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Questi anfibi vermiformi producono una saliva velenosa?

Il veleno è pressoché assente nel mondo anfibio. Un fatto che rende queste creature, perlopiù cieche e senza arti denominate cecilie, estremamente insolite.

DI JASON BITTEL

pubblicato 03-01-2024

Questi anfibi vermiformi producono una saliva velenosa?

La Cecilia messicana (Dermophis mexicanus) (nell’immagine, un esemplare nello Zoo di St. Louis, nel Missouri) è una delle 200 specie conosciute di anfibi sotterranei.

FOTOGRAFIA DI JOEL SARTORE, NATIONAL GEOGRAPHIC PHOTO ARK

Le cecilie sono delle creature vermiformi provviste di denti dalla pelle liscia e lucida, e assomigliano molto ai serpenti. Tuttavia, gli scienziati sono stati sorpresi nello scoprire che la saliva di alcuni di questi animali apodi potrebbe essere velenosa, e che potrebbe trattarsi di uno dei primi esempi di veleno mai trovato negli anfibi.

Quasi 200 specie di cecilie vivono nelle foreste tropicali di tutto il mondo, passando dall’Idiocranium russeli lungo 9 centimetri in Camerun fino al gigantesco Caecilia thompsoni, di quasi un metro e mezzo, in Colombia.

La maggior parte di questi animali vive sottoterra, motivo per cui “sono forse il gruppo di vertebrati meno conosciuto”, afferma Carlos Jared, biologo evoluzionista presso il Butantan Institute di San Paolo, in Brasile, e autore di uno studio del 2020 su questi animali. Addirittura, alcune specie si sono così adattate alla vita sotterranea che non hanno gli occhi.

Agli scienziati era già noto che le cecilie hanno tre file di denti aguzzi – due nella mascella superiore e una nella mascella inferiore – che probabilmente aiutano questi predatori a catturare e inghiottire i lombrichi. Ma osservando quelle catturate in Brasile, Jared ha scoperto una serie di ghiandole dentali mai descritte prima che producono saliva e, forse, enzimi velenosi. 

Se questa saliva fosse davvero velenosa, le implicazioni sarebbero sorprendenti; lo dice Emma Sherratt, biologa evoluzionista presso l’Università di Adelaide in Australia, che non ha preso parte allo studio.

Innanzitutto, significherebbe che il veleno si è evoluto in modo indipendente sia negli anfibi che nei rettili (il che metterebbe in discussione quello che credevamo di sapere sulla sua evoluzione), inoltre, introdurrebbe un’interessante domanda: perché allora le rane e le salamandre non hanno la saliva velenosa?

Questi anfibi vermiformi producono una saliva velenosa?

Un esemplare da museo di una cecilia gigante (Caecilia pachynema) “ci mostra” le tre file di denti. 

FOTOGRAFIA DI ALEJANDRO ARTEAGA

L’unico altro anfibio velenoso noto è la Corythomantis greeningi, conosciuta anche come rana di Greening. Trovata in Brasile, questa “punge” attraverso una combinazione di ghiandole velenose e aculei appuntiti sul suo muso.

Scavatori esperti 

Gli scienziati avevano riscontrato la presenza di queste ghiandole dentali nelle cecilie dell’isola Frégate già nel 1935, ma le avevano scambiate per ghiandole mucose (molto comuni negli animali).

Jared afferma che le ghiandole sulla testa delle cecilie, ad esempio, producono una sostanza lubrificante che gli permette di spostarsi più agilmente nel terreno. All’altra estremità, ovvero sulla loro coda, sono presenti ghiandole che producono veleno, presumibilmente per scoraggiare i predatori dall’inseguirle nei loro percorsi sotterranei. 

Per questa ricerca il responsabile Pedro Luiz Mailho-Fontana, anch’egli biologo evoluzionista presso il Butantan Institute, e i suoi colleghi hanno eseguito analisi su campioni di saliva di due esemplari adulti di cecilia anulata (Siphonops annulatus) per determinare quali sostanze chimiche contenessero. Hanno trovato una famiglia di enzimi chiamato fosfolipasi A2, diffuso tra le creature velenose come vespe, scorpioni e serpenti.

Come descritto nello studio pubblicato il 3 luglio 2020 sulla rivista iScience, il team ha sottoposto a eutanasia quattro esemplari per studiarne la composizione fisica della struttura delle ghiandole esaminando due degli animali con un microscopio elettronico. 

Gli scienziati avrebbero voluto osservare più esemplari, ma Mailho-Fontana afferma che le cecilie sono difficili da trovare e possono essere necessarie fino a 20 ore per individuare uno di questi esperti scavatori e tirarlo fuori dal terreno. 

La funzione della saliva tossica 

Una volta reperiti nuovi esemplari, Mailho-Fontana spera di poter collaborare con esperti del settore biochimico e farmacologico per comprendere la vera funzione di queste ghiandole. La sua ipotesi è che la saliva le aiuti sia a neutralizzare i giganteschi lombrichi che predano che nel processo di digestione.

Quando si parla di animali velenosi, nell’immaginario collettivo si pensa alle punture delle api e ai morsi dei serpenti; ma Mailho-Fontana afferma che molti veleni sono il risultato dell’evoluzione della saliva. All’inizio, il liquido nelle fauci potrebbe aver avuto la funzione di lubrificare, poi forse è mutato per favorire meglio il processo digestivo e infine ha sviluppato una caratteristica nociva. Tra gli animali che hanno la saliva velenosa ci sono serpenti, varani di Komodo e mammiferi come toporagni, lori lento e pipistrelli.

Alejandro Arteaga, biologo e presidente di Tropical Herping, una compagnia turistica specializzata nell’osservazione di rettili e anfibi, ha raccontato via e-mail di essere stato più volte morso dalle fauci – che ci ricordano un po’ Alien delle cecilie, e di non aver avuto nessuna conseguenza “a parte l’immediato dolore per il morso in sé”. 

È concorde con gli autori nel ritenere che, se c’è, il veleno probabilmente si è adattato per aiutare le cecilie a catturare o decomporre le prede (e non per difendersi dai predatori).

“Ci sorprendono continuamente”

Kevin Arbuckle, tossicologo evoluzionista presso l’Università di Swansea, nel Regno Unito, afferma che data la limitata conoscenza che abbiamo di questi animali è “sicuramente plausibile” che le cecilie siano velenose.

Ma lo studioso ha affermato che l’analisi degli enzimi non è “particolarmente convincente”. “Tutte le ghiandole orali producono una vasta gamma di enzimi, compresi molti di quelli elencati”. In altre parole, questi animali potrebbero averli nella saliva senza presentarne una varietà velenosa.

“Detto questo, quello del 2020 è chiaramente un articolo interessante e non ho dubbi che incoraggerà molti studi di verifica e approfondimento, che miglioreranno notevolmente la nostra conoscenza di un gruppo di vertebrati sui quali sappiamo poco”, afferma.

Sherratt aggiunge che, pur rappresentando un “importante contributo”, l’articolo “ci lascia con molte più domande che risposte”.

“Ma questa è la peculiarità delle cecilie”, dice. “Ci sorprendono continuamente”.

Questo articolo è stato pubblicato originariamente in lingua inglese su nationalgeographic.com.