Daniele
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In questo appunto si parla di Giovanni Verga che è considerato come uno degli intellettuali più importanti della letteratura italiana operante nel contesto storico letterario dell'Ottocento. Giovanni Verga è conosciuto come il padre fondatore del verismo in Italia e nelle sue opere rappresenta scene umili tratte da contesti di vita quotidiana. Lo scrittore italiano è nato in Sicilia nel 1840 e scrive dei romanzi molto noti, come per esempio I Malavoglia in cui lo scrittore siciliano descrive le vicende di una famiglia di pescatori, il cui capostipite è Padron N'toni.
Nel romanzo, tra i più celebri di Verga, vengono descritte scene di vita quotidiana e di vita semplice. Tra gli altri romanzi di Giovanni Verga ricordiamo La roba, La lupa, Fantasticheria, Cavalleria Rusticana, Rosso Malpelo, in cui vengono descritte le vicende del giovane Rosso Malpelo che lavora in età molto giovane. In questa novella viene descritto tantissimo il tema dello sfruttamento minorile, all'epoca molto diffuso nelle fabbriche e in molti luoghi di lavoro.

Indice
Vita e Opere di Giovanni Verga - Versione alternativa 1
Verga e il verismo
Biografia e Opere di Verga - Versione alternativa 2
Vita e Opere di Verga, riassunto - Versione alternativa 3
Poetica e opere di Verga - Versione alternativa 4
Pensiero di Verga - Versione alternativa 5
Vita e Opere di Verga, sintesi - Versione alternativa 6
Analisi delle opere di Verga - Versione alternativa 7
Biografia e pensiero di Verga - Versione alternativa 8

Vita e Opere di Giovanni Verga

La vita: Verga nacque a Catania nel 1840 da una famiglia di proprietari terrieri. Si dedicò al lavoro letterario e al giornalismo politico senza prima finire gli studi e questa formazione irregolare segna la sua fisionomia di scrittore particolare, che si allontana dalla tradizione di autori con una profonda cultura umanistica. Il gusto di Verga si forma attraverso gli scrittori francesi moderni di vasta popolarità, ai limiti con la letteratura di consumo; insieme ai romanzi storici italiani, queste letture lasciano un'impronta sensibile nei primi romanzi di Verga.
Nel 1872 si trasferisce a Milano, centro culturale più vivo della penisola, dove entra a contatto con gli ambienti della Scapigliatura. Nel 1878 avviene la svolta verso il Verismo, con la pubblicazione di Rosso Malpelo. Ai soggiorni a Milano si alternano i ritorni in Sicilia dove torna a vivere definitivamente a partire dal 1893. Dal 1903 Verga si dedica alla cura delle sue proprietà agricole, e le sue posizioni politiche si fanno sempre più chiuse e conservatrici. Muore nel 1922.

I romanzi preveristi: La produzione significativa di Verga inizia con i romanzi composti a Firenze e poi a Milano.
Il romanzo “Una peccatrice” (1866) fu pubblicato in Catania, ma successivamente ripudiato; è un romanzo autobiografico che narra la storia, in toni enfatici e melodrammatici, di un intellettuale borghese siciliano, che arriva al successo e alla ricchezza, ma vedendo l'amore per la donna sognata ed adorata negato, si suicida.
Storia di una capinera” (1871) è un romanzo di notevole successo pubblicato a Firenze,dove si narra la storia di un amore impossibile e di una monacazione forzata.
Il romanzo “Eva” viene cominciato a Firenze e concluso a Milano, narra la storia di un giovane pittore siciliano che brucia le sue illusioni e i suoi ideali artistici nell'amore per una ballerina, che è il simbolo della corruzione in una società materialista. Lei è protesa verso il piacere e disprezza l'arte. Nel romanzo, di carattere polemico e autobiografico, si può notare la protesta per la nuova situazione dell'intellettuale, che viene emarginato e desclassato nella società borghese; ciò è molto vicino all'accesa polemica anticapitalistica che caratterizza la Scapigliatura.
A questo romanzo seguono romanzi che analizzano le passioni mondane: “Eros”, che narra la storia di un giovane aristocratico corrotto dalla società, e “Tigre reale”, che narra la storia di un giovane innamorato di una donna divoratrice di uomini, e la sua successiva redenzione segnata dal ritorno in famiglia. I due romanzi sono segnati dalla critica come “realisti” e confermano il successo di Verga nel parlare di piaghe psicologiche e sociali.
Questi romanzi in realtà si iscrivono in un clima tardoromantico, dove vengono rappresentati ambienti aristocratici o la bohème artistica; si incentrano su complicate e violente passioni e sono scritti in un linguaggio enfatico ed emotivo. Sono molto lontani dal Naturalismo francese, che già in quegli anni si stava imponendo.

La svolta verista: Nel 1878 esce un racconto che si distacca completamente dalla materia e dal linguaggio della narravita precedente, ossia non vengono più trattati gli ambienti mondani, le passioni raffinate ed artificiose ed il soggettivismo. Questo racconto è “Rosso Malpelo”, la storia di un ragazzo di miniera che vive in un ambiente duro e disumano; è narrato con un linguaggio nudo, che riprende il modo di raccontare della narrazione popolare. É la prima opera di natura verista, ispirata ad una rigorosa impersonalità che arriva successivamente ad un periodo di crisi e un silenzio di tre anni.
Nel 1874 Verga aveva già pubblicato un bozzetto di ambiente siciliano e rusticano chiamato “Nedda”, dove veniva descritta la vita di un bracciante. Il racconto però non può essere considerato un preannuncio della svolta in quanto i toni melodrammatici, estranei all'impersonalità verista, hanno in più un gusto romantico per una realtà esotica e diversa.
Rosso Malpelo è stato spesso interpretato come una vera conversione. Verga si proponeva di dipingere il vero, già ai tempi di Eva, Eros e Tigre reale. Verga non possedeva ancora gli strumenti adatti per arrivare alla svolta. L'approdo al verismo è una svolta capitale, non una brusca inversione di tendenza : è la concezione materialistica della realtà e dell'impersonalità. La svolta non va interpretata in senso moralistico, infatti Verga non vuole abbandonare gli ambienti dell'alta società per quelli popolari, anzi si propone di ritornarci con degli strumenti più incisivi di cui si è impadronito. Le classi popolari sono il punto di partenza per uno studio dei meccanismi della società in quanto in esse tali meccanismi sono meno complicati e possono essere individuati più facilmente. Lo scrittore infatti vuole applicare il suo metodo anche agli strati superiori fino al mondo dell'alta intellettualità.

La poetica dell'impersonalità: Alla base del nuovo metodo narrativo dello scrittore vi è il concetto di impersonalità, che si fonda su dei principi di poetica ben definiti. Già nel 1879, con la pubblicazione della novella “L'amante di Gramigna”, Verga aveva avuto modo di esporre i suoi principi e i suoi intendimenti. Secondo la sua visione, la rappresentazione artistica deve dare al racconto l'impronta di qualcosa realmente avvenuto e quindi deve possedere la cosiddetta “efficacia dell'esser stato”; ciò che viene trattato quindi deve essere vero e documentato e deve essere raccontato in modo che il lettore si trovi “faccia a faccia con il fatto”. Per far si che questo avvenga, lo scrittore deve eclissarsi e quindi non deve comparire nel racconto con reazioni soggettive, riflessioni e spiegazioni, come avveniva nella narrativa tradizionale. Inoltre l'autore deve “entrare” dentro i personaggi, e la sua mano deve risultare invisibile agli occhi del lettore. L'opera dovrà risultare “essersi fatta da sé”, non deve avere nessun punto di contatto con l'autore; per questo si parla di artificio, illusione e impressione.
Il lettore grazie a questa impersonalità avrà l'impressione di assistere ai fatti del racconto, senza che nessuno gli tracci un profilo dei personaggi o gli parli dei precedenti del racconto. Ciò può creare una leggera confusione nelle prime pagine di lettura, come ammette Verga, ma solo evitando l'intromissione dell'autore si può eliminare ogni artificiosità letteraria e creare “l'illusione completa della realtà”.
La teoria dell'impersonalità per Verga è un personale programma di poetica, è definizione di un procedimento tecnico che permette di non avvertire nel narrato la presenza dell'autore, è infine un procedimento espressivo utilizzato per ottenere certi effetti artistici.

