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18 Luglio 2023
19:00

Il matrimonio nel diritto civile italiano

Il matrimonio è l'atto giuridico con cui i coniugi manifestano la volontà di suggellare il proprio rapporto davanti all'ufficiale di stato celebrante e che gli conferisce reciproci diritti e doveri. Come è disciplinato il matrimonio e quali sono le sue caratteristiche?

Il matrimonio nel diritto civile italiano
Dottoressa in Giurisprudenza
matrimonio nella costituzione e codice civile

Il matrimonio è l’istituto che unisce due persone che scelgono di legarsi giuridicamente, moralmente e, talvolta, religiosamente.

Nel nostro sistema legislativo, il matrimonio non ha una definizione univoca poiché né il Codice Civile, né la Costituzione indicano precisamente la sua definizione.

E’ indubbio che il matrimonio conferisca uno status giuridico ai due coniugi che, in forza di questo, sono chiamati a reciproci diritti e doveri.

Che cos’è il matrimonio

La Costituzione dedica al matrimonio (e più in generale alla famiglia) i suoi articoli 29-31, rientranti nel Titolo II e dedicato ai “Rapporti etico-sociali”:

  • articolo 29: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
    Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.”;
  • articolo 30: “E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio.
    Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.
    La legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.
    La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.”;
  • articolo 31: “La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, in particolare riguardo alle famiglie numerose.
    Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo".

Il Codice Civile disciplina il matrimonio a partire dal Titolo VI del Libro I. Per l’ordinamento, infatti, il matrimonio assume la duplice veste sia di atto che di rapporto.

Il matrimonio come atto giuridico attiene alla manifestazione della volontà dei nubendi innanzi al pubblico ufficiale che ne è celebrante. L’atto giuridico mette in risalto la forma della celebrazione e le condizioni necessarie per contrarre matrimonio, in loro assenza infatti sarebbe un atto invalido che non avrebbe alcun effetto.

Il matrimonio come rapporto giuridico, invece, richiama il vincolo giuridico esistente tra i coniugi, ovvero gli effetti patrimoniali e relazionali insiti nella celebrazione avvenuta.

Tuttavia, da lungo tempo la concezione del matrimonio-contratto è quella più nota nel lessico comune, nonostante questa accezione sia particolarmente discussa.

Innanzitutto, il matrimonio è un atto bilaterale, cioè un accordo con cui entrambe le parti scelgono di impegnarsi. Gli sposi non costituiscono alcun tipo di rapporto economico-patrimoniale, dal momento che invece è un’espressione tipica della volontà di entrambi e che, in quanto tali, ha dei requisiti ben precisi.

Requisiti per contrarre il matrimonio

Il matrimonio è un atto tipico, cioè affinché possa essere valido è necessario che sussistano dei requisiti ben precisi e definiti dalla legge. Le nozze sono un atto puro, non soggetto a condizioni o termini, e sono incoercibili – cioè nessuno può essere obbligato a contrarre il matrimonio.

Vediamo di seguito quali sono i requisiti per sposarsi:

  • aver conseguito la maggiore età oppure, per gravi motivi, il Tribunale può autorizzare il matrimonio di chi abbia compiuto sedici anni (art. 84 c.c., "Età");
  • non essere stati interdetti per infermità mentale (art. 85 c.c., "Interdizione per infermità di mente");
  • la libertà di stato, cioè non essere già vincolati da matrimonio o unione civile precedenti (art. 86 c.c., "Libertà di stato");

Come richiamato dall’ultimo requisito, tuttavia, chi vorrà sposarsi nuovamente dovrà innanzitutto assicurarsi che il precedente vincolo matrimoniale sia stato annullato, o che sia nullo, oppure che il matrimonio sia sciolto come conseguenza del divorzio, oppure infine che il coniuge sia deceduto.

Nell’ordinamento giuridico italiano non esiste un divieto esplicito che non consente il matrimonio omosessuale. Tuttavia la diversità di sesso dei coniugi è tra i requisiti minimi indispensabili individuati dalla giurisprudenza.

