Speciale: i film di Sex and the City. Tematiche, recensioni, accoglienza del pubblico

Ricordiamo insieme i due film sequel di Sex and the City, con le tematiche che hanno affrontato e le recensioni di pubblico e critica

Speciale i film di Sex and the City Tematiche recensioni accoglienza del pubblico

Questa è la seconda parte dello speciale che abbiamo dedicato al fenomeno Sex & The City, analizzando le sue tre principali componenti: la serie TV, i film e il recente sequel

Fu un evento: esattamente 10 anni dopo il debutto dell’episodio pilota, e dopo quel finale di serie fra Parigi e New York, Sex and the City sbarcava nelle sale cinematografiche. Con un film, un film vero. Una mega-produzione che iniziava con un breve riassunto - sempre accompagnato dalla voce narrante di Carrie (Sarah Jessica Parker) - delle vicende che avevano coinvolto le quattro protagoniste nell’ultima stagione della serie.

Sembrava di vedere un episodio-sequel, ma i primi segni di cedimento, con i cambiamenti forzati nel carattere dei protagonisti, iniziavano già a farsi vedere.

Il primo film: Sex and the City (2008)

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Il cast tecnico e artistico era lo stesso della serie TV: scritto da Darren Star - creatore di Sex and the City dall’omonimo romanzo di Candace Bushnell - e Michael Patrick King, produttore della serie TV, qui in tripla veste di sceneggiatore, produttore e regista.

Con un budget sontuoso, 65 milioni di dollari, e oltre 400 incassati ai botteghini di tutto il mondo, il film fu tecnicamente un successo ma non venne apprezzato granché né dai fan storici della serie né dalla critica mainstream. La curiosità aveva spinto tutti i fan, rimasti “orfani” di Carrie, Miranda (Cynthia Nixon), Samantha (Kim Cattrall) e Charlotte (Kristin Davis), a precipitarsi al cinema. Prima dell’era dello streaming, e a 4 anni dal finale di serie: i fan storici erano ancora tutti lì. Pronti a seguire di nuovo Carrie e a scoprire il prosieguo della sua storia con Big - pardon: John James Preston (Chris Noth) - dopo quella conclusione da favola che l’aveva visto andare fino a Parigi per riportare a casa l’amore della sua vita.

La trama di Sex and the City

Carrie e Big sono felicissimi insieme e stanno cercando casa. Vivono finalmente il loro sogno d’amore, senza interferenze e senza drammi. Visitano appartamenti di ogni genere e alla fine ne scelgono uno - grazie alla disponibilità economica del finanziere - da sogno nell’attacco del palazzo in cui Carrie sognava di andare a vivere.

Ma il dramma, come sempre, è in agguato. Quando decidono di sposarsi, Vogue propone a Carrie un articolo speciale sulle spose quarantenni (Carrie ha 38 anni) con abiti da sposa firmati dai maggiori stilisti. Lei accetta, la stilista Vivienne Westwood decide di regalarle l’abito del servizio fotografico e il matrimonio, in men che non si dica, si trasforma nell’evento dell’anno. Fra articoli di giornale, ospiti illustri e lista d’invitati che si allunga a dismisura oltre i 200 invitati, il matrimonio si trasforma di fatto in un circo. La sera della cena di prova, Big si spaventa ed entra in crisi per le parole che gli rivolge Miranda. La donna, sconvolta per aver discusso con il marito Steve (David Eigenberg) dopo la separazione avvenuta 6 mesi prima, dice a Big che il matrimonio rovina tutto e che sono pazzi a sposarsi.

Steve aveva confessato a Miranda, che lo trascurava in nome del lavoro e della carriera, di averla tradita una volta. Con una donna che non significava nulla. Miranda aveva chiuso ogni comunicazione, andandosene di casa e rifiutando di accettare le richieste di perdono che il marito le aveva fatto arrivare sotto ogni forma, per mesi.

