Ciccio Sultano, lo chef che cucina le dominazioni siciliane

Non manca nulla alla cucina di Ciccio Sultano, che ha abbracciato la Sicilia e l’ha raccontata con passione e rispetto, esaltandone pregi e difetti, e regalando una vera e propria esperienza sensoriale ai suoi commensali facendoli prima viaggiare nel tempo e poi tornare al presente
Ciccio Sultano lo chef che cucina le dominazioni siciliane
Ciccio Sultano, Ristorante Duomo a Ragusa
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Tutto fuorché un menù antico, quello che Ciccio Sultano propone al Duomo, ristorante due Stelle Michelin a Ragusa. Anche se è un menù che racconta il passato della Sicilia e un pezzo della sua storia. Dominazioni siciliane (questo il nome del menù) è una vera e propria danza che prende ispirazione, nei suoi passi e nella melodia, in secoli di storia e dominazioni che hanno reso la Sicilia una terra unica sia sotto il profilo culturale che enogastronomico. Qui, in questa terra contesa, hanno messo piede diverse popolazioni, sempre attratte dalla fecondità del suolo, dalla bellezza naturalistica, dalla sua posizione strategica nel Mediterraneo. Qui hanno dato tanto (hanno anche tolto), ma con tutta probabilità è proprio questo vissuto a rendere l’isola un punto magico per chiunque, oggi, voglia godere appieno di una rara forma di bellezza, che si riflette anche a tavola. Trattorie, ristoranti, cucine casalinghe, tutti conservano ricette antichissime e rivisitate, che magari hanno perso un po’ del proprio carattere, ma sono pur sempre un’esplosione si sapori unica al mondo: «Quello che per molte culture è strano, per noi è quotidiano; come l’agrodolce o l’amaro, il dolce, il salato tutto insieme, una mescolanza di sapori», dice lo chef che nel suo ristorante Duomo ha voluto dedicare un intero menù gourmet proprio ad alcune ricette cariche di storia.

L’archeologia culinaria come innovazione

Ogni ricetta racconta un’epoca, una dominazione, un popolo che qui è passato o si è stanziato, una civiltà che ha portato con sé spezie, vegetali, sistemi di allevamento, cereali, trovando terreno fertile per qualsivoglia cibo, tecnica o usanza gastronomica: «Un numero sorprendente di popoli stranieri che, dominandola, hanno arricchito il patrimonio culturale e culinario dei siciliani. Dominazioni significa anche lasciti, non solo sottomissioni. Dominazioni traccia a futura memoria una carta dei sapori della Sicilia, un compendio di cucina che ha per culla il Mediterraneo e per orizzonte il Medio Oriente, l’Europa e l’Africa, tutte affacciate su un mare circondato di terre. Un mare che avvicina e non separa, perché la cucina, come lo sport, non ha odio». È come se Ciccio Sultano avesse studiato una sorta di archeologia culinaria e l’avesse tradotta sulla tavola del ristorante. Per lui non esiste, d’altronde, alcuna innovazione che non guardi direttamente al passato e ne faccia tesoro, sono due facce di una stessa medaglia, che dialogano e si scambiano saperi e sapori. «L’una è conseguenza dell’altra e la tradizione rappresenta l’innovazione di ieri. Non si può andare avanti senza guardare indietro. In un luogo di molte vite, civiltà e ingredienti, in un’isola di isole com’è la Sicilia, l’unica cucina difendibile, per cui valga la pena battersi, è una cucina che reinventi, quotidianamente, la tradizione». LEGGI ANCHE

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Il menù che indaga le Dominazioni siciliane

