Bread is the new bread: la nuova era del pane

Il pane non è più quello di una volta: da sinonimo di sussistenza e di nutrimento a piccolo lusso in cui indulgere. I consumi sono in calo, ma aprono nuove bakery, il cestino del pane scompare al ristorante e gli chef si danno alla panificazione – da Copenaghen a Niko Romito. Sperando che sia solo una moda
Baker holding a sourdough bread
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Pane di Niko Romito
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Il pane è nutrimento, da quando l’uomo non era ancora Sapiens Sapiens, e per quasi la globalità della popolazione vivente oggi sulla terra. Per il pane sono scoppiate rivoluzioni e si sono combattute guerre, perché questa è la base dell’alimentazione umana – o meglio, lo è stata. Oggi ne mangiamo meno, talmente meno che in 10 anni abbiamo più che dimezzato il consumo di pane: l’ultimo dato del 2016 parla di 85 g a testa. Nel 1861, anno dell’Unità d’Italia, ogni italiano ne mangiava più di un kg. Eppure il pane è il nuovo trend.

Da alimento, a indulgenza

Una volta si andava in panetteria la mattina, ogni giorno, oggi al massimo in città ci si entra la sera, dopo il lavoro, e spesso solo se si hanno ospiti. Si cucina sempre meno, si temono carboidrati e glutine, sono entrati nella nostra routine cose come quinoa e cous cous… il pane non ha vita facile nella nostra nuova alimentazione. I consumi parlano chiaro e di una lenta e progressiva diminuzione del pane artigianale a fronte di prodotti industriali, sostitutivi e surgelati. Ma se la tendenza del mercato è questa, la contro-tendenza di nicchia è quella del pane fatto con lievito madre, lunghe lavorazioni, grani di qualità. A Sud e in provincia il prezzo medio del pane è di 2,50€/kg, in città dove “il pane comune” è sempre meno si spendono serenamente 6-8€ per “pani speciali”: da alimento di sussistenza, il pane diventa un’indulgenza da gourmet, un affare per “bread nerd” e da chi può permettersi, economicamente parlando, di investire in piccoli lussi. Negli anni le vecchie panetterie hanno dovuto differenziare l’offerta e si sono trasformate in bread-bar, pasticcerie e caffetterie e provano a supplire alla poca vendita del pane diventando dei bar-tavola calda, dalla colazione all’aperitivo. Il pane è oro, metaforicamente e per i ricarichi che assicura: ma si deve riuscire a venderlo.

Sperando che nella ricerca del pane antico non sparisca la storia del pane italiano che in teoria si vorrebbe preservare.

San Francisco – Copenhagen

Le tendenze come spesso capita le si capta all’estero, negli Stati Uniti o in Europa enelle nazioni che hanno guidato le classifiche e le mode culinariedell’ultimo decennio.In questo caso bisogna guardare alla California, all’esperienza di Tartine, la bakery di San Francisco che ha influenzato a cascata molto del modo di panificare che è di moda oggi, e allaDanimarca, ai primi posti per consumo pro capite e dove lepanetteriestanno vivendo un boom. Non immaginateviil fornaio di una volta con il camice e la retina in testa, le nuove bakery sono di giovani laureati o con passati in cucine stellate che cambiano vita e si mettono a panificare. Il pane del Noma è sempre stato leggendario, servito comeunica pagnotta a centro tavola, calda e deliziosa. Dalle sue cucine e con questa idea della “centralità del pane” in testa si sono sparsi per Copenhagen discepoli che hanno aperto nuovi panifici-caffetterie. La formula funziona e la scena è in fermento: Democratic Coffee, Juno, Andersen & Maillard, e Mirabelle, del “nostro” Christian Puglisi. “Nel mondo si è fatto un gran lavoro sul pane. Uno dei migliori pani l’ho mangiato a Copenhagen, e a volte è difficile trovarlo in Italia così buono. Un assurdo, qui dove abbiamo una grande cultura del pane, grande varietà, abbondanza digrani antichi” racconta Niko Romito, chef 3 stelle Michelin che nel pane esprime un’intera filosofia di cucina, e di business.