La tecnica narrativa: Dal 1878 in poi, Verga applica quindi una nuova tecnica narrativa nelle sue opere veriste, una tecnica innovativa e originale, che si distacca completamente dalla tradizione e dalle esperienze contemporanee, sia italiane che straniere. Nelle sue opere, come già detto, l'autore si eclissa e da quindi spazio ad una libera interpretazione da parte del lettore, inoltre non è più onniscente e quindi non interviene nel narrato.
Nelle opere di Verga il punto di vista dello scrittore non si avverte mai e la voce narrante si colloca all'interno del mondo rappresentato ed è allo stesso livello dei personaggi; con la tecnica della regressione quindi il narratore si mimetizza all'interno di essi e adotta il loro modo di pensare e di agire e, infatti il racconto sembra essere narrato da uno dei personaggi che però non compare direttamente nella vicenda e resta anonimo. Chi narra è all'interno del piano della rappresentazione. Tutto questo è molto evidente agli occhi del lettore perché Verga, nei Malavoglia e nelle novelle, rappresenta ambienti rurali e popolari e personaggi delle classi più basse, la cui visione e il cui linguaggio sono molto diversi da quelli di uno scrittore borghese. Un esempio molto chiaro può essere quello di Rosso Malpelo(1878) che è la prima novella verista pubblicata da Verga, e che inaugura la sua nuova tecnica; qui infatti sembra che a raccontare sia uno dei vari minatori che lavorano nella cava, e non uno scrittore colto.
Il narratore anonimo inoltre, che tratta ambienti popolari, non informa in modo esaudiente sulla storia e sul carattere dei personaggi, ne offre dettagliate descrizioni dei luoghi in cui si svolgono le vicende. Il lettore quindi, si trova di fronte a dei personaggi di cui conosce solo notizie parziali; inoltre la voce narrante che commenta e giudica, lo fa secondo la visione elementare ed a volte rozza della collettività popolare che deforma ogni fatto in base ai suoi principi interpretativi, che si fondano sulla legge dell'utile e dell'interesse egoistico. Di conseguenza il linguaggio è povero e spoglio, con numerosi modi di dire, paragoni, proverbi e imprecazioni popolari, dalla sintassi elementare e scorretta, in cui traspare la struttura dialettale.

L'amante di Gramigna, prefazione. Impersonalità e regressione (1880): Ha la forma di una lettera indirizzata a Salvatore Farina, romanziere e giornalista, contrario alle tendenze veriste; Verga si rivolge a lui argomentando i suoi convincimenti letterari.
Nel testo si possono notare alcuni punti essenziali della poetica di Verga, come per esempio l'impersonalità. Si delinea anche la teoria della regressione, il rifiuto della drammaticità, la riduzione del racconto all'essenziale e i rapporti causa/effetto nei processi psicologici.

L'ideologia verista: Il “diritto di giudicare” e il pessimismo: Verga ritiene che l'autore debba eclissarsi dall'opera perché non ha il diritto di giudicare la materia che rappresenta, ma il presupposto di una simile affermazione si ritrova nelle sue posizioni pessimistiche. Per Verga la società è un meccanismo crudele dove il più debole verrà sempre sorpassato; i valori positivi come l'onesta, la fedeltà, la pietà o l'altruismo sono solo dei valori ideali che non trovano più posto nella realtà e gli uomini sono ormai mossi solo da questioni economiche e dalla volontà di sopraffare gli altri. Tutto ciò per Verga è una legge naturale, e come tale non può essere modificata ed è proprio per questo motivo, che crede che non esistano delle alternative alla realtà esistente e che il giudizio del narratore sia quindi privo di senso. Alla letteratura non resta solo che studiare e riprodurre la realtà così com'è.
La tecnica impersonale usata da Verga quindi è frutto della sua visione del mondo pessimistica.

Il valore conoscitivo e critico del pessimismo: Un pessimismo che nega ogni cambiamento ha sicuramente una connotazione conservatrice; ad esso infatti è associato un rifiuto verso le ideologie progressiste contemporanee, democratiche e socialiste, che Verga giudica fantasie e causa di sconvolgimenti sociali. Il pessimismo verghiano non implica però un'accettazione della realtà, ma anzi, ne ricerca e ne coglie tutto ciò che è negativo, mettendolo in luce con precisione. Verga mira all'oggettività delle cose, anche se non da giudizi correttivi. Il pessimismo verghiano inoltre, assicura all'autore l'immunità da quei miti che trionfano nella letteratura contemporanea e la trasformano in mitologia, come il mito del progresso o il mito del popolo;si può notare infatti come le opere veriste di Verga non abbiano un atteggiamento populistico, come invece la maggior parte della letteratura della seconda metà dell'800. Tematiche umanitarie e sociali si possono ritrovare in romanzi di Verga come Rosso Malpelo o i Malavoglia; attraverso esse, Verga sceglie di regredire nell'ottica popolare e di raccontare dal punto di vista della lotta per la vita: ciò costituisce la dissacrazione del mito populistico progressivo. In Verga non è presente neanche il populismo romantico e reazionario, che è proteso in modo nostalgico verso forma passate di vita. Infatti, nonostante Verga sottolinei la negatività del progresso, ad esso non contrappone il mito della campagna e della civiltà contadina arcaica e patriarcale, concepita come un antidoto alla società moderna. Il pessimismo conduce Verga a considerare il mondo primitivo della campagna retto dalle stesse leggi del mondo moderno come l'interesse economico, che pone gli uomini in costante conflitto.

Verga e il verismo

Le diverse tecniche narrative: Le differenze che si possono notare tra il verismo di Verga e il naturalismo zoliano si misurano, prima di tutto, sul piano delle tecniche narrative. Nei romanzi di Zola infatti, la voce che racconta riproduce il modo di vedere e di esprimersi dell'autore, che guarda dall'esterno e dall'alto la materia; la voce narrante, spesso interviene con giudizi, sia espliciti che impliciti. Un'unica eccezione si può ritrovare nell'Assommoir, dove Zola si propone di riprodurre il gergo dei proletari parigini, e quindi di adattare anche la voce narrante; ciò però è un procedimento non sistematico ed una soluzione episodica. Inoltre, tra il narratore e i personaggi, nei romanzi di Zola, c'è un distacco netto, che il narratore stesso fa intendere. Ciò non avviene mai nel Verga verista, perché la voce narrante è interna al mondo che si vuole raccontare e non esprime dei giudizi.
Zola quindi, non utilizza la tecnica della regressione e l'utilizzo dell'impersonalità appare completamente diverso dal modo in cui viene utilizzata da Verga: l'impersonalità zoliana assume il distacco dello scienziato, che si allontana dall'oggetto, per osservarlo dall'esterno e dall'alto.

Le diverse ideologie: Le diverse tecniche narrative riflettono due poetiche e due ideologie radicalmente diverse. Zola punta a dare dei giudizi e quindi a guardare la materia dall'alto perché crede che l'attività letteraria possa contribuire a modificare la realtà in maniera positiva, al contrario di Verga che crede, nel suo pessimismo, che la realtà non possa essere modificata e che la letteratura non possa in nessun modo incidere su di essa; per questo lo scrittore deve attenersi alla riproduzione oggettiva, senza aver il diritto di giudicarla.
Per quanto riguarda le diverse posizioni ideologiche e letterarie, si può dire che esse siano strettamente collegate con le radici sociali. Zola, scrittore borghese e democratico, ha di fronte a se una realtà dinamica, già sviluppata dal punto di vista industriale e quindi capace di poter comprendere il suo messaggio, che punta sulla funzione progressiva della letteratura. Verga invece, si ritrova in un mondo estraneo alla visione dinamica del capitalismo moderno, e ad una situazione economica, sociale e culturale ben diversa da quella francese, dove è presente una borghesia parassitaria e le masse contadine sono estranee alla storia. Si può dire quindi che la società dove vive Verga sia una società conservatrice, come lui stesso é : galantuomo del Sud, e tipico proprietario terriero. Per Verga quindi, la letteratura può solo portare a conoscere la realtà, ma non a modificarla.