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Big cerca di parlare con Carrie la mattina delle nozze, ma il circo del matrimonio è già in moto e non riescono a sentirsi in tempo: lui, sotto pressione per l’importanza dell’evento, non si presenta all’altare. Chiama Carrie e le dice di non poterlo fare, non così. Lei rischia un malore, viene portata via dalle amiche e incontra Big per strada. Lui è pronto a tornare indietro e sposarla, ma lei - umiliata - gli grida contro e, proprio come Miranda, chiude ogni comunicazione.

La luna di miele di Messico diventa una vacanza per quattro, con le amiche che cercano di tirarla su. Al rientro, Carrie assume un’assistente (Louise, la cantante Jennifer Hudson) che l’aiuti a rimettere insieme la sua vita. Riscatta la casa che aveva già venduto, ricomincia a lavorare, cerca di andare avanti.

Samantha vive a Los Angeles con Smith (Jason Lewis). La coppia ha festeggiato i 5 anni insieme, ma è in difficoltà: lui non c’è mai, lei non è fatta per stare a casa ad aspettarlo e si butta sul cibo, sullo shopping, adotta perfino una cagnolina abbandonata per non sentirsi troppo sola, e per stare alla larga dall’attraente nuovo vicino di casa. Ma non serve a molto: le basta rivedere le sue amiche.

Eravamo lì: i tre specchi che Samantha non poteva evitare.

(Carrie)

Così Samantha non tradisce, ma lascia. Lascia Smith, torna a New York. Lascia l’uomo che ama perché ama di più se stessa. Louise torna a Saint Louis, per sposarsi e vivere il suo sogno d’amore.

Charlotte resta miracolosamente incinta. A una settimana dal termine, incontra Big e gli urla contro, arrabbiandosi tanto che le si rompono le acque. Lui la porta in ospedale e spera di rivedere Carrie, ma la donna arriva dopo che Rose è già nata. Mamma e figlia stanno bene, Henry (Evan Handler) dice a Carrie che Big gli ha confidato di averle scritto decine di lettere ma Carrie non le ha mai viste. Le recupera nella casella di posta elettronica protetta da Louise, si reca all’attico per riprendere le scarpe che vi aveva lasciato e trova Big. In un attimo, tutto passa: i due si amano, tornano insieme e lui le chiede di sposarlo. Si sposano in municipio, da soli, ma Big ha organizzato un pranzo con le amiche di Carrie e le loro famiglie.

Tutto sembra andare per il meglio e il film finisce con le amiche che escono, come ai vecchi tempi, per un drink che si trasforma in una festa di compleanno a quattro per i 50 anni di Samantha.

Le tematiche del primo film

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L’argomento del primo film di Sex and the City è chiaramente il matrimonio. Fin dal principio, quando le quattro protagoniste si recano a un’asta di Christie’s con i gioielli di una donna rimasta senza nulla dopo la fine del suo matrimonio.

Il tema emerge subito: il bisogno di essere sicuri di non ritrovarsi con un pugno di mosche in mano dopo aver investito in una vita insieme. La paura di legarsi, l’incertezza di sapere come l’altro prenderà l’impegno per la vita. Le regole stabilite da ogni coppia nel proprio matrimonio, cosa si può e non si può perdonare e come si gestisce la vita quotidiana insieme.

Carrie Bradshaw, l’irriducibile single, l’esperta di sesso e relazioni per le donne di New York, la donna che aveva avuto un’orticaria al solo provarsi un abito da sposa per Aidan, ora è pronta a sposarsi. Ad andare all’altare col suo Mr. Big dopo 10 anni di relazione, tira e molla, drammi e romanticherie.

Il matrimonio che invece Samantha non vuole, tanto da far fatica a portare avanti la relazione con l’uomo che ama, nonostante l’amore appunto. Il matrimonio felice di Charlotte, che fa sentire Miranda inadeguata e che la costringe a misurarsi con un ulteriore fallimento quando Steve le confessa il tradimento.

