Davide Oldani: «La pasta ci porterà fortuna»

Lo chef bistellato Davide Oldani suggerisce gli ingredienti-base per festeggiare all'italiana la fine del 2020. E svela una ricetta imperdibile sul numero di dicembre di GQ
Davide Oldani
Neri Oddo

Davide Oldani, classe 1967, ha fama di essere una persona umile e un instancabile lavoratore. Il suo ristorante D'O, due stelle Michelin, si trova a Cornaredo, piccolo paese alle porte di Milano, dove Davide Oldani è nato e cresciuto per poi formarsi alla scuola dei più grandi del settore, come Alain Ducasse, Albert Roux, Gualtiero Marchesi. La tenacia e la determinazione, invece, sono farina del suo sacco. Come scrive sul suo account Instagram: «Non diminuiamo le speranze - nella ristorazione come in tutto il resto - raddoppiamo il coraggio e le idee».  

A cosa sta lavorando, in questa fase di fermo?

«Sono appena uscito con il mio nuovo libro Mangia come parli. Pop Rhapsody, un itinerario nelle regioni italiane, esplorando ricette tipiche e materie prime (prende il titolo dall'omonima trasmissione condotta con Pierluigi Pardo su Radio24, ndr). È stato entusiasmante dedicarmi a questo progetto».  

Quali ingredienti invernali non mancano mai nella sua cucina?

«Sono rigoroso e non mi troverete mai e poi mai a cucinare con pomodorini, pesche e altri ortaggi estivi fuori stagione. Durante i mesi freddi cerco di valorizzare quel che offre la terra: zucca, uva, melograno, caco, tartufo bianco, verza, carciofo, rapa rossa e cavolo nero sono alla base dei miei piatti».  

Bollito nella pentola: lo chef stellato Davide Oldani ne svela la ricetta sul numero di dicembre di GQ

Brambilla Serrani

Qual è la filosofia che ispira il menu di D'O?

«La nostra cucina pop è volutamente semplice, di qualità, anti spreco. Mi attengo a quelle che ho ribattezzato le vocali dello chef: amore per quello che fai; educazione, ossia alto rispetto della materia prima; obbedienza, ai ritmi della natura e agli insegnamenti dei grandi maestri; umiltà, o del lavorare senza montarsi la testa».  

Come si è mosso in risposta alla seconda ondata della pandemia, con relative restrizioni?

«Con umiltà, appunto. Nel senso che se c'è da restare chiusi, si resta chiusi, dando segno di responsabilità. Quello che invece non intendo limitare è il battere chiodo - oggi sempre di più - sulla qualità: è il solo elemento che può portare il settore fuori dalla crisi. Ovvio che conta molto anche avere un background forte e un'azienda altrettanto solidi, ma fare bene e puntare in alto farà la differenza nella fase post-Covid».  

Cosa ricorda della sua gavetta per imparare il mestiere?

«Ero una vera spugna: cercavo di assorbire tutto quello che i miei maestri mi dicevano, osservavo i loro gesti, le loro routine. È allora che quello della qualità è diventato un vero pallino: personaggi come Marchesi e Ducasse ne erano giustamente ossessionati. E anche se ho girato tanto per il mondo sapevo che sarei tornato qua, a Cornaredo, per aprire il mio ristorante».  

È ottimista per la ristorazione post Covid?

«Si apriranno nuove opportunità per chi saprà mantenere il connubio sicurezza e qualità».  

Un consiglio per chi ama dedicarsi alla cucina?

«Siate intelligenti in fase di spesa e attenetevi senza se e senza ma alla stagionalità dei prodotti. Non solo spenderete meno, ma porterete a casa alimenti ricchi di nutrienti, perché cresciuti secondo i ritmi naturali».  

Un piatto portafortuna e una parola-chiave per il 2021?

«Un ottimo piatto di pasta. E condivisione». 

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