Vita dei campi: La svolta maturata nell'arco di 3 anni, non è abbastanza documentata per capire le tappe del percorso di Verga. Si può dire che, sicuramente la lettura dei romanzi di Zola, soprattutto quella dell'Assommoir, ebbe un ruolo decisivo nel suggerire a Verga la tecnica della regressione, destinata a divenire la caratteristica più importante della sua narrativa verista. L'Assommoir fornì a Verga un punto di inizio, che egli poi sviluppò in modo rigoroso e sistematico, allontanandosi dalle tecniche di Zola. Verga subì un'influenza caratterizzante anche da Capuana, che contribuiva a diffondere la conoscenza dello scrittore francese.
La nuova impostazione narrativa fu inaugurata da Verga nel 1878 con Rosso Malpelo e fu utilizzata in una serie di altri racconti come La lupa, Fantasticheria e l'Amante di Gramigna, contenuti nel volume Vita dei campi. In questi racconti, spiccano figure caratteristiche della vita siciliana a cui viene applicata la tecnica dell'impersonalità, ad eccezione di Fantasticheria. In queste novelle si può ritrovare un atteggiamento romantico, nostalgico di quell'ambiente arcaico, dominato da passioni violente e primitive, che è l'antitesi dell'artificiosità della vita cittadina e borghese. In queste novelle è presente anche un motivo schiettamente romantico come il conflitto tra individuo e contesto sociale : si pensi a Rosso Malpelo.
In questo periodo in Verga è presente una contraddizione tra le tendenze romantiche della sua formazione e le nuove tendenze veriste, pessimiste e materialiste, che lo inducono a studiare le leggi del meccanismo sociale e riconoscere che anche il mondo rurale è dominato dalle stesse leggi di lotta per la vita che sono presenti nella società cittadina. È una contraddizione che troverà soluzione nei Malavoglia.

Fantasticheria: Novella composta prima del 1878 e presente nella raccolta “Vita dei campi”; questo testo ha una modalità di scrittura diversa ed è definito un “unicum” e infatti si presenta come una lettera indirizzata ad una dama dell'alta società, che dopo solo 48 ore passate ad Aci Trezza, fugge annoiata, proclamando il suo disappunto sullo stile di vita del villaggio.
Nel testo è già presente l'idea dei Malavoglia, in quanto alcuni personaggi (come per esempio padron 'Ntoni), sono già abbozzati. In questo testo il mondo rurale è ancora idealizzato, ed è quindi presente una visione tardo-romantica in quanto le classi rurali sono riconosciute come depositarie e portatrici di sentimenti e valori positivi. È presente un idoleggiamento romantico. È assente il processo della regressione e la voce narrante rappresenta l'autore stesso e il suo mondo. Il testo si apre con una critica nei confronti del bel mondo (prime 7 righe), in quanto la dama dell'alta società non riesce a comprendere come si possa vivere in determinate condizioni.
Alla fine del testo è presente l'ideale dell'ostrica, che è un ideale fondamentale che si ritrova in alcuni personaggi: simboleggia l'attaccamento a qualcosa, per esempio al luogo natale.
Inoltre si fa riferimento ai romanzi preveristi e quelli veristi; ciò indica che Verga vuole descrivere la disgregazione del mondo rurale che egli definisce come un dramma.

Rosso Malpelo: Questo racconto fa parte della raccolta di “Vita dei campi” e fu pubblicato per la prima volta nel 1878 sul Fanfulla. È il primo racconto verista di Verga ed ha una frase iniziale che ne evidenzia l'innovazione: si parla infatti di un ragazzo chiamato Malpelo a causa dei suoi capelli rossi, che indicano, nella credenza popolare, cattiveria e maliziosità. La voce narrante è interna al racconto ed è presente la regressione, attraverso cui si attua la tecnica dell'impersonalità. Il narratore, al contrario della narrativa del primo Ottocento, non è onniscente ma portavoce di un ambiente primitivo e rozzo; inoltre non è depositario della verità, e ciò che dice del protagonista non è attendibile. Per esempio, quando Malpelo, dopo la morte del padre, scava con impegno nella speranza di riuscire a salvarlo, viene frainteso dal narratore che descrive i suoi sentimenti come negativi e portatori di malvagità. Si può dire quindi che il narratore non capisca le motivazioni dell'agire di Malpelo, e le deformi sistematicamente. Questo perchè, come si può notare, Malpelo nonostante si sia formato in un ambiente rozzo e disumano come la cava, è portatore di alcuni valori autentici come il senso della giustizia o l'amicizia, o ancora l'altruismo e il punto di vista del narratore esercita un processo di straniamento su questi valori, in quanto ciò che dovrebbe essere normale appare strano. Ciò deriva dal fatto che il narratore è il portavoce di un mondo disumano, dove non sono presenti valori positivi. Lo straniamento ha quindi la funzione di negare i valori positivi e di mostrarne l'impraticabilità, e questo dimostra il pessimismo di Verga. È presente anche lo straniamento rovesciato, nei confronti del narratore, in quanto di solito, ciò che dovrebbe essere visto normalmente non lo è , come per esempio l'assenza di valori positivi.
In questo testo il mondo rurale non è mitizzato ma anzi dominato dalle stesse leggi che regolano gli strati sociali più alti.
Nella seconda parte del testo è presente il punto di vista di Malpelo, visto fino ad ora solo dall'esterno. Il ragazzo ha una visione pessimistica e cupa della realtà che lo circonda, in quanto ha colto le leggi che la regolano; nelle sue vesti quindi si può delineare un eroe intellettuale, consapevole di una realtà tragica ed immodificabile, che rappresenta anche il pessimismo dello scrittore. La forma narrativa del testo quindi inaugura il nuovo modo di narrare del Verga verista che propone una dura analisi, dotata di valore critico e conoscitivo, delle leggi sociali.

La lupa: Novella pubblicata nel 1880, raccolta in Vita dei campi alla cui base è presente un narratore appartenente all'ambiente in cui si svolgono i fatti, che racconta ad un uditorio.
La protagonista di questa novella è la lupa, che viene descritta nella parte iniziale del testo. Nella sua figura si fondono la sensualità, l'esclusione dalla comunità, il paragone diabolico e l'aggressività ossia tutto ciò che è estraneo alla mentalità popolare, tanto che nel suo soprannome riecheggia una suggestione dantesca e un'atmosfera di magia e superstizione. Il rapporto che la Lupa lega con suo genero, Nanni, è interpretato come un sortilegio, e infatti, ai caratteri magici si aggiungono quelli demoniaci, a cui si oppone inutilmente la religione. La scena dell'innamoramento della Lupa è rappresentata nelle ore calde di giugno, in un paesaggio ampio e desolato. Anche per la protagonista l'accendersi di questa passione è intesa come un fatto magico.
Il presunto potere magico della Lupa nelle ore del pomeriggio, viene indicato da un proverbio popolare ripetuto 3 volte nel corso del racconto; esso richiama appunto, la credenza popolare del demonio meridiano, invisibile all'uomo, che esercita su di lui un fascino inarrestabile che lo incita al peccato. In quest'atmosfera Nanni cede alla Lupa. L'autore attraverso il narratore fornisce delle informazioni che motivano il comportamento dei personaggi: la lupa è presentata come una donna piena di energia e sensualità, e condotta proprio da quest'ultima caratteristica a porsi in contrasto e quindi essere isolata dalle norme dell'ambiente in cui vive e dalla comunità paesana, che vede la personalità di questa donna in chiave malefica.
Nanni invece, ha un carattere diverso ed è sicuro di sé, in quanto resiste a lungo al fascino della lupa ma successivamente cade nella sua trappola, rendendo la sua relazione un rapporto drammatico, in quanto il suo cedimento è dovuto a delle circostanze fisiche, psicologiche e fisiologiche. Dal momento in cui cederà alla Lupa egli vivrà un contrasto interiore molto profondo tra l'attrazione verso la donna e la norma morale che sa di violare. Nanni considera questa attrazione un sortilegio per cui superiore alla sua volontà; per questo è incapace di trovare una soluzione. Questa situazione di contrasto viene sbloccata dalla comunità e dalla figlia della Lupa, Maricchia. La comunità appare sempre più in primo piano esercitando una pressione sull'animo dell'uomo che trova una soluzione tragica, che egli minaccia apertamente alla donna. Questa soluzione ci viene posta in evidenza da alcuni segnali e si collega ad altre parti del testo: la rottura avviene in un clima più libero e la lupa accetta il proprio destino e va incontro al sacrificio mentre Nanni si dimostra sempre debole e incerto e quindi esecutore di una volontà superiore ossia quella della comunità. La morte della donna segna il riequilibrio di un ordine precedentemente violato.