La vita di coppia è dura, la convivenza è difficile e per la prima volta tutte le protagoniste di Sex and the City si trovano a provarlo sulla loro pelle. Questo avrebbe dovuto essere il primo film: un cambio di passo dalle ragazze in cerca dell’amore a quelle che l’hanno trovato e devono conviverci ogni giorno, tutto il giorno.

Il matrimonio è al centro di ogni discorso, scena, riflessione. Le difficoltà fra Miranda e Steve, i racconti di Charlotte con Henry, Samantha che parla di Smith come se fosse suo marito, senza mai naturalmente ammetterlo. La frequenza dei rapporti coniugali, il tempo di qualità passato con il coniuge: tutto sembra rientrare perfettamente rientrare in uno dei classici episodi di Sex and the City, con argomento “matrimonio”. Non a caso, il film s’intitola semplicemente così.

E invece, questo è il film in cui tutto, attorno al matrimonio di Carrie e Big, inizia a sgretolarsi.

Benché il comportamento di lui sia comprensibile visto l’impegno e l’attenzione mediatica sulla cerimonia, a stonare è quel rifiuto di lei che, con tutto pronto, per una questione d’orgoglio rifiuta di tornare indietro e trasformare il matrimonio da sogno in realtà. Ma è davvero il matrimonio che Carrie sognava? Lei non aveva mai voluto sposarsi. Mai. E di punto in bianco si ritrova al centro di un vortice di fotografi, abiti, articoli, pubblicazioni e quant’altro. Il suo wedding planner, Anthony (Marco Cantone), che le viene “regalato” da Charlotte per le nozze, vuole fare le cose in grande quando Carrie era partita da un abitino semplice, vintage, dismesso, pensando a una cosa semplice.

Il paradosso è che Carrie mette in piede un matrimonio che di fatto non vuole. Non così. Esattamente come Bigj, che per altro si trova all’altare per la terza volta e sente molto il giudizio della gente. La chiusura totale di Carrie, che imita quella di Miranda - ma Carrie non è Miranda! - risulta forzata. Il cambio di look al rientro dal Messico, tipico delle donne che cercano un nuovo inizio dopo una rottura, non si accompagna a una ristrutturazione di sé. Solo dopo molto, molto tempo, Carrie capisce di essere stata lei la causa della rottura, di aver assillato Big con mille richieste che lui ha sempre accettato, fino a quando si è reso conto che erano troppe. E lei non era nemmeno stata raggiungibile, la mattina delle cerimonie, per dargli le rassicurazioni di cui aveva bisogno. Sarebbe bastato quello… E invece Carrie, dopo 6 mesi, quando Miranda le confessa di aver parlato a Big la sera prima delle mancate nozze, accusa l’amica di essere la causa della rottura.

L’immaturità della donna che per anni ha esplorato le relazioni, tirando le fila e scrivendo libri sull’amore e sulla gestione dei rapporti con l’altro sesso, stona con tutto. Diventa poco credibile. Il vero circo, qui, è tutto ciò che succede dopo l’esitazione di Big. Il vero circo, qui, sono le emozioni assurde di Carrie Bradshaw. E questo non è piaciuto affatto al pubblico.

Nessuna rimostranza, invece, per quelle parole di Miranda su “un bianco con un bambino” da seguire per arrivare nel posto giusto, evitando di perdersi per Chinatown. Il 2008 era prima della cancel culture, prima del metoo, prima del politicamente corretto. Oggi, Miranda non avrebbe mai potuto pronunciare quella frase. E oggi, come il sequel And Just Like That (che avrà un suo speciale dedicato) ha dimostrato, Miranda parla in modo completamente diverso.

L’accoglienza di pubblico e critica del primo film di Sex and the City

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Nei voti degli spettatori sulle piattaforme specializzate, il film non arriva alla sufficienza. Le recensioni dei critici avevano evidenziato, all’epoca dell’uscita, come il mancato matrimonio fosse un dramma artificioso, forzato, messo lì per dare modo a Carrie di mostrarci come si comporta una donna depressa dopo la fine della storia più importante della sua vita. Non ce n’era bisogno, cari Darren Star e Michael Patrick King: lo sapevamo già.

