”

Risposta: identificando subito, fin dalla prima mail, quali persone potrebbero cascare nella truffa e quali no. Ecco perché la Nigeria continua a essere l’ambientazione prescelta per questo tipo di truffe e viene spesso menzionata nella email, nonostante la truffa del principe nigeriano sia ormai esposta e di dominio comune. Per i truffatori continuare a fingersi principi nigeriani oggi che tutti sanno che i principi nigeriani sono quasi sempre dei truffatori è un modo per fare una selezione iniziale tra le potenziali vittime: a rispondere sono solo persone potenzialmente molto facili da truffare.

Un bilancio tragico

Le stime sul giro di denaro intorno alle truffe alla nigeriana sono incerte, dato che molte vittime sono troppo imbarazzate per ammettere di esserci cascate. Nel 2006 il governo degli Stati Uniti ha diffuso un report in cui si parlava di 198 milioni di dollari persi in questo modo da cittadini americani solo quell’anno, con una media di 5mila dollari a truffa. Lo stesso anno, il governo britannico ha stimato in 150 milioni di sterline l’anno le perdite causate da queste truffe ai suoi cittadini, con una media di 31mila sterline per truffa.

Ma ci sono anche costi umani non quantificabili. Primo: le vittime tendono a perdere la capacità di fidarsi delle altre persone. Secondo: il senso di umiliazione che deriva dall’essere truffati può spingere a gesti estremi. Nel 2004 un 47enne di Cambridge si è dato fuoco dopo aver perso 25mila sterline—i truffatori gli avevano fatto credere di aver vinto un milione alla lotteria. Nel 2007 una studentessa 23enne dell’università di Nottingham si è suicidata per ragioni simili. Un 67enne di New York si è ucciso nel 2010 dopo aver dato ai truffatori 50mila dollari.

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E non ci sono solo i suicidi. Ci sono gli omicidi, come quello del 29enne greco George Makronalli che nel 2004 è volato in Sudafrica per un “viaggio d’affari”—in realtà, un tentativo di truffa. Una volta giunto sul posto ha capito cosa stava succedendo, ha cercato di tirarsi indietro ed è stato rapito e ucciso dai truffatori. Quello di Makronalli non è l’unico caso del genere: solo tra il 1992 e il 1995, stando al Dipartimento di Stato, ben 12 cittadini americani sarebbero stati assassinati in Nigeria dopo essere stati attirati nel paese con una scusa da dei truffatori.

E poi ci sono le vendette che finiscono nel sangue: nel febbraio 2003, un 72enne della Repubblica Ceca rimasto vittima di una truffa alla nigeriana si è recato all’ambasciata della Nigeria a Praga e ha chiesto al governo un risarcimento per i 600mila dollari che aveva dato ai truffatori. Quando gliel’hanno negato ha sparato a un funzionario 50enne dell’ambasciata, uccidendolo.

I truffatori si sono fatti sempre più fantasiosi

Su 419Eater.com, il più grande forum dedicato alle truffe alla nigeriana, si possono trovare un sacco di storie di questo tipo, insieme a testimonianze delle contromisure che vengono prese dagli utenti. I membri del forum hanno infatti inventato una pratica chiamata “scam baiting”—che in pratica consiste nel truffare i truffatori. Si fingono potenziali vittime e impegnano i truffatori in trattative lunghissime, in cui spesso rientrano particolari esilaranti: truffatori che vengono spinti a farsi tatuaggi ridicoli, incastrati in modo che vengano arrestati all’aeroporto, convinti a fare migliaia di chilometri da un capo all’altro dell’Africa. L’obiettivo è fargli perdere più tempo possibile così che ne abbiano meno da dedicare alle loro vere vittime, e al tempo stesso estenuarli in modo da fargli passare la voglia di truffare la gente.

Nel 2013 VICE ha usato questa tattica per commissionare (a sua insaputa) a un truffatore nigeriano quella che sarebbe poi diventata la copertina del numero della rivista a tema truffe. Con un lungo scambio di email erano riusciti a convincerlo a farsi una foto con una maschera di Obama, una bandiera americana con il logo della rivista alle sue spalle e, in mano, un cartello con il titolo del numero. Gli avevano detto che se l’avesse fatto avrebbero avuto conferma della sua identità e gli avrebbero mandato i soldi che richiedeva.

Le nuove truffe

Negli ultimi 15 anni, la truffa ha subito un’ulteriore evoluzione. La storia del principe o dell’uomo d’affari nigeriano che ha bisogno di portare dei soldi fuori dal paese viene ancora utilizzata, ma nel frattempo i truffatori si sono fatti più fantasiosi e più attenti all’attualità. E così il principe nigeriano è diventato diversi altri personaggi, adattandosi all’argomento del giorno: la figlia di Gheddafi dopo il crollo del regime libico, il cugino di Assad con la guerra in Siria.

E anche i metodi di truffa si sono fatti più curiosi. Ci sono truffatori che cercano di spillare soldi alle vittime con finte offerte di lavoro, finte lotterie, finte vendite di finti servizi online e persino con i cuccioli—in quest’ultimo caso i truffatori mettono in vendita o in adozione dei cuccioli di razza e aspettano che le vittime li contattino: da lì in poi la truffa procede sui binari consueti.

In India e in Pakistan oggi va forte la truffa del finto ripetitore telefonico: il truffatore usa internet (o mette annunci sui giornali) per proporre alle vittime di installare un ripetitore telefonico su un terreno di loro proprietà, che genererebbe un guadagno mensile. Se la vittima accetta, si vede spillare soldi in tasse, marche da bollo, spese per le autorizzazioni governative, spese per l’acquisto e il trasporto dei materiali, commissioni bancarie, e così via. Il governo indiano è stato costretto a fare campagne di sensibilizzazione sul tema, nel tentativo di arginare il fenomeno.