Il ciclo dei Vinti: Insieme alle novelle, Verga produce anche un ciclo di romanzi, che riprende il modello dei Rougon-Macquart di Zola; ciò si può notare in una lettera del 1878 all'amico Verdura dove annuncia di avere in mente una molteplicità di avventure segnate dalla lotta per la vita, che si estende a tutte le classi sociali. A differenza di Zola, il suo intento è quello di tracciare un quadro sociale della vita moderna italiana di tutte le classi, e non un intento scientifico. Nel ciclo dei Vinti è presente il darwinismo sociale in quanto tutte le classi sociali sono dominate da conflitti di interesse, dove il più forte trionfa schiacciando i più deboli, ossia i vinti, su cui si basa la sua narrazione.
Al ciclo dei Vinti viene premessa una prefazione che è considerata lo scritto teorico più importante che Verga ci ha lasciato, dove chiarisce i suoi intenti generali: egli decide di narrare delle classi sociali basse in quanto il meccanismo sociale è meno complicato e può essere osservato più facilmente. Nei romanzi successivi la ricerca del meglio sarà analizzata attraverso le classi sociali più alte, dove si presenta la vanità aristocratica, l'ambizione politica e quella artistica. ( “La duchessa de Leyra”, “L'onorevole Scipioni” e “L'uomo di lusso”).

Prefazione dei Malavoglia: I vinti e la fiumana del progresso: Questo è lo scritto teorico più importante rilasciato da Verga, dove viene indicato il tema principale del romanzo dei Malavoglia, ossia la rottura dell'equilibrio di un mondo arcaico e tradizionale. Tutto ciò avviene in una famiglia di pescatori, che vive in un piccolo villaggio, e che si ritrova a dover mettersi a confronto con delle forze esterne e nuove che causano uno stato di insoddisfazione e un bisogno di crescere economicamente. Si parla della fiumana del progresso, cioè il processo di trasformazione che sta mutando profondamente la realtà. Ciò viene identificato nella lotta che avviene tra gli uomini per realizzarsi economicamente e socialmente. La fiumana del progresso ha una matrice materialistica, che mette da parte i valori ideali dell'agire umano o comunque li asseconda. I processi sociali e psicologici che si vanno a creare durante questa fase di progresso sono considerati un meccanismo e come tale, sarà più semplice da esaminare nelle sfere basse.
In questa prefazione Verga tocca anche il problema formale, ossia quello della forma dei romanzi, che si risolve nel principio dell'impersonalità; Verga crede infatti che affinché l'osservazione sia esatta, bisogna far coincidere forma e soggetto. Ogni scena infatti, va rappresentata con i colori adatti ossia in ogni romanzo del ciclo occorre usare una forma che corrisponda alla sfera sociale rappresentata. Nei Malavoglia infatti, il narratore si adegua alla sfera sociale bassa imitandone il linguaggio e le credenze popolari.
Nell'ultimo paragrafo si possono notare le posizioni ideologiche di Verga per quanto riguarda la fiumana del progresso: egli si ritrova entusiasta del processo in atto ma si limita ad ammirarlo da lontano e a non celebrarlo, a differenza di tanti altri scrittori. Verga fa notare i suoi aspetti negativi, come i vizi, l'egoismo, l'avidità e si concentra nel rappresentare sfere sociali che sono state schiacciate da questo enorme processo, ossia i vinti, che sono i protagonisti di questo ciclo. Verga infatti crede che nel risultato finale del progresso siano presenti una serie di negatività o comunque di questioni negative.
Alla fine della prefazione si può notare il grande pessimismo di Verga, che da origine alla sua poetica e tecnica narrativa.

I Malavoglia: l'intreccio: Un romanzo di Verga, facente parte del ciclo dei Vinti, è i Malavoglia, soprannome attribuito ad una famiglia di pescatori che vivono in Sicilia, precisamente ad Aci Trezza, che conducono una vita relativamente felice e tranquilla, in quanto sono i possessori di una barca, la Provvidenza, che permette loro di guadagnarsi da vivere e di una casa. Ad un certo punto, la storia irrompe nella famiglia, in quanto il giovane 'Ntoni, deve partire per il servizio militare, e vengono a mancare delle braccia utili per il lavoro. A ciò si aggiunge una brutta annata per quanto riguarda la pesca e la dote mancante per la figlia Mena. Padron 'Ntoni per far fronte a queste difficoltà decide di acquistare dei lupini dall'usuraio Zio Crocifisso, ma la sua barca naufraga portandosi via con se sia il carico di lupini che Bastianazzo, che muore. La famiglia arrivata a questo punto deve affrontare un dramma sia affettivo che economico e l'inizio di una serie di sventure: la casa del nespolo viene pignorata, Luca muore nella battaglia di Lissa, Maruzza, la madre, viene uccisa dal colera, la provvidenza, dopo essere stata riparata naufraga una seconda volta. Tutto ciò causa la rottura del nucleo familiare: 'Ntoni dopo essere tornato dal servizio militare non riesce a adattarsi alla vita del villaggio, fatta di sacrifici e stenti, inizia a frequentare brutte compagnie coinvolte nel contrabbando e finisce per dare una coltellata ad una guardia. Lia invece scappa di casa e finisce in un bordello, mentre Mena, disonorata dai fatti successi nella sua famiglia non può più sposare Alfio. Alla fine anche Padron 'Ntoni muore in ospedale e l'unico che riesce a riscattare la casa è Alessi, che continuerà il mestiere del nonno. Successivamente anche 'Ntoni ritornerà a casa ma capirà di non poterci più stare.

L'irruzione della storia: I malavoglia rappresentano la vita di un mondo rurale che viene scandito da ritmi di vita tradizionali che poi vengono mutati dall'irruzione della storia in questo sistema arcaico, che sconvolge l'equilibrio iniziale. Nel romanzo viene messo in luce come, dopo l'Unità d'Italia, il piccolo villaggio sia colto di sorpresa da rapide trasformazioni come la coscrizione obbligatoria, le tasse sulla pece e il macinato, la crisi della pesca. Il sistema sociale del villaggio quindi è investito da una serie di novità che provengono dall'esterno, dove i Malavoglia a seguito di una serie di sventure subiscono un processo di declassamento sociale. I fatti narrati sono rappresentati dall'ottica dei personaggi stessi ed è proprio per questo che si ha una visione statica della realtà.

