Il Gusto

Ciccio Sultano, i cinque cappelli al cuoco che ha portato la cucina siciliana nel Terzo Millenio

Ciccio Sultano, i cinque cappelli al cuoco che ha portato la cucina siciliana nel Terzo Millenio
La reazione: "E pensare che avevo deciso di chiudere proprio nel 2020. Poi per fortuna ho cambiato idea"
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Ciccio Sultano è un cuoco autodidatta, ma anche uno chef che è andato a New York dai  Bastianich a New York per studiare cosa significa essere imprenditore nella ristorazone. E' un cuoco antropologo, capace di scavare nella storia e nei prodotti della sua terra, la Sicilia, come pochi studiosi hanno saputo fare. E di tradurre quella storia e quei prodotti in piatti che sono, al tempo stesso, musica jazz e architettura barocca. Il suo locale, poi, il Duomo, in quel gioiello che è Ragusa Ibla, è semplicemente uno dei più belli d’Italia. Un ristorante da Cinque cappelli, appunto, come la Guida dell’Espresso 2021 ha finalmente riconosciuto.     

Sultano, il Duomo ha compiuto 20 anni da poco. Questo riconoscimento è un punto d’arrivo?

“Ma che punto d’arrivo… A dire il vero nel 2015 avevo deciso che, proprio nel 2020,  avrei chiuso e riconvertito tutte le mie aziende. Poi  ho cambiato idea e deciso di rilanciare. Non so se sia stata una decisione intelligente, certo non sono stato Nostradamus visto ciò che poi è successo, ma nel 2018 ho acquistato i muri del ristorante, lo ho ristrutturato e ho creato il laboratorio di ricerca e sviluppo, nonché un salotto di incontri e di idee. Ho cooptato nella famiglia Fabrizio Fiorani come pasticcere e oggi facciamo dolci al livello dei piatti salati”  

Si è pentito di aver rilanciato?

“No, perché sono del parere che se uno ha un obiettivo o lo porta avanti seriamente o lascia perdere. E se L’Espresso ci ha premiato anche per il ristorante con la migliore performance d’Italia vuol dire che adesso nel nostro locale il servizio, il vino e la cucina vanno di pari passo e ad alto livello. Ne sono orgoglioso perché è un riconoscimento anche al mio staff e alla mia terra, la Sicilia”

La sala del ristorante Duomo a Ragusa
La sala del ristorante Duomo a Ragusa 
L'amore per la Sicilia

Una terra che lei ama in modo  viscerale

“Sì, al Duomo abbiamo messo la Sicilia al centro e l’abbiamo tradotta in tutte le lingue. Perché quando noi raccontiamo un prodotto al mondo dobbiamo raccontare cosa siamo e dove siamo. E’ fondamentale. I cappelli dell’Espresso, le stelle e così via ci fanno un gran piacere e ce li appuntiamo al petto con orgoglio. Ma non ci devono distrarre dal cliente: l’obiettivo principale del nostro lavoro è il nostro commensale, è occuparci della sua felicità”

Oggi vanno di moda la sostenibilità, la cucina ecocompatibile

“E noi la facciamo da vent’anni, essere onesti nei confronti dei prodotti e dei clienti è qualcosa che bisogna avere dentro. E noi sappiamo solo fare le cose fatte bene”.

E avete la fortuna di essere in un luogo meraviglioso

“Sì, siamo in un palazzo del Settecento, uno dei tredici palazzi che sono patrimonio Unesco, in quel borgo straordinario che è Ragusa Ibla, e anche per questo l’abbiamo acquistato, facendo un investimento importante. Certo il luogo è importante, ma quello che ho fatto qui, in cucina, avrei potuto farlo anche a Catania e Palermo. Noi abbiamo creato un movimento in tutta l’isola, abbiamo portato l’innovazione e gli altri ci sono venuti dietro.  E ne sono felice, oggi la Sicilia è ricca di ottimi ristoranti. E noi possiamo pensare al futuro”

I nuovi progetti

Cosa vi riserva il futuro?

“Abbiamo rinforzato la squadra di cucina con un altro ragazzo, Alessandro Fornaro, che era con Bombana a Hong Kong e vogliamo crescere ancora, perché non c’è nulla di più sbagliato che credere di sapere già tutto. E c’è un progetto che parte dalla testa di Sultano cioè dalla mia, un tema su cui lavoriamo per il 2021 2022: “Santi, sante e dee”. Con le donne al centro perché la Sicilia è donna e dedicheremo molte ricette al mondo femminile, ma anche alla religiosità. Il 1 giugno, domani, riapriamo e speriamo per non fermarci più” .

L'ingresso del ristorante
L'ingresso del ristorante  

Avete progetti anche fuori dalla Sicilia?

"A  ottobre apriremo il primo W Hotel Brand di Marriott International a Roma in via Liguria vicino a via Veneto, un albergo da 160 stanze, un luogo frizzante per giovani e artisti di tutto il mondo. E poi c’è Cucina Pastamara a Vienna nel Ritz Carlton, una piazza bellissima dove dalle 8,30 a mezzanotte si vive la metamorfosi di un posto magnifico”

Sultano, ma a che punto è la cucina italiana oggi?

“Non è mai stata così importante e così capace di dare felicità. Ma, soprattutto tra i cuochi più giovani, ha bisogno di ritrovare un’identità. Non bisogna diventare succubi di tendenze che arrivano dall’estero, snaturandoci. Fare grande cucina oggi in Italia significa avere un’idea, un progetto al servizio di un territorio. L’Italia è una serie infinita di grandi territori gastronomici. Un turista che  viene da noi, straniero ma anche italiano, ha bisogno di due cose: mangiare bene, sentendo di essere in quel posto, deve riconoscere il territorio nel piatto”

La pandemia non vi ha aiutato. E’ preoccupato per il futuro?

“Certo in questo anno  e mezzo non c’è stata abbastanza attenzione, direi addirittura non c’è stato rispetto per quello che la ristorazione e l’enogastronomia significano per l’Italia. Rispetto che altri paesi hanno avuto. Oggi se non riusciamo ad aiutare il rilancio della gastronomia italiana da Bolzano a Capo Passero rischiamo di distruggere un mondo che è fatto dalle osterie come dal grande ristorante, dalla gastronomia alla pizzeria. Un mondo di persone che coltivano che pescano, che allevano. Una grande economia che va concimata, salvata, nutrita”.