La luna di miele si trasforma in una vacanza per quattro amiche. O meglio, tre amiche e una donna che non vuole più alzarsi dal letto. La felicità diventa depressione. L’amore diventa dolore. E quando torna la razionalità, lo sguardo sull’amore e sul matrimonio diventa cinismo.

Troppo semplicistico. Troppo distante dal finale di serie super-romantico. Troppo lontano da ciò che Carrie e Big hanno rappresentato per 6 stagioni per milioni di persone. Qualunque fan sa bene che il matrimonio sensato, per loro, sarebbe stato quello solitario in municipio. Una pura formalità. Un’assicurazione per Carrie (che, sappiamo, le servirà) e la classica prova d’amore per Big.

La stragrande maggioranza della critica aveva riconosciuto l’importanza di Sex and the City come fenomeno culturale, molti aspettavano con ansia il film ma non avevano grandi aspettative sui contenuti: volevano semplicemente rivede i personaggi e sono stati accontentati. Eppure, a livello di qualità, oltre a segnalare tutti l’eccessiva durata (quasi 2 ore e mezza di film), i critici hanno riconosciuto la scarsa rilevanza del materiale principale, ovvero il “nodo” del mancato matrimonio fra Carrie Big. Qualcuno aveva scritto, subito, che la durata e il mancato approfondimento psicologico su Big erano solo il primo dei problemi di questo film. Ricordo fin dal 2008 le parole nella recensione di The Hollywood Reporter:

Sfortunatamente, mentre gli episodi della serie prendevano spunto da una domanda posta da una delle colonne di Carrie, lo scrittore-regista Michael Patrick King non trova mai quell'obiettivo, e Sex and the City perde il suo aspetto aspro nel processo.

Il successo commerciale, comprensibile grazie alla curiosità dei fan, al successo della serie e all’attenta campagna di marketing, non si traduce anche in un successo di critica.

Troppo, per un solo film. Troppo materiale, troppo dramma senza solide basi. Troppa Carrie che diventa Miranda. Ciononostante, restano un paio di scene cult.

Dopo il ritorno dal Messico, i mesi passano e arriva ii Capodanno. Quel Capodanno. Quello che, chissà per quale motivo, molti tendono a ricordare come un evento della serie TV, anziché del primo film. A pochi minuti da mezzanotte, Carrie esce in pigiama e pelliccia (niente paura: pochi minuti dopo verrà punita Samantha, per averne indossata una: messaggio lanciato) per raggiungere la sua amica Miranda, sola anche lei. Per stare insieme, perché l’amicizia è questo: non lasciare mai un’amica da sola. Una corsa e un abbraccio. che nessun fan dimenticherà mai.

E poi, naturalmente, c’è “la” sequenza del film. Carrie si prepara al trasloco, assistita dalle amiche, con una sfilata degli abiti da tenere o eliminare. Una sorta di celebrazione di 6 stagioni, con tutti gli stili che l’hanno contraddistinta. A cominciare dal completo della sigla.

Insieme a un abito da sposa che, qualsiasi donna, perfino quella più reticente nei confronti del matrimonio, avrebbe sognato. Come da tradizione Sex and the City, l’abito della Westwood iconico e spinge migliaia di donne a sposarsi indossandone uno simile (o un’imitazione vera e propria), visto che a potersi permettere quello originale erano davvero in poche: costava, all’epoca (era della collezione 2007), circa 6000 dollari. Solo per l’abito. Accessori esclusi.

Il secondo film: Sex and the City 2 (2010)

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Due anni dopo il primo film, esce nelle sale di tutto il mondo il secondo capitolo di quella che sembrava destinata a diventare una saga cinematografica. Ma che, proprio grazie alle recensione negative ottenute da questo secondo film, si fermerà qui.