Modernità e tradizione: Il personaggio dove si notano le forze del progresso è 'Ntoni, che avendo avuto la possibilità di uscire dal villaggio ha conosciuto un'altra realtà, più moderna; ciò va a scontrarsi con il nonno, Padron'Ntoni che rappresenta lo spirito tradizionalista e l'attaccamento alla tradizione e ai suoi valori. Sotto il processo del progresso la famiglia va a disgregarsi sia per l'attaccamento alla tradizione, che fa si che la casa venga pignorata solo per mantenere la parola data, sia per le azioni di 'Ntoni, che tocca il fondo con la coltellata alla guardia doganale. Si ha poi una parziale ricomposizione finale dell'equilibrio grazie ad Alessi, ma ciò non implica un ritorno alla situazione iniziale in quanto il romanzo si chiude con la partenza di 'Ntoni dal villaggio. Il suo percorso sarà continuato in un'altro romanzo da Gesualdo.

Il superamento dell'idealizzazione romantica del mondo rurale: Spesso i Malavoglia sono stati interpretati come una celebrazione dei valori di un mondo arcaico ormai in perdita, ma in realtà, il romanzo rappresenta la disgregazione di quel mondo e l'impossibilità dei suoi valori. I malavoglia segnano il superamento della componente nostalgica di Verga verso un mondo rurale. Egli crede che anche questo mondo sia governato dalle leggi della lotta per la vita, che regolano ogni società ed ogni scala sociale.
L'idealizzazione è presente solo in alcuni personaggi ma non in tutto il mondo rurale. Inoltre Verga non riesce ad abbandonare completamente certi valori positivi e per questo li proietta in alcuni personaggi, nonostante sappia che sono solo dei valori ideali che non possono trovare posto nella realtà.

La costruzione bipolare del romanzo: I malavoglia è un romanzo corale, ossia non c'è un protagonista principale ma una serie di personaggi con la stessa dignità. Questi personaggi però si possono dividere in due categorie: da una parte sono presenti i Malavoglia, con alcuni personaggi esterni alla loro famiglia come Alfio o la cugina Anna, che sono portatori di valori sani e puri; dall'altra parte è presente il resto della comunità del villaggio, mossa dall'interesse economico e insensibile. Nella narrazione quindi si alternano due punti di vista opposti che rispecchiano i due tipi di personaggio. Questa tecnica di narrazione ha il compito di straniare i valori dei Malavoglia e quindi farli sembrare strani agli occhi del lettore: un esempio è padron n'toni che per mantenere la parola data fa pignorare la casa, il suo gesto non è ben visto, anzi, lui viene definito come un minchione. Questo straniamento è utile per far comprendere come anche questo mondo sia dominato dalla lotta per la vita, ma anche per mettere in luce la disumanità e la corruzione presente nella società. Si può dire che il romanzo abbia una costruzione problematica in quanto le due componenti della visione verghiana sono in conflitto: l'idealizzazione romantica e il verismo pessimistico.

Capitolo 1: Viene messa in evidenza la nuova tecnica del narratore, che non è onnisciente. La voce narrante è interna all'ambiente del romanzo e si colloca allo stesso livello culturale dei personaggi. Sono presenti diversi modi di dire e proverbi, e inoltre si parla dei personaggi come se siano già noti al lettore. In questo capitolo vengono realizzati tutti i principi di poetica accennati nelle lettere a Capuana e Verdura, come l'impersonalità, il rifiuto del giudizio e il pessimismo materialistico.
I personaggi che prendono rilievo sono Padron'Toni, il patriarca della famiglia e il portatore di sani principi e della mentalità tradizionale, che il narratore condivide a pieno. É presente poi l'irrompere della storia, e l'opposizione tra i Malavoglia e il villaggio e tra il mondo arcaico e la modernità.

Capitolo 4: Il capitolo viene aperto con il ritratto di Don Crocifisso, da un narratore che condivide a pieno la sua logica per l'interesse. Si parla della morte di Bastianazzo e degli abitanti del paese che si recano alla casa del nespolo per una visita. Il testo è caratterizzato dalla messa in evidenza del bipolarismo, ossia la differenza tra i Malavoglia e il resto della società. Viene spesso utilizzato il discorso indiretto libero, con cui l'autore riproduce una conversazione. Sono presenti anche lo straniamento e lo straniamento rovesciato, che fa risaltare lo stravolgimento dei valori della comunità rurale.
Il capitolo è incentrato sulla funzione corale del villaggio, dove emergono chiusura mentale e insensibilità.Verga utilizza un tipo di comicità che non è mai serena ma sempre amara, intrisa nel suo pessimismo. Anche la tecnica narrativa è diversa: gli abitanti del villaggio sono sempre visti dall'esterno, mentre i Malavoglia sono sempre visti dall'interno e ciò è il segno della presenza di un priovilegio spirituale che li contraddistingue.
Sono presenti diversi personaggi esterni alla famiglia come, donna Rosolina o la cugina Anna.

Capitolo 11: Anche questo capitolo è caratterizzato dalla distanza dei Malavoglia dal resto della società, tuttavia si può mettere in evidenza che entrambe le visioni abbiano una concezione statica della realtà, che si riflette nella società arcaica. Nella struttura del romanzo emerge il punto di vista di 'Ntoni, che sta facendo il suo ingresso in una prospettiva di vita dinamica e moderna. Questo personaggio affronta l'ansia di un cambiamento e di un riscatto sociale, ed è l'unico personaggio che denuncia i meccanismi disumani presenti nella società.
Il confronto con il nonno viene identificato come lo scontro tra due mentalità opposte, due culture differenti che non condividono la stessa tradizione o lo stesso progresso. Si può dire che 'Ntoni sia un ribelle negativo in quanto comprende la situazione della sua famiglia ma aspira ad una vita di ricchezza e prova di lavoro.

Capitolo 15: Ultimo capitolo del romanzo. Si parla dell'arresto di 'Ntoni, della morte di Padron'Ntoni, e di come Alessi riesca a riscattare la casa del Nespolo. Al finale sono date diverse interpretazioni, in quanto si pensa che la conclusione del romanzo non è da vedere come un lieto fine.
Secondo l'interpretazione di Russo, il finale sarebbe da considerare come una celebrazione della sacralità della casa e della famiglia mentre secondo l'interpretazione di Squarotti, la conclusione del romanzo non è un ritorno al punto di partenza in quanto la famiglia è dispersa, e il loro mondo è scomparso definitivamente, dove emerge un rimpianto per il passato perduto per sempre.
Secondo Luperini invece il romanzo si conclude perfettamente con la ricostruzione del nido familiare. La conclusione inoltre indica il definitivo distacco di Verga dall'atteggiamento romantico che lo aveva portato a cercare nel mondo rurale ed arcaico un'alternativa al progresso.

Novelle rusticane, Per le vie, Cavalleria rusticana: Tra il primo ed il secondo romanzo del ciclo dei Vinti passano ben otto anni, e nel 1883 Verga scrive Novelle rusticane, che propongono ambienti e personaggi della campagna siciliana, dove è presente un pessimismo maggiore, dove emergono le motivazioni economiche degli umani. Inoltre i personaggi rappresentati sono completamente privi di valori positivi. Un romanzo dalle stesse caratteristiche ma ambientato in un luogo cittadino è Per le vie, pubblicato nello stesso anno. In questi due romanzi emerge il darwinismo sociale.
Nel 1884 Verga ha un'esperienza teatrale con una novella : Vita dei campi, che ottiene un enorme successo.