La Corte Costituzionale, con la sentenza del 15 aprile 2010, n. 138, ha definito l’unione tra persone dello stesso sesso, legate da una stabile convivenza, come “una formazione sociale, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri” e alla quale la Legge 20 maggio 2016, n. 76 ha riconosciuto la tutela e il diritto di costituire unioni civili, ma ha anche dedicato attenzione al tema della convivenza di fatto (sia per le coppie eterosessuali sia omosessuali) cui viene riconosciuto dalla legge la stabilità del proprio legame affettivo, morale e materiale e conferisce uno status equiparato ai diritti del coniuge.

Gli impedimenti matrimoniali

E’ fatto divieto di contrarre matrimonio nei casi in cui:

  • vi sia un rapporto di parentela, affinità o adozione (art. 87 c.c., "Parentela, affinità, adozione");
  • vi sia stato il delitto di una persona per sposarne il coniuge (art. 88 c.c., "Delitto");
  • per la donna, se non dopo 300 giorni dallo scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio e ciò al fine di evitare incertezze sulla paternità dei figli nati successivamente. (art. 89 c.c., "Divieto temporaneo di nuove nozze").

In questo ultimo caso, la violazione della disposizione renderà il matrimonio irregolare, la donna  e il celebrante saranno “puniti con la sanzione amministrativa da € 20 a € 82”, come previsto dall’articolo 140 del Codice Civile, ossia "Inosservanza del divieto temporaneo di nuove nozze".

Le pubblicazioni di matrimonio

Le pubblicazioni, su richiesta degli sposi, rappresentano una sorta di annuncio con cui la coppia sancisce l’ufficialità delle proprie intenzioni di convolare a nozze . Le pubblicazioni andranno affisse alla Casa Comunale di residenza dei due.

L’articolo 93 del Codice Civile, ovvero "Pubblicazione", descrive le  pubblicazioni tra le formalità preliminari del matrimonio, come:

La celebrazione del matrimonio deve essere preceduta dalla pubblicazione fatta a cura dell'ufficiale dello stato civile”.

Il procedimento delle pubblicazioni è stato semplificato ad opera del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 e ad oggi viene resa esplicita la funzione delle pubblicazioni che è di rendere nota la volontà dei due di contrarre matrimonio, consentendo all’ufficiale di stato civile di verificare l’esattezza delle dichiarazioni e controllare che non sussistano motivi di impedimento, a causa dei quali potrebbe essere proposta opposizione alla celebrazione delle nozze.

In cosa consistono le pubblicazioni?

Le pubblicazioni altro non sono che l’atto contenente il nome, il cognome, la residenza, la cittadinanza degli sposi, il luogo dove intenderanno celebrare le nozze e, infine, il periodo di affissione.

Le pubblicazioni vengono richieste almeno 3 mesi prima del giorno fissato per il matrimonio, restano poi affisse presso la Casa Comunale (e l’Albo Pretorio on-line) per 8 giorni al termine dei quali vanno attesi ulteriori 3 giorni per la proposizione di eventuali opposizioni alla celebrazione.

Le forme di matrimonio

Il sistema matrimoniale italiano prevede diversi tipi di matrimonio, ovvero quello:

  • civile;
  • concordatario;
  • acattolico.

Vediamo di seguito le caratteristiche e le differenze di queste forme matrimoniali.

Il matrimonio civile

Per secoli, il matrimonio è stato regolato dalla Chiesa. Dopo il processo di unificazione e fino al Concordato del 1929, il matrimonio civile era l’unica forma di nozze legalmente riconosciuta dallo stato.

Prima di tale data, infatti, il matrimonio religioso non era riconosciuto come giuridicamente valido, con il risultato che le coppie sceglievano di svolgere la doppia celebrazione e ottenere così il riconoscimento.

Il matrimonio concordatario

Il matrimonio concordatario è il matrimonio celebrato alla presenza del ministro del culto cattolico (ovvero il sacerdote) e che acquista gli effetti civili richiesti dalla legge nel momento in cui ne viene trascritto l’atto di celebrazione nei registri dello stato civile e previe pubblicazioni nella casa comunale.

L’ufficiale di stato civile, compiute le verifiche e i controlli necessari alla veridicità delle dichiarazioni e all’insussistenza di eventuali impedimenti, rilascia il certificato di nulla osta alla celebrazione del matrimonio.