Nei piatti del menù, ricette diventate iconiche come la Triglia maggiore di scoglio, ispirata ad una ricetta di Apicio e dedicata alla dominazione romana, che Sultano descrive così: «Sono partito da una salsa, ottenuta estraendo il succo del pesce, la sua quintessenza, aggiungendo sedano selvatico, olio, un po’ di colatura di alici per ricordare il famoso garum. La nota speziata e dolce, amata dai commensali di Apicio, la danno i semi di coriandolo e il vino passito». Di ispirazione in ispirazione si arriva così alla Scaccia non scaccia, rivisitazione del tipico pane farcito ragusano di tradizione ebraica, «una sorta di pane azzimo, disposto verticalmente su della salsa di pomodoro che nasconde al suo interno una crema di basilico e una crema di ragusano. Completa il piatto una spolverata di focaccia e, con effetto rinfrescante, una gelatina di pomodoro e una spuma di mozzarella di bufala». Dedicata ad Angioini e Aragonesi, antagonisti nel Regno di Sicilia, è invece la Coscia e petto di piccione in salsa fricassea: «Per Angioini e Aragonesi, campioni di caccia e di scalco, ho pensato al piccione, apprezzato per le sue carni magre. La coscia viene glassata con la carota, servita con un crumble di funghi e spezie, foglie croccanti di sanapastro o sanapo, un’erba selvatica della famiglia della cipolla che contraddistingue le campagne siciliane». Non può mancare il Timballo del Gattopardo, dedicato al celebre romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e al dominio borbonico: «È il timballo dei Gattopardi. Alla pasta brisée si aggiungono, strato dopo strato, fette di melanzana fritte, prosciutto cotto di Capitelli, formaggio ragusano fresco, maccheroni fatti in casa conditi con il sugo delle feste a base di carne di Giuseppe Grassi, maiale di Agostino Ninone Sebastiano, pollo Aia Gaia. «Il tutto amalgamato con della balsamella profumata alla vaniglia bourbon, molto più leggera e piacevole dell’originaria crema pasticcera». Si conclude con il dessert: «Il dolce Moakaffè è un doppio omaggio: al vino d’Arabia, la bevanda eccitante forse originaria di Caffa in Etiopia, propagatasi in Europa attraverso il mondo arabo e ottomano, e all’azienda produttrice di caffè Moak, l’antico nome arabo di Modica, storico partner di Ciccio Sultano. Alla base c‘è una crema al mascarpone, ricoperta di un crumble di cacao, su cui sono disposti la brioche ripiena di gelato al cardamomo e un ghiacciolo di caffè. Il piatto viene completato al tavolo versandoci sopra un espresso biofair».

Sostenibilità come visione per il futuro

Affondare la propria cucina nella storia non significa però non farlo con una chiara visione per il futuro, ed è per questo che parlare di Sultano significa anche parlare di sostenibilità. «Non può esistere rispetto per l’ambiente se non si attua prima il rispetto per gli uomini e per il loro lavoro. Il che significa lavorare sulla fiducia reciproca, difendendo l’onore proprio e altrui». Da almeno vent’anni, dall’apertura di Duomo, Sultano è naturalmente attratto da chi conosce a fondo il proprio mestiere. Il fabbisogno di pane e di pasta per i clienti e la vendita diretta viene prodotto quotidianamente, evitando così gli imballaggi e le emissioni di co2, derivanti dal trasporto. I sacchetti per lo shop a I Banchi sono biodegradabili. Il packaging per l’e-commerce è riciclato il più possibile. Per le pubblicazioni e le scatole regalo viene utilizzata carta certificata FSC. «Fin dall’inizio ho cercato e coinvolto i produttori stabilendo un rapporto di fiducia, divenuto personale, perché è il fornitore che difende il mio onore e quello del cliente. Il vero sostegno si basa sulla dignità reciproca, dal punto di vista economico e culturale». Online si trova un piccolo documentario girato da Matteo Di Callisto per Italia Chef Live in cui Sultano cucina e racconta sé stesso e il mondo che lo circonda. I fornitori ricoprano un ruolo fondamentale, e ne sono esempio l’allevatore di transumanza Giuseppe Grasso, il mastro salatore Alfio Visalli, l’affinatore di formaggi Carmelo Cilia e, ancora, Paolo Moltisanti che, non lontano da Ragusa, gestisce “L’aia gaia”, un allevamento di polli ecosostenibile.