La roba: Insieme alle altre novelle rusticane rappresenta in pieno la nuova direzione narrativa di Verga e il distacco dal mondo rurale. I valori positivi scompaiono completamente e la realtà risulta essere dominata dalla logica dell'interesse. La famiglia non è più il centro di qualche valore positivo, e ciò si può notare dal comportamento di Mazzarò nei confronti della morte della madre. Al centro della novella è posto il tema della dinamicità che travolge tutti gli equilibri, e l'ascesa sociale di un uomo che partendo dal nulla si crea una fortuna, in un particolare periodo storico, ossia quello che vede la borghesia come classe dominante. La tecnica narrativa è sempre la stessa (tranne all'inizio), ed è interna al mondo rappresentato, ma il protagonista principale è in perfetta sintonia con il narratore e per questo la regressione è molto differente da quella utilizzata in Rosso Malpelo.
I temi principali sono l'ammirazione per l'accumulo capitalistico, le virtù eroiche del protagonista e il tendere oltre gli obbiettivi raggiunti.
É presente lo straniamento rovesciato che mette in luce lo stravolgimento di un mondo che pensa solo agli interessi e ignora ogni valore. É presente una critica alla religione della roba.
Mazzarò, che annuncia il personaggio di Gesualdo, nella novella viene rappresentato come un eroe dedito alla sua ascesa sociale ma il suo atteggiamento di accumulo appare disumano: è lo stesso atteggiamento verso il progresso che si presenta nella prefazione ai vinti. Inoltre Mazzarò oltre a scontarsi con le persone si scontra anche con la natura della vita e questo da al finale un tocco di tragicità e comicità allo stesso tempo.

Il Mastro-Don Gesualdo: l'intreccio: La novella esce nel 1889, ed è il secondo romanzo del Ciclo dei Vinti. Racconta la storia del riscatto sociale di Gesualdo Motta, un uomo che da semplice muratore è riuscito ad accumulare una grande fortuna. Egli decide di avere un matrimonio di convenienza con Bianca Trao, una donna discendente da una famiglia nobile in rovina, per continuare la sua ascesa sociale, ma sarà sempre escluso dal mondo aristocratico ed odiato dalla moglie. Dal una relazione extraconiugale di Bianca, nasce Isabella, che crescendo respinge il padre Gesualdo vergognandosi delle sue origini. Oltre a questo Gesualdo si ritrova ad avere dei problemi nella sua famiglia, sia con il padre che è geloso dei suoi averi, sia con i fratelli che puntano al suo patrimonio. Successivamente la figlia Isabella si innamora di un suo cugino e scappa con lui, recando un altro dolore al padre, che per rimediare la da in moglie al duca di Leyra, appartenente ad un'altra famiglia nobile in rovina, a cui deve dare una ingente dote. Tutti questi dolori fanno si che Gesualdo si ammali di cancro e che conduca la fine dei suoi giorni nel palazzo della figlia, con cui non riesce a comunicare. Egli muore notando come i suoi sforzi vengano sperperati accanto allo sguardo di un servo infastidito.

L'impianto narrativo: Nel Mastro Don Gesualdo, la voce narrante è interna al mondo rappresentato, ma leggermente elevata rispetto ai Malavoglia o alle altre novelle, come già stabilito in precedenza. L'ambiente in cui si svolgono le vicende infatti è borghese ed aristocratico e proprio per questo in esso non si verificano le deformazioni e gli effetti di straniamento tipici delle basse sfere. Il narratore di Gesualdo mette in luce tutta la meschinità, la disumanità e la durezza dei personaggi e del protagonista. Ciò non vuol dire che l'autore sia onniscente ma anzi che Verga stia utilizzando una tecnica che conferma la teoria del principio dell'eclissamento dell'autore. In effetti la storia dell'ascesa sociale del protagonista, non è riportata dal narratore ma dal protagonista stesso che rievoca il suo passato.
Un ulteriore novità rispetto ai Malavoglia, è la presenza di un protagonista, che è visto come un eroe; inoltre il punto di osservazione dei fatti coincide con la sua visione, attraverso anche l'utilizzo del discorso indiretto libero, mediante cui vengono riportati i pensieri del protagonista.

L'interiorizzarsi del conflitto valori-economicità: Mastro-Don Gesualdo non è un romanzo bipolare, in quanto il conflitto che era presente tra i Malavoglia è la società passa all'interno di un unico personaggio, che dedica tutta la sua vita e tutte le sue energie all'accumulo della roba. In Gesualdo infatti, sono presenti dei valori positivi che però non vengono praticati in quanto vengono superati dall'interesse per l'economicità. La roba è l'obbiettivo della sua esistenza e proprio per questo motivo è visto come un personaggio disumano, che nega i suoi stessi valori positivi.
Questo fa capire che in Verga non sono più presenti tentazioni idealistiche e personaggi positivi. In questo romanzo si può quindi notare il trionfo dell'economicità, che diviene l'unico modello di comportamento. Si può dire che Verga sia arrivato ad un verismo pessimistico assoluto, cosa che già si poteva intuire nelle Novelle rusticane e in Per le vie.

La critica alla religione della roba: La scelta di Gesualdo nei confronti della roba è interpretata come la sua sconfitta esistenziale; infatti da questa sua scelta non ha fatto altro che ricavare odio da parte di tutto il paese, compresi i suoi familiari. Gesualdo non ha ricavato che odio che si è trasformato in un cancro allo stomaco, che dall'interno lo corrode e lo porta alla morte. Egli conserva un'esigenza di valori autentici e positivi ed è proprio grazie ad essi che può rendersi conto del suo fallimento esistenziale.
Si può notare come a differenza dei Malavoglia, la famiglia non sia il centro di tutto, e al suo posto ci sia la roba, ecco perché si parla di una nuova celebrazione. Verga si limita a presentare questa nuova religione in una luce molto critica e negativa.
Anche in questo romanzo Verga non ha un atteggiamento moralistico in quanto in quanto considera la materia come un problema; egli riconosce gli sforzi di Gesualdo, che dimostra sforzo e sacrificio, ma ne rappresenta il lato negativo, ossia, per esempio, la fissazione per la roba.
Verga quindi successivamente ad un mondo arcaico e rurale messo in crisi dal progresso rappresenta un eroe tipico di questo progresso, che finisce per essere messo in crisi e portato alla morte dallo stesso.

Capitolo 4: In questo capitolo è narrata una vicenda lavorativa; gli operai di Gesualdo interrompono il lavoro per ripararsi dalla pioggia e Gesualdo li incita, in nome della roba, a tornare al lavoro.
Si può dire che questa sia una giornata tipo di Gesualdo, che si può dividere in 2 parti:
la prima parte è dominata dall'energia e dalla forza di Gesualdo, che si impegna affinché la roba aumenti sempre di più. La figura di Gesualdo viene vista come un eroe che ha diverse virtù, come per esempio la potenza di creare ricchezza o la capacità di sacrificio. Proprio per questi motivi la sua figura è una figura problematica, in quanto questa fissazione con la roba, ha qualcosa di cupo e sinistro, ed egli concentra tutta la sua vita su questo obbiettivo, che ha la conseguenza di un'alienazione dall'umanità.
La seconda parte parla del riposo di Gesualdo, e di quando ricorda il passato. In questi ricordi emerge il prezzo molto caro che egli ha dovuto pagare per la lotta per la vita. Persino la famiglia in questo romanzo non è più un rifugio ma luogo di insidie. In questa parte è presente lo scontro tra due mentalità, una immobile e statica, quella del padre di Gesualdo, l'altra dedita al progresso e al cambiamento, ossia quella di Gesualdo. Si può dire che si sia una notevole somiglianza tra il contrasto tra Padron'Ntoni e 'Ntoni, ma, mentre Padron'Ntoni rappresentava un rifugio dai traumi della lotta per la vita, il padre di Gesualdo, Nunzio, è portatore di valori negativi e quindi non rappresenta nessun tipo di salvezza.
Nella questione per la lotta per la vita, interviene Diodata, che rappresenta una dimensione alternativa a quella dove vive Gesualdo. Nonostante la presenza di questa donna, Gesualdo segue il suo amato interesse. Come si può notare, il conflitto tra valori ed economicità è presente all'interno del protagonista, conflitto che rimarrà sempre aperto.
L'impianto narrativo è diverso rispetto a quello dei Malavoglia in quanto non è un romanzo corale, non vi è la regressione da un punto di vista basso, con i successivi effetti di straniamento e deformazione. É presente il dialogo diretto che dà al racconto un tono drammatico.