Il budget stavolta è stratosferico: 100 milioni di dollari. Ma non si ripaga con gli incassi nei soli USA e Canada, che arrivano a  stento a 95. Per fortuna c’è tutto il resto del mondo, e i fan di Carrie & company sono ovunque: alla fine, gli incassi lordi ai botteghini di tutto il mondo raggiungono i 290 milioni e il film si ripaga ampiamente.

Il cast artistico e tecnico restano identici: stessi attori, naturalmente, più il ritorno di John Corbett nei panni di Aidan, e stessi regista, produttori e sceneggiatori. Tutto come la prima volta, ma inspiegabilmente distante da ciò che Sex and the City avrebbe dovuto raccontare.

La trama di Sex and the City 2

La voce narrante di Carrie torna indietro e ci racconta del suo arrivo a New York, dell’incontro prima con Charlotte e poi con Miranda e Samantha. Dopodiché, le quattro amiche entrano in un elegante negozio per una lista nozze: Stanford (Willie Garson), lo storico amico gay di Carrie, si sposa. Con Anthony, l’amico gay di Charlotte.

Il matrimonio gay più kitsch della storia, officiato nientemeno che dalla guest star Liza Minnelli vede Carrie in veste di testimone, Big pronto a fare frecciatine vagamente (solo vagamente) omofobe e Charlotte disperata perché la secondogenita Rose piange incessantemente.

Mentre Samantha affronta la menopausa imbottendosi di vitamine e integratori, e intrattenendosi col fratello di Anthony, Carrie ha un nuovo libro - sul matrimonio - in imminente uscita e Miranda è alle prese con un nuovo socio anziano dello studio legale che la bullizza continuamente sul lavoro.

Quando le amiche vedono la tata di Charlotte iniziano a metterle la pulce nell’orecchio: è una giovane e bellissima ragazza e Charlotte inizia a preoccuparsi. La situazione peggiora quando parte insieme alle amiche, ospiti di Samantha: la donna ha ottenuto un prestigioso invito da uno sceicco nel suo nuovo albergo ad Abu Dabhi, negli Emirati Arabi. La visita durerà una settimana e Samantha dovrà trasformare il nuovo albergo in una star, come ha fatto con Smith - con cui è rimasta in ottimi rapporti, tanto da portare tutti alla prima newyorkese del suo ultimo film. Con grande gioia di Carrie, che scopre un Big pantofolaio, cosa che prontamente rischia di mettere di nuovo in crisi il loro matrimonio.

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Il volo da sogno, sulla linea aerea privata dello sceicco, l’auto privata (una per ciascuna) e il maggiordomo personale in una suite da sogno sembrano l’inizio di una splendida vacanza, ma non sarà così.

Samantha è in preda alle vampate e agli sbalzi d’umore perché le hanno sequestrato le vitamine all’arrivo, Charlotte è preoccupata perché non riesce a contattare Henry, Miranda studia la cultura locale e cerca disperatamente di tenere a bada Samantha, che offende il pudore, e Carrie incontra Aidan al mercato. Dall’altra parte del mondo rispetto a dove si erano incontrati. Una cena con Aidan viene seguita da un bacio che Carrie confessa subito per telefono a Big, ovviamente molto contrariato. Un incontro con l’architetto danese Rickard () per Samantha finisce in un arresto per offesa al pudore e nella cacciata dall’albergo, a meno che non paghino personalmente 22.000 dollari a notte. E un drink fra Charlotte e Miranda si trasforma in un pianto-confessione su quanto sia duro essere madre.

Tornate a New York, le quattro riprendono le redini della propria vita. Samantha riprende vitamine e creme e torna se stessa, rivedendo in America Rickard con cui può finalmente fare sesso. Miranda dopo essersi licenziata trova un lavoro in uno studio in cui viene molto apprezzata. Charlotte ottiene di passare di tanto in tanto qualche giorno di riposo nell’ex appartamento di Carrie, che è stato tenuto per via della crisi economica (appena accennata nel film ma trascurata di fatto nella trama) e in cui prima Big voleva del tempo per sé, che non gli serve più dopo aver fatto pace con Carrie al suo ritorno.