Giunti al momento del rito religioso, il celebrante al termine dell funzione dà lettura dei diritti e dei doveri riconosciuti ai coniugi dal Codice Civile, come segue:

  • Articolo 143 c.c., intitolato "Diritti e doveri reciproci dei coniugi"
    Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri.Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione.Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia”;
  • Articolo 144 c.c., rubricato "Indirizzo della vita familiare e residenza della famiglia"
    I coniugi concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa. A ciascuno dei coniugi spetta il potere di attuare l’indirizzo concordato”;
  • Articolo 147 c.c., rubricato "Doveri verso i figli"
    Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall’articolo 315-bis”.

L’atto di matrimonio in doppio originale, a questo punto, verrà trasmesso dal parroco celebrante – entro i 5 giorni successivi alla celebrazione del rito – all’ufficiale di stato civile del Comune indicato, al fine di procedere alla trascrizione. I coniugi nel corso della redazione dell’atto hanno la possibilità di indicare la propria scelta circa il regime di comunione oppure separazione dei beni, così come del riconoscimento di eventuali figli nati fuori del matrimonio.

Entro le successive 24 ore dalla ricezione dell’atto, l’ufficiale di stato civile del Comune provvede alla trascrizione e ne dà comunicazione al parroco.

Su richiesta degli sposi, la trascrizione dell’atto di matrimonio può anche essere compiuta tardivamente. In ogni caso, è bene ricordare che la richiesta di trascrizione può anche essere rigettata in mancanza di uno dei requisiti necessari per contrarre il matrimonio, primo tra tutti il conseguimento della maggiore età.

Il matrimonio acattolico

Come il matrimonio concordatario, ma con le regole previste per il matrimonio civile è possibile parlare anche del matrimonio acattolico.

Il matrimonio acattolico – o come prevede la disciplina dell’articolo 83 del Codice Civile, Matrimonio celebrato davanti a ministri dei culti ammessi nello Stato– rappresenta la consacrazione del riconoscimento dei culti diversi da quello cattolico e che, fino al 1942, erano ammessi come mere tolleranze e non piene libertà. Con l’entrata in vigore della Costituzione, è più corretto definirle confessioni acattoliche.

L’atto matrimoniale e il rapporto giuridico che si instaurano prevedono le stesse particolarità richiamate già dal matrimonio civile e, invece di essere celebrato dall’ufficiale di stato civile, è celebrato dal ministro di culto acattolico e poi approvato dall’ufficiale in questione.

Il ministro di culto deve essere cittadino italiano che, approvato dal Ministro degli Interni, è nominato tra gli organismi competenti della confessione di appartenenza.

L’ufficiale di stato civile e la volontà dei nubendi

L’atto di matrimonio si caratterizza per il fatto che allo stesso partecipano tre persone: i coniugi e l’ufficiale di stato civile.

La funzione assunta dall’ufficiale di stato civile è imprescindibile, poiché è solo dopo che questi abbia dichiarato che le parti sono unite in matrimonio, che l’atto matrimoniale si ritiene esistente.

La volontà dei nubendi è la spinta dell’intero rapporto matrimoniale, solo con il loro consenso (ovvero pronunciando il “sì” alle fatidiche domande di rito “vuoi tu…?”) il matrimonio passa dall’essere un rapporto di affezione al diventare un vincolo giuridicamente rilevante.

Chi è l’ufficiale di stato civile?

Ai sensi dell’art. 1 del d.P.R. 396/2000, sono ufficiali dello stato civile il sindaco – in qualità di ufficiale del Governo – il vicesindaco, il consigliere comunale delegato dal sindaco a sostituirlo, il commissario prefettizio, le autorità diplomatiche e consolari, i comandanti di navi, i commissari di bordo, i comandanti di aeromobili e i direttori sanitari.

La promessa di matrimonio

La promessa di matrimonio è quell’atto con cui le parti si impegnano a contrarre il matrimonio. Può essere fatta sia reciprocamente, ovvero da entrambi i futuri sposi, oppure soltanto da uno dei due.

E’ bene ricordare che la promessa di matrimonio è una dichiarazione volontaria e, in quanto tale, libera. Non obbliga i nubendi a contrarre le nozze, né prevede alcuna conseguenza in caso di mancata celebrazione. Sulla scorta di ciò, la promessa di matrimonio non può essere il frutto di alcuna forma di coercizione poiché la facoltà (o meno) di sposarsi è un diritto fondamentale.