L'ultimo Verga : Dopo il Gesualdo,Verga lavora al romanzo La Duchessa di Leyra, che non porterà mai a termine. Gli ultimi due romanzi in progetto, ossia l'Onorevole Scipioni e L'uomo di lusso non saranno mai iniziati. Ci possono essere varie motivazioni riguardanti questo abbandono e possono essere ritrovate prima di tutto in un inaridimento dell'ispirazione, e in una mancata voglia, ma soprattutto Verga avrà sicuramente trovato delle difficoltà nell'affrontare con il metodo prescelto gli ambienti dell'alta società, in quanto si accorse sicuramente di non star producendo più niente di innovativo.
Un'altra motivazione può essere il logoramento dei moduli veristi, sostituiti da una nuova narrativa di successo come per esempio quella di D'Annunzio. Come già detto dal 1893 Verga tornò a vivere in Sicilia, abbandonando il clima fervido di cultura di Milano; ciò testimonia una rinuncia quasi totale alla letteratura. Pubblica ancora delle novelle, e lavora anche per il teatro, ma le opere trattate non aggiungono nulla di nuovo alla sua produzione.

per ulteriori approfondimenti sulla vita e sulle opere di Giovanni Verga vedi anche qua

Biografia e Opere di Verga

Verga nasce a Catania nel 1840 in una famiglia benestante. La sua vita copre un arco di tempo lungo in cui si verificano avvenimenti storici importanti come: L’Unità d’Itala, lo sviluppo industriale, la prima guerra mondiale, la diffusione delle idee socialiste e l’ascesa al potere del fascismo.
Nelle opere e nel pensiero di Verga non lasciano tracce questi eventi (tranne Lipsia) perché lui ritiene che gli avvenimenti storici non possono cambiare il destino dell’uomo. Si dichiara conservatore e osserva con pietà la sorte dei vinti e si sofferma soprattutto sui poveri del meridione.
Quando è giovane appoggia l’unificazione e infatti scrive alcune opere patriottiche.
Nel 1869 si trasferisce a Firenze dove incontra Capuana con cui diventerà un esponente del Verismo. A Firenze però pubblica romanzi ancora estranei al Verismo.
Nel 1872 si trasferisce a Milano e ci vive per 20 anni, frequenta gli Scapigliati e scrive romanzi passionali; nel 1877 o raggiunge Capuana, intanto Verga si è appassionato ai romanzi di Zola e ha pubblicato Nedda ( ambientato in Sicilia, segna la svolta verista). Verga ispirandosi alla poetica di Capuana scrive novelle veriste con scarso successo di pubblico.
Nel 1880 pubblica Vita dei campi; nel 1881 I Malavoglia, capolavoro assoluto dello scrittore e primo di un ciclo di romanzi intitolato I vinti; nel 1883 Novelle rusticane di impianto veristico; nel 1884 la rappresentazione teatrale di Cavalleria rusticana ha grande successo.
Verga si trova ad affrontare difficoltà economiche, in questa situazione pubblica il secondo romanzo del ciclo: Mastro-don Gesualdo. Nel 1889 incontra Dina Castellazzi che gli sarà compagna per il resto della vita.
Nel 1893, si identifica come un vinto che si è allontanato dalla propria casa ed è stato travolto dalla spietata lotta per la vita, decide di trasferirsi a Catania.
Nel 1894 pubblica Don Calderolo e C.i.
Nei successivi 30 anni si occupa della stesura de La duchessa di Leyra, L’onorevole Scipione e L’uomo di lusso.
Si allontana dalla letteratura per lo scarso successo e nel 1922 muore a Catania.

Il pensiero e la poetica: I primi romanzi di Verga ispirati all’epopea romantica e risorgimentale sono: Amore e Patria, I carbonari della montagna, Sulle lagune, Una peccatrice e Storia di una capinera (la vicenda narra la storia di una giovane rinchiusa in convento, innamoratosi decide si uccidersi).
Di carattere più scapigliato sono atre 3 opere passionali :
• Eva= narra la storia di un pittore innamorato di una ballerina, Eva. Divenuto famoso ma incapace di amarla decide di rifugiarsi in Sicilia dove si lascia morire
• Tigre reale=narra la storia di un giovane poeta che innamorato di una nobildonna russa decide di lasciare la casa, la quale morirà di tisi
• Eros=narra i morbosi amori di un aristocratico attratto da sua cugina e da una sua amica, il protagonista di suicida
Le prime novelle spingono lo scrittore a una svolta verista, soprattutto dopo Nedda (povera contadina che lavora per curare la madre ammalata che però muore; sola al mondo vaga di fattoria in fattoria alla ricerca di lavoro, spinta dall’amore per Janu, anch’esso povero e costretto a lavorare nonostante la febbre, cade da un albero e muore. Nedda rimane solo con la figlia anch’ella però si ammala e muore, Nedda è costretta a vivere nella miseria e nel dolore).
Un’altra tappa della conversione verista è legata a Fantasticheria (nel racconto lo scrittore motiva le ragioni della propria svolta, Verga richiama alla memoria un breve soggiorno ad Aci Trazza in Sicilia in compagnia della dama che, aveva provato noia per l’ambiente dei pescatori; la novella presenta la concezione dell’esistenza come lotta per sopravvivere). Tale concezione sarà definita l’ideale dell’ostrica secondo cui, per non essere travolti , occorre rimanere attaccati allo scoglio ovvero la famiglia.
I vinti dei romanzi sono personaggi che non sono rimasti attaccati al proprio scoglio.
Verga giunge alla svolta verista per tappe; la narrazione impersonale è già utilizzata nella novella Rosso Malpelo.
Nel 1880 pubblica Vita da campi, una novella verista, nel 1883 pubblica Novelle rusticane dove emergono per lo più scene di massa, in questa novella utilizza il discorso indiretto libero, il dialogo di tipo teatrale, il tono grottesco e il distacco ironico.
Altre novelle sono:
• Per le vie=narra la storia di un proletario urbano e del mondo cittadino delle banche e delle industrie
• Vagabondaggio=ritroviamo alcuni personaggi e alcune scene di massa; centrale è la tematica della vita come movimento senza senso e l’unico antidoto è il ricordo
• I ricordi del capitano d’Arce= narra la storia di un vecchio aristocratico che ripercorre con ironia le sue esperienze passate. Autore e Narratore coincidono.
• Don Candeloro e C.i= la riflessione di verga si va appuntando sul rapporto tra autenticità e finzione sul tema della vita come rappresentazione. Valori come l’amore vengono smascherati dal grottesco, la maschera è il solo modo per l’uomo di vivere la propria esistenza. Don Candeloro è un puparo che si dedica con successo al lavoro, ma il non interesse del pubblico per le marionette lo costringe a iniziare opere con veri attori.

La raccolta Vita dei campi: Pubblicata a Milano nel 1880 si propone di analizzare la vita contadina nei più profondi significati. Il tema principale è l’amore che viene visto come un rapporto triangolare. Il triangolo diventa l’antitesi drammatica fra natura e cultura, fra sentimenti e realtà.
Nell’ Amante di Gramigna l’amore si contrappone all’idea tradizionale del matrimonio, il tema amoroso è trattato con tono ironico e parodico.
Anche Cavalleria rusticana è la storia di un delitto di gelosia, Turiddu appena tornato dal servizio militare scopre che la futura sposa Lola si è sposata con Alfio. Si fidanza allora con un’altra ragazza, Santa, ma Lola si riavvicina a lui. Alfio scopre da Santa il tradimento di Lola e uccide Turiddu; la novella diventa un’opera teatrale.
Fra le novelle emerge anche La lupa, storia di una sensuale popolana che travolta dal desiderio seduce il genero e viene da lei uccisa.
Sul piano della tecnica narrativa viene introdotto il narratore implicito.