Le tematiche del secondo film

Questo secondo capitolo cinematografico è infarcito di battute davvero divertenti, in puro stile Sex and the City, ma è anche pieno di eventi privi di senso.

Le tematiche stavolta sono principalmente due. La maternità - che viene trattata da Charlotte e Miranda in quella serata-confessione alcolica che rappresenta, di fatto, l’unica sequenza meritevole in quasi due ore e mezza di film - e il ruolo delle donne nella società moderna. Senza dimenticare la menopausa.

Il socio anziano di Miranda che la zittisce con una mano alzata, sprizzando maschilismo e misoginia da ogni poro, si accompagna a un tentativo maldestro di evidenziare la libertà delle donne americane rispetto a quelle arabe, costrette a girare con viso coperto.

Se il primo tema, che include anche la fortuna di avere un aiuto a tempo pieno con i figli, che Miranda e Charlotte sono riconoscenti di avere, viene trattato in maniera adeguata ed esaurito, paura del tradimento dei mariti con le tate incluse, il secondo fallisce miseramente.

Le continue provocazioni di Samantha - pur in crisi per gli effetti collaterali della menopausa - sono davvero eccessive. Miranda seguita a chiederle di mostrare rispetto per il luogo in cui si trova e le sue tradizioni, ma quelle tradizioni sono di fatto oppressive per tutte le donne. E questo rispetto, sebbene necessario, da parte di un personaggio della serie-icona sulla liberazione sessuale femminile, stona.

Commentando ciò che vede anche in albergo, ovvero donne avvolte nel nero dalla testa ai piedi, coi soli occhi non nascosti, Carrie dice:

Il velo davanti alla bocca mi spaventa da morire: è come se non dovessero avere una voce.

Presto, però, Carrie scorda le sue stesse parole e si adegua allo stile di vita locale, dimenticando di aver sempre lottato per l’indipendenza delle donne. Il “nuovo” Medio Oriente che lo sceicco aveva descritto a Samantha, di nuovo ha solo la ricchezza esibita e il turismo di chi dispone dei mezzi per godere di questa ricchezza. Tutto lì.

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Nella scena in cui le quattro donne tornano al suq (il mercato) in cui Carrie aveva dimenticato il passaporto poco prima di incontrare Aidan, in seguito a una serie di eventi - e con una Samantha ricoperta di sudore - le protagoniste vengono insultate dalla folla inferocita e inseguite da un gruppo di uomini urlanti. A salvarle, offrendo loro un nascondiglio sicuro, sono un gruppo di donne che le accolgono nel retro di un negozio di fiori secchi. Si tratta del loro segretissimo club del libro, e sotto le tuniche nere e i veli sono truccate e indossano abiti griffati coloratissimi e costosissimi, con tanto di borse coordinate. Tanto inverosimile quanto offensiva, questa scena lancia il messaggio errato che la moda possa “liberare” le donne in ogni luogo e possa unirle alle altre donne del mondo. Una sciocchezza, chiaramente.

Così come l’espediente usato da Carrie per fermare un taxi e raggiungere in tempo l’aeroporto: coperte da testa a piedi per sfuggire alla folla e probabilmente anche a un arresto, le quattro amiche non riescono a convincere un solo tassista a caricarle finché Carrie non espone una gamba nuda.

Va bene che eravamo nel 2010. Va bene che il termine “politicamente corretto” viene introdotto, stavolta, al contrario di quanto successo nel primo film. Va bene che il matrimonio gay e il viaggio sono pensati apposta per mettere le protagoniste (e i loro compagni) alla prova, ma stavolta gli sceneggiatori hanno davvero esagerato.

Se, forzatamente, poteva anche passare l’incontro casuale fra Carrie e Aidan in un suq di Abu Dhabi, tutto il resto è davvero inaccettabile. Samantha che dissemina preservativi per tutto il suq quando cercando di strapparle la borsa (credendola rubata). Le donne arabe vestite Dior con il libro di Suzanne Somers che è diventata anche la guru anti-menopausa di Samantha. La gamba nuda per fermare un taxi… Tutto davvero troppo. Finto. Strumentale. Fastidioso, anche.