Pane: Niko Romito

In Italia è sempre l’altissima cucina a dettare la tendenza. Niko Romito è stato il primo a servire il suo pane come vera e propria portata del menù, senza bisogno di companatico, e ha fatto del pane il simbolo della suacucina: grande ricerca, centralità dell’ingrediente, purezza e pulizia al gusto e alla vista, semplicità (almeno apparente). Questo si traduce in un solo pane, tagliato in quattro, bianco con farina tipo 0, “con tutte quelle componenti di pane fra acidità, sofficità, gusto neutro che non invade i piatti”. “La ricetta del pane è la più semplice di tutte, ma fare un buon pane non lo è per niente” spiega Romito. Perché senza fare terrorismo, è più facile usare ingredienti leciti come lieviti chimici e le polveri migliorative che riescono a far lievitare forzatamente le farine raffinate, in poco tempo, enzimi per mantenerlo soffice, emulsionanti per la conservazione. Farina, acqua e sale e lievito madre invece hanno bisogno di tanto studio, di ricerca, di prove, di tempo, di spazio, di lavoro.

“Spero che non diventi un prodotto di moda e di tendenza, perché il pane è sacro e santo.” Niko Romito

Dopo anni di perfezionamento su farine, impasti e lievitazione , il pane da Romito è diventano un nuovo progetto parallelo. A Roma apre il bistrot Spazio Pane e Caffè, dove il pane è il fulcro del menù, dalla fetta della colazione servita con marmellata, crema di nocciola etc alla fetta di pane con ragù, baccalà mantecato, ricotta e aringhe, oppure con le uova strapazzate e il guanciale, a pranzo o con cocktail di aperitivo – e lo si compra da portare a casa. Da Castel di Sangro, in un nuovo laboratorio presto in funzione, il pane grazie all’impiego della catena del freddo, arriverà in case, ristoranti e negozi, in Italia e nel mondo. “L’obiettivo è farne 1000 kg al giorno il primo anno, ma la capacità produttiva con turni di notte si arriva a 2000kg”. Perché ora? “Io ci lavoro da 4 o 5 anni, anzi dai tempi di Rivisondoli. Spero che non diventi un prodotto di moda e di tendenza, perché il pane è sacro e santo. Se ne sta parlando molto perché tanti professionisti gli hanno dato valore e l’hanno rimesso al centro della tavola. È talmente un bene primordiale, ancestrale, piace a tutti: è l’uovo di Colombo”.

Pane di Niko Romito
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La nuova era delle panetterie

Prima di parlare delle nuove aperture di nuove panetterie, bisogna citare Eugenio Pol, ex-chimico, ex-ristoratore, guru italiano della panificazione. Partito da Milano per aprire il suo panificio a Fobello in Valsesia, provincia di Vercelli, è quasi un asceta, einforna unpane primordiale, fatto di grani antichi e di lievito madre a base di Monococco, primo cereale mai stato coltivato dall’uomo. A Milano dopo il maestro Davide Longoni, hanno aperto altri giovani, da Le Polveri a Alan Locatelli, al micropanificio di Giuseppe Zen nel Mercato Comunale della Darsena [ecco la lista delle migliori panetterie di Milano]. Nuova generazione fioriscono anche a Roma, a Bologna e Torino [clicca per vedere gli indirizzi]. Nuova apertura a fine agosto, quella di Forno Collettivo, nuova impresa dei “ragazzi” del The Botanical Club che dopo aver intravisto il boom del gin e dei vini naturali, ora puntano tutto su una bakery – se due indizi fanno una prova, questo è il nuovo trend davvero. A panificare hanno portato in Italia Carol Choi, americana, che è passata proprio dai già citati Noma, Relaee, Mirabelle Bakery di Copenhagen.

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La fine del cestino del pane e forse persino delle michette

Oggi è un’usanza diffusa servire un solo pane, grazie al Noma, grazie a Niko, grazie alla consapevolezza che nell’alta cucina non serve la quantità, ma la qualità. Il cestino del pane, affollato di mille scelte, sta lentamente scomparendo fra i giovani chef. Nei ristoranti trionfa sempre di più la pagnotta tonda e piccolina, tagliata in quattro, nelle panetterie la forma è sempre quella: pane di grossa pezzatura, che esalta la lievitazione naturale, la conservazione, la proporzione fra crosta e mollica. Il pane è più buono, sperando che questa moda un po’ nordica non cancelli la nostra tradizione regionale, che è fatta di pane cafone e pane di Altamura, ma anche e sopratutto di biove, pane ferrarese, michette e ciabatte. Sperando che nella ricerca del pane antico non sparisca la storia del pane italiano che in teoria si vorrebbe preservare.