Novelle Rusticane: Pubblicata a Milano nel 1883, si presenta come la verifica della svolta verista. Costituiscono un grande affresco della società siciliana. Registrano il fallimento degli ideali risorgimentali, descrivono l’impotenza dell’uomo nei confronti della natura.
I tentativi di affermazione del mito della roba, dell’accumulo di ricchezze sono destinati a fallire.
Nella raccolta emerge la novella Libertà, in cui si narra con tono commosso l’episodio della sanguinosa rivolta dei contadini nel 1860. Nella novella Roba Verga narra la storia di un personaggio, Mazzarò divenuto ricco dopo una vita di lavoro, ma priva di ogni tipo di piacere, avvicinandosi alla morte non accetta di lasciare la sua roba gli altri; la voce che racconta la storia di Mazzarò evita commenti sul personaggio, l’assenza di commenti deriva dalla volontà di un osservatore esterno e imparziale.

I Malavoglia: È l capolavoro di Verga, 15 capitoli preceduti da una prefazione, viene pubblicato a Milano nel 1881, il successo del
romanzo però è modesto.
La trama ha per protagonisti i Toscano, pescatori di Aci Trazza definiti Malavoglia perché si dedicano molto al lavoro, possiedono una casa nel cui cortile cresce un nespolo e una nave chiamata la Provvidenza.
Per migliorare la situazione economica Padron ‘Ntoni, padre di Bastianazzo, acquista con soldi prestati dall’usuraio zio Crocifisso, un carico di lupini da rivendere: ma la barca affonda e Bastianazzo muore. Per pagare il debito devono vendere la casa, Luca e Maruzza a causa del colera e di una battaglia navale; ‘Ntoni, figlio maggiore di Bastianazzo di dà al contrabbando, ma ferisce una guardia e viene imprigionato; Lia compromessa dalle voci che girano sulla sua relazione con Don Michele scappa di casa; Mena decide di non sposare Alfio Mosca. Dopo la morte di padron ‘Ntoni è Alessi a riscattare la casa del nespolo, si sposa con Nunziata, ricomincia a fare il pescatore e ospita a casa Mena. L’opera termina con la visita di ‘Ntoni alla casa del nespolo , si rende conto che si deve allontanare dal paese.

Fabula e intreccio coincidono, le vicende coprono un periodo di 15 anni; i personaggi ricordano quelli di Fantasticheria.
Il romanzo presenta le condizioni degli umili ed è privo di commenti da parte del narratore; il messaggio sottointeso è l’ideale dell’ostrica. Il valore più importante è la religione della famiglia, il personaggio che incarna meglio questo ideale è Alessi. Le disgrazie dei Malavoglia hanno origine con il tentativo di migliorare la situazione economica della famiglia.
La conclusione è densa di significato perché ‘Ntoni si accorge di non appartenere più alla famiglia e di essere un estraneo ed essendo incapace di adattarsi decide di scappare.
La visione di fondo che emerge è contrassegnata da un giudizio pessimistico sulla vita, che è lotta, fatica e spesso fallimento per chi difende i valori familiari.
Lo stile e la tecnica nel romanzo sono innovativi: Verga presenta le vicende, l’intreccio e i personaggi senza commentare, egli punta a commentare solo il fatto.
Verga si propone di descrivere la realtà così come è, abbandonando i personaggi sentimentali e passionali; l’autore è considerato un osservatore che rappresenta il microcosmo umano; a differenza di Manzoni, Verga si propone di narrare fotografando la realtà.
La pietà verso le vittime della fiumana del progresso è sottointesa e non viene mai espressa direttamente.
Il linguaggio è semplice e rappresenta una mescolanza tra il toscano e la parlata locale

Mastro Don Gesualdo: Verga con questo romanzo ha l’obiettivo di analizzare il comportamento umano nei diversi ambienti sociali, a partire dal pescatore per poi salire nella scala sociale ed arrivare agli aristocratici.
L’autore accompagna la sua visione del progresso che determina lo sviluppo della società, ma travolge anche molti nel suo cammino. Lo scrittore focalizza la sua attenzione sull’ambiente di coloro che riescono a fare il salto di classe e diventano ricchi; Mastro-don Gesualdo rappresenta questa categoria.
La stesura del romanzo dura 8 anni, nel 1889 esce la versione definitiva, diviso in 4 parti per un totale di 21 capitoli.

L’opera è ambientata a Vizzini e ha come protagonista un muratore, mastro Gesualdo Motta; che si dedica alla costruzione di mulini e con intelligenza, tenacia e spirito di sacrificio si arricchisce accumulando terre e denaro. È amato dalla serve Diodota che però abbandona nonostante i 2 figli perché vuole diventare un signore. Per questo sposa Bianca Trao, e quando scopre che è incinta del cugino ne accetta la maternità. La moglie non lo ama e continua a vagheggiare suo cugino Nini. Nini intanto si innamora di un’attrice e si indebita con Don Gesualdo per i capricci dell’attrice, quando la moglie di Nini lo viene a sapere rimane paralizzata e intanto nasce isabellina, figlia di Bianca.
La fanciulla scappa con la madre a Vizzini, dove si innamora di Corrado La Gurna, con cui fugge. Il padre però la dà in sposa al vecchio duca di Leyra.
I notabili del paese nel 1848 si schierano con i rivoltosi nei moti rivoluzionari, solo Gesualdo si oppone in difessa della proprietà; intanto Bianca muore di tisi e i rivoltosi attaccano i magazzini di Gesualdo ritenuto mandante dell’assassinio di Nanni L’Orbo, capo dei rivoltosi e marito di Diodota. Gesualdo rifugiato nel palazzo dei Trao è circondato dall’odio e anche la figlia lo scarica per le umili origini. Gesualdo si ammala di cancro allo stomaco e viene ricoverato nel palazzo del duca di Leyra. Il dialogo con Isabella gli fa capire quanto lei sia infelice per il torto subito. Gesualdo muore solo.

Il racconto è ambientato in una piccola città di provincia; il tema principale è il miglioramento delle condizioni economiche, Gesualdo fa parte di quella classe sociale che aspira al riconoscimento sociale. L’ideale dell’ostrica è presente anche in questo romanzo.
Il racconto mostra la pessimistica visione della vita e della società, Verga ha sfiducia nel destino umano.

Il Verismo di Giovanni Verga: Il Verismo è il fenomeno culturale letterario che in Italia si manifesta e si diffonde negli ultimi decenni dell’Ottocento. La sua genesi va direttamente rinvenuta in seno al grande moto romantico il quale, fin dal suo sorgere, affermò l’esigenza realistica accanto a quella idealistica.
Il realismo, che è la denominazione più lata del verismo, non fu solamente un movimento letterario ed artistico, ma fu innanzitutto una convinzione filosofica che prese il nome di Positivismo. Per esso, anche nella ricerca filosofica, nell'esplorazione dello spirito umano prevale il metodo scientifico.
In Europa, inoltre, e più particolarmente in Italia, la situazione politica e sociale preparava il terreno più idoneo a questa corrente di pensiero e di arte.
La fede nell’ideale, che aveva alimentato il nostro glorioso Risorgimento, era stata seguita da un atteggiamento realistico dominato dalla preoccupazione di avviare a risolvere i gravi problemi politici, economici e sociali, la cui urgenza non tollerava indugi.
Milano, capitale culturale e artistica d’Italia, fu all’avanguardia del moto veristico, i cui programmi e fini si preannunciano, negli scrittori “scapigliati” che oscillano, come è noto, tra atteggiamenti realistici e decadentistici, nel tenace anche se vago desiderio di reagire all’eredità della tradizione che sentivano ormai estranea alle loro aspirazioni.
Come è noto, il Verismo non è un fenomeno originale italiano. Esso, infatti, ebbe origine ed acquistò consapevolezza di se stesso in Francia, dietro l’influenza della grande narrativa inglese e russa.
In Francia prese il nome di naturalismo ed ebbe il suo teorico in Taine e i suoi rappresentanti letterari in Zola, Flaubert, Maupassant, De Goncourt.
Il Verismo italiano rappresenta una forma meno esasperata del naturalismