Il Gusto

Ernesto Iaccarino e il Don Alfonso 2.0: "La tradizione? Un trampolino per volare alto"

 Cappellaccio di pasta fresca, ripieno di dentice, brodo di zucca piccante e salsa di carote allo zenzero
 Cappellaccio di pasta fresca, ripieno di dentice, brodo di zucca piccante e salsa di carote allo zenzero 
Una svolta verde, ma non vegetariana, quella del bistellato ristorante di Sant'Agata sui due Golfi, che gioca tra orto e mare per le novità di quest'anno, perfettamente intrecciate con i grandi classici
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Come gli artisti e gli uomini di ingegno, i grandi cuochi leggono i segni del tempo e ne interpretano il carattere a tavola, cogliendone lo spirito migliore. Qua, a Sant’Agata sui Due Golfi, è accaduto mezzo secolo fa con Alfonso Iaccarino, codificatore e padre della cucina moderna del Mezzogiorno. Nel corso del tempo, complice l’instancabile e solare moglie Livia, ha costruito un resort di fama internazionale, che si è poi rivelato il punto di partenza attorno al quale si è andato sviluppando un polo di attrazione gastronomica con pochi eguali al mondo.

Come succede agli alberi particolarmente prolifici, sotto di lui e seguendo il suo esempio, sono germogliati decine di frutti felici, trasportati dal vento lungo le due Costiere, da Castellammare a Sorrento, e da Nerano fino ad Amalfi. Ma il frutto migliore è nato in casa, con Ernesto, che da giovane virgulto s’è fatto fusto, ha messo radici proprie e, salito da tempo alla ribalta, s’è assunto il compito di guidare la cucina, in parallelo col fratello Mario, che dirige e governa il Relais. Certo, Don Alfonso vigila, ma appena può scappa. Ufficialmente deve andare ad occuparsi della tenuta agricola affacciata sul mare di Capri, da cui vengono tanti prodotti biologici della casa, ma in realtà la sua passione è il nipote che proprio Ernesto gli ha dato e che lui, da nonno orgoglioso, porta a scoprire piante e animali nell’incanto delle Peracciole.


Un doppio passaggio di generazione che rende ancor più responsabile lo chef. Tocca a lui reinterpretare la storia di casa: “Solo dopo aver studiato approfondito e rispettato la tradizione si ha il diritto di metterla da parte, sempre con la consapevolezza che le siamo debitori”. La dichiarazione di intenti con la quale si presenta agli ospiti, diventa un manifesto: “Naturalmente, se si resta ancorati al passato, la vita che continua diventa vita che si ferma. Ma se ci serviamo della tradizione come di un trampolino, è ovvio che salteremo assai più in alto!”.

Eccolo, il balzo spiccato da Ernesto, e maturato lentamente nei vent’anni passati ai fornelli: una svolta verde, giammai vegetariana ma fortemente vegetale! La morbida macchina da guerra degli Iaccarino’s gira silente nelle sale luminose dove il rosa delle pareti si stempera nel bianco del pavimento, mentre Livia controlla il servizio e i giovani della brigata. Fuori dalla finestra, in giardino, un nutrito gruppo di gourmet arrivati da lontano osserva quasi a bocca aperta l’incanto della pergola coperta di glicine.
Ricordo che l’attenzione all’ambiente e la lotta agli sprechi non sono certo una novità, come l’attenzione discreta del maître Paolo Gargiulo e la precisione di Maurizio Cerio, sorridente sommelier custode di una cantina delle meraviglie. Quando la squadra è una sicurezza hai ancora più voglia di divertirti, ed Ernesto gioca come non ha mai giocato prima, lungo un sentiero nel quale attinge a piene mani sia nel patrimonio che gli offrono questa terra e questo mare, sia nelle esperienze che ha accumulato girando per i locali di mezzo mondo. Potrei raccontarvi dei piatti che hanno fatto storia. Potrei raccontarvi gli strascinati del Nonno, cannelloni aerei sospesi su un ragù di pomodoro, basilico e mozzarella; potrei cantar le lodi dell’uovo in tegamino con burrata e tartufo nero, tanto leggero che pare pensato per una clinica della salute per ghiottoni. E sarebbe una cattiveria non citare i nudi di ricotta in consommé ai sentori di verbena
 Uovo in tegamino con burrata e tartufo nero
 Uovo in tegamino con burrata e tartufo nero 

L’introduzione migliore al pranzo si rivela il dentice marinato allo yogurt di bufala, limone e peperoncino, insieme a un esplosivo ceviche nostrano, con salsa di sesamo bianco e ortaggi, invenzione che esalta il gioco dei contrasti e delle consistenze, tra Perù e Cilento. Orto e mare regnano sovrani tra le novità dell’anno, parecchie e notevoli tutte. Le verdure primaverili raccolte a Punta Campanella profumano del salmastro soffiato dal vento di Ponente, sostenute da un puntuto cremoso di rafano, mentre bistecca degna di Nettuno si presenta al palato la formidabile cernia ai sentori di vaniglia e limone su battuto di patate, zabaione alla colatura di alici e cenere di vegetale. Da provare! Terra e mare, terra e mare, terra e mare in mille modi. Ad accompagnare il merluzzo, crema di cavolfiori, funghi pioppini e tartufo nero. A scortare bocconcini di tonno, semi di sesamo nero, e una scarica possente di salsa di cipolle rosse e prezzemolo.

E la pasta? La carne? Obiezione accolta, attento lettore: eravamo rimasti distratti dalle new entry, ma sarebbe stata una grave mancanza. Colmiamo la prima con un cappellaccio di pasta fresca, ripieno di dentice, brodo di zucca piccante e salsa di carote allo zenzero, la seconda è un’esperienza rara: sia perché si tratta di un’oca selvatica, sia perché ad abbatterla in Ungheria è stata la mira di Don Alfonso e anche per la cottura ‘mediterranea’ che le ha riservato Ernesto, lasciandone la crosta croccante, e smussandone la forza del selvatico con un fondo al cacao, una salsa di frutti rossi e la purea di mela annurca.

Trionfo di dolci in ordine sparso, prima del caffè in giardino. Uno su tutti, concerto ai profumi e sapori di limone. Per me due dita di un’acquavite alsaziana di lampone. Selvatico. Merci!