Per sua natura, la promessa di matrimonio può essere solenne oppure semplice, in questo secondo caso non è soggetta a requisiti di forma e capacità dal momento che funge da “affermazione sociale” della propria volontà. In quanto tale non produce effetti particolari, eccezion fatta per l’obbligo di restituire i doni.

Il Codice Civile disciplina la promessa di matrimonio dall’articolo da 79 a 81. Vediamo di seguito le particolarità previste dalla legge.

Quali documenti per la promessa di matrimonio?
La promessa di matrimonio in Comune necessita di alcuni documenti, ecco quali sono:

  • documento d'identità in corso di validità;
  • l'estratto di nascita da richiedersi presso i rispettivi comuni di residenza.

I documenti possono essere presentati anche a mezzo di un delegato provvisto di opportuna delega.

La revocabilità della promessa

E’ possibile revocare la promessa di matrimonio, fino al momento della celebrazione poiché, proprio come il matrimonio, anche la promessa non può essere frutto di alcun tipo di coercizione.

Ogni clausola o postilla tesa a prevedere l’obbligo di una qualche prestazione oppure il pagamento di una penale per le nozze saltate, è nulla.

Al pari, è nullo quel patto con cui sia stata prevista la corresponsione di una caparra per la celebrazione del matrimonio, dal momento che non può ritenersi valida in questo contesto la cd. clausola premiale.

Il fidanzamento ufficiale e la restituzione dei doni

Cosa succede ai doni ricevuti se vi è la rottura del fidanzamento ufficiale?

L’articolo 80 del Codice Civile, cioè "Restituzione dei doni", disciplina a tal proposito che:

Il promittente può domandare la restituzione dei doni fatti a causa della promessa di matrimonio, se questo non è stato contratto.

La domanda non è proponibile dopo un anno dal giorno in cui s'è avuto il rifiuto di celebrare il matrimonio o dal giorno della morte di uno dei promittenti”.

Ciò che precisa la norma è che, a prescindere dalle motivazioni che abbiano portato alla rottura del fidanzamento ufficiale, colui che ha donato ha il diritto di chiedere indietro i regali.

La particolarità però sta nel fatto che i doni in questione devono essere stati regalati perchè finalizzati alla promessa di matrimonio.

Sul punto, non sono mancano le pronunce della Corte di Cassazione, ad esempio:

  • Corte di Cassazione Civile, sezione I, ordinanza del 25 ottobre 2021, n. 29980
    I doni tra fidanzati, nell’ottica dell’art. 80 c.c., sono vere e proprie donazioni e in quanto tali, rimesse alla disciplina prevista dalla legge. Così come le donazioni di tipo immobiliare.
    A tal proposito, al fine cioè di poter richiedere la restituzione di quanto donato, bisognerà accertare che il dono sia stato “a causa della promessa di matrimonio”, poiché solo in quel caso il rapporto tra colui che dona e chi riceve, assume per effetto recessivo, la connotazione esistente tra venditore e acquirente;
  • Corte di Cassazione Civile, sezione I, sentenza 8 febbraio 1994, n. 1260
    I regali ricevuti nel preesistente fidanzamento e fatti “a causa della promessa di matrimonio” devono essere restituiti al promittente, a prescindere dai motivi della rottura.

La promessa solenne e l’obbligo risarcitorio ex lege da recesso

Cosa succede nel caso di rottura del fidanzamento dopo le pubblicazioni?

La legge prevede a carico di chi, senza giusto motivo, scelga di rompere il fidanzamento prossimo al matrimonio una forma di responsabilità o, più correttamente, un’obbligazione ex lege che possa quanto meno rimborsare la controparte dell’importo delle spese sostenute in vista del matrimonio.

Pertanto, è previsto il risarcimento dei danni, escludendo quelli morali, a tutela del nubendo che abbia sostenuto delle spese per il matrimonio, così facendo un incolpevole affidamento sulla celebrazione.

Pensiamo al caso in cui Tizio e Caia abbiano richiesto le pubblicazioni del matrimonio, compiendo così la propria promessa solenne. Nel pieno dei preparativi e a pochi giorni dalle nozze, Tizio decide di rompere il fidanzamento. Cosa ne è delle spese per i preparativi ormai sostenute?