L’unico personaggio coerente, a mostrare la reazione più matura di fronte alle difficoltà, è Mr. Big. Una sorta di riscatto per il film precedente e la tendenza a diventare pantofolaio? Forse. O forse bisognava comunque far sì che Carrie Bradshaw - pardon: Preston - la passasse relativamente liscia nonostante le sue paranoie mentali alla Woody Allen. Che, per inciso, non le appartengono affatto. Non alla Carrie che avevamo conosciuto in TV, almeno.

La riunione d’emergenza dopo il bacio con Aidan, sul quale Charlotte l’aveva messa in guardia ottenendo una rispostaccia, è l’ennesimo elemento forzato del film. Così come la corsa disperata verso l’aeroporto per non dover tornare in classe turistica. Orrore. E anteprima di ciò che succederà in And Just Like That…

L’accoglienza di pubblico e critica del secondo film di Sex and the City

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Gli incassi, dicevamo, hanno ripagato ampiamente il film, ma l’accoglienza stavolta è stata davvero molto fredda. I siti specializzati riportano votazioni medie da parte degli utenti che assegnano a Sex and the City 2 un secco 4,5 (su 10).

Gli spettatori hanno scritto peste e corna di questo film, evidenziando le stesse forzature di cui vi ho parlato qui sopra, semplicemente perché sono talmente evidenti da risultare imperdonabili.

E anche la critica ufficiale non ha risparmiato stroncature alla pellicola di Darren Star e Michael Patrick King. Stroncature tanto nette da spingere i due a non proseguire nell’avventura cinematografica, consci che il pubblico - stavolta - non sarebbe corso in sala. Come già era successo con questo secondo capitolo negli USA, stando agli incassi. Nonostante l’espediente “Aidan”, che sarebbe stato prontamente riutilizzato nella serie sequel.

I critici non hanno usato giri di parole, come su L.A. Weekly:

Sarah Jessica Parker ha ora 45 anni e, francamente, non riesco a sopportare un altro momento delle sciocchezze da ragazzina leziosa, lanciata dai capelli e intenta a sbattere le ciglia, cosa che ha fatto sin dai tempi della storia di Los Angeles (n.r.d.: il finale della stagione 3).

E ancora, dal Washington Post:

Un viaggio snervante, grossolano e orribilmente caricaturale verso il nulla, che sembra concepito principalmente per trovare modi nuovi e più cinici per abusare della lealtà del suo pubblico.

Il Boston Globe:

Dodici anni, un'amata serie della HBO e due lungometraggi, le ragazze di Sex and the City sono state ridotte a bambole Bratz per donne adulte.

Il tono è sempre il medesimo. Insomma: un fallimento pressoché totale dal punto di vista delle recensioni. Un fallimento comprensibile perché davvero, stavolta, gli autori - gli stessi dietro le quinte della serie TV - hanno abusato dell’amore del pubblico per Carrie, Charlotte, Samantha e Miranda.

L’unica spiegazione per la sceneggiatura accettata dalle quattro attrici principali è il cachet: Kim Cattrall ha guadagnato 10 milioni di dollari. Gli stipendi delle altre attrici non sono stati resi noti dettagliatamente, ma è facile ipotizzare che Sarah Jessica Parker ne abbia presi molti di più rispetto alle colleghe.

La freddissima accoglienza di pubblico e critica hanno fermato la produzione dei film di Sex and the City. Ma non il sequel And Just Like That, arrivato su HBO nel 2021, con la seconda stagione nel 2023 e la terza annunciata per il 2024.

Sex and the City è disponibile su Sky on Demand nei Box Set delle serie TV. Sempre su Sky on Demand trovate i due film di Sex and the City e le due stagioni di And Just Like That... Buona (ri)visione!