Abbiamo davvero bisogno di una nuova stagione di Sex and the city? No. Punto, stop, fine. Volendo potrei chiuderla qua, ma le regole impongono che lo spazio a mia disposizione venga occupato da alcune argomentazioni a sostegno della mia idea. E dunque.

Primo no. Non ne abbiamo bisogno perché già il secondo film era piuttosto brutto, e pure il primo insomma.... Più che da un'esigenza narrativa i due nascevano da un'esigenza commerciale, che per carità, va benissimo, ma se è accompagnata da una scrittura debole finisce per indebolire anche un brand prestigioso. La serie aveva infatti già avuto una sua degna conclusione. Una tipica conclusione televisiva, che non possiede mai quel senso di finitezza compiuta proprio spesso di un film o di un romanzo, ma è questa la bellezza del medium. Tutta l’ultima stagione di Sex and the city è in questo senso un capolavoro. La precarietà dei sentimenti trovava un suo equilibrio, magari lontano dai sogni infantili. Un equilibrio felice, anche se aperto a mille possibilità. Una chiusura aperta, senza sentenze definitive. Perché così è la vita, e la tv. Si chiudevano alcuni snodi narrativi, ma si lasciava aperto il nucleo centrale del telefilm: l’amicizia è per sempre, ma l’amore? Non c’era vero “per sempre”, ma quattro differenti possibili soluzioni per quel momento. Con i film tale equilibrio veniva buttato all’aria. Niente incertezza, complessità, divagazione immaginaria. Carrie si sposava, punto e fine, come una della tante. E nel secondo film teneva il broncio a Mr. Big, ormai pantofolaio. Come uno dei tanti, insomma. Cosa dobbiamo aspettarci da questa nuova stagione? Quattro -anzi tre- protagoniste che ci sembreranno come tante, e per giunta chissà perse nel ricordo di quel che erano?

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Courtesy Warner Bros via Outnow

Secondo no. Sex and the city nasce come serie di rottura. Parla di donne e sesso, in maniera schietta. Allora non lo faceva nessuno o quasi. Le prime stagioni sono anche più ibride, hanno uno stile più realistico. Nella prima stagione ad esempio Carrie guarda e parla nella camera da presa come...eh sì, come in parte farà la protagonista di Fleabag. Solo successivamente il racconto si normalizza, e prende una deriva più glamour. Ma era un glamour ancora narrativo, serviva cioè a descrivere dei personaggi, una città, un periodo storico. Purtroppo tutto questo si è perso a causa di una sorta di abuso di visione e di commento. Come se la serie si fosse consumata a furia di essere rivista e discussa. In un modo o nell'altro la serie è sempre stata in onda, è sempre stata presente in articoli e rubriche, è sempre usata come metro di paragone anche per altre serie che nulla avevano a che fare con quel mondo, è diventata un luogo comune nel discorso comune. Una serie usurata insomma. Rivedendo Sex and the City, ci si rende conto che molte cose sono ancora vere, altre però suonano ormai come delle banalità, e pare essere rimasto solo il suo lato più superficiale. Una serie raffinata, nata per rinnovare e ribaltare certi cliché da commedia romantica, ha finito per creare altri nuovi cliché.

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Getty Images//Getty Images

Terzo no. Cosa hanno da dirci quello stile narrativo e quel mondo su di noi oggi? Chissà, magari gli autori ci stupiranno, e sarà bellissimo. La scrittura di Carrie si faceva sguardo e voce narrante, ma mettendo in luce come le sue parole fossero “altro” da quel che accadeva. Il gioco ironico era questo, le sue parole rendevano sottile metafora anche le scene più esplicite. O talvolta contraddicevano quanto si vedeva sullo schermo. Oppure si dimostrano spesso autonarrazioni fallaci, seguendo cliché dell'amore romantico da cui le protagoniste spesso non riuscivano a fuggire. Ma adesso questa “voce” ha ancora senso, dopo che altre voci (Girls, Fleabag, Orange is the new black, My Crazy Ex Girfriend, I may destroy you...) hanno fatto evolvere il racconto al femminile, e non solo, verso strade più dirette, multiple, dure? Per dire: anche un teen drama come Sex Education è più esplicito e variegato ormai di Sex and the city. E poi è cambiato tutto. Quella voce era una voce degli anni Novanta e dei primi Duemila, gli anni in cui si credeva in un progresso senza fine eppure con già evidente crepe, tipo l'11 settembre. Come può quella voce raccontare l'oggi? O forse vuole essere una fuga nostalgica dall'oggi per un pubblico ormai...vecchiotto (eh sì, l'età è quella che è per tutte).

Quarto no. Che è un ni. Dopo tutto, siamo qua a parlarne ancora, e io a scriverne. HBO Max, la nuova piattaforma streaming, sta portando avanti una politica di remake e speciali per accaparrarsi spettatori. La strategia è commerciale. L'amo gettato al pubblico fedele a Carri&Co. servirà a HBO Max per fare crescere i suoi abbonati? Per ora ha generato molti articoli, come questo. Ecco appunto. Ci sono cascata pure io di nuovo!