Le conseguenze sono spiegate dall’articolo 81 del Codice Civile, rubricato "Risarcimento dei danni":

La promessa di matrimonio fatta vicendevolmente per atto pubblico o per scrittura privata da una persona maggiore di età o dal minore ammesso a contrarre matrimonio a norma dell'art. 84, oppure risultante dalla richiesta della pubblicazione, obbliga il promittente che senza giusto motivo ricusi di eseguirla a risarcire il danno cagionato all'altra parte per le spese fatte e per le obbligazioni contratte a causa di quella promessa. Il danno è risarcito entro il limite in cui le spese e le obbligazioni corrispondono alla condizione delle parti .

Lo stesso risarcimento è dovuto dal promittente che con la propria colpa ha dato giusto motivo al rifiuto dell'altro.

La domanda non è proponibile dopo un anno dal giorno del rifiuto di celebrare il matrimonio”.

Opposizione al matrimonio

E’ possibile opporsi al matrimonio, così come previsto dagli artt. 102-104 c.c.

Le cause che legittimano l'opposizione al matrimonio sono quelle sostanziali, ovvero l’assenza dei requisiti necessari previsti per poter contrarre matrimonio (maggiore età, non essere stati interdetti, la libertà di stato).

L’atto di opposizione deve essere proposto con ricorso al Presidente del tribunale del luogo ove sono state affisse le pubblicazioni il quale poi, con decreto, fisserà la data entro cui i nubendi dovranno comparire innanzi ai giudici.

Possono proporre opposizione i parenti come i genitori, gli ascendenti e i collaterali entro il terzo grado, così come il pubblico ministero – eventualmente informato dall’ufficiale di stato civile per la sussistenza di uno dei requisiti richiesti dalla legge e non dichiarati – citando gli sposi e l’ufficiale di stato civile in Tribunale.

Come si celebra il matrimonio

Il matrimonio civile è celebrato pubblicamente presso il Comune, davanti all’ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni. Dopo la lettura dei rispettivi diritti e doveri riconosciuti agli sposi, di cui agli artt. 143, 144 e 147 c.c., la coppia pronuncia il proprio consenso e l’ufficiale dichiara l’avvenuto matrimonio.

Viene redatto l’atto matrimoniale e ne viene data successivamente lettura.

E’ possibile farsi sposare da un amico?

La risposta è sì, purché la persona rispetti alcuni requisiti obbligatori:

  • essere maggiorenne;
  • godere dei diritti civili e politici;
  • che goda dei requisiti tali da poter essere eletto consigliere comunale.

Inoltre, è previsto come caso di incompatibilità dalla legge: “L’ufficiale dello stato civile non può ricevere gli atti nei quali egli, il coniuge, i suoi parenti o affini in linea retta in qualunque grado, o in linea collaterale fino al secondo grado, intervengono come dichiaranti”.

Ovvero, non può celebrare il matrimonio chi è legato ai coniugi da un vincolo di parentela di primo grado in linea diretta.

I nubendi dovranno comunicare all’Ufficio Pubblicazioni del Comune presso cui intendono celebrare il rito che intendono avvalersi della previsione di cui al comma 3, articolo 1, del d.P.R. 396/2000 e indicare le generalità della persona scelta.

La prova del matrimonio

E’ possibile provare di aver contratto le nozze esclusivamente munendosi dell’atto di matrimonio. Nel caso in cui però fossero stati smarriti o andati distrutti i registri dello stato civile, sarà possibile provare le nozze con ogni mezzo in proprio possesso.

Le prove della celebrazione del matrimonio sono disciplinate a partire dall’articolo 130 c.c. e seguenti.

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Virginia Sacco
Dottoressa in Giurisprudenza
Laureata in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Napoli - Federico II, ho seguito le mie passioni specializzandomi prima in Intelligence istituzionale e, successivamente, in Diritto dell'Unione Europea. Nel corso degli anni ho preso parte a eventi, attività e progetti a livello europeo e internazionale, approfondendo i temi della cooperazione giudiziaria e del diritto penale internazionale. Su Lexplain scrivo di diritto con parole semplici e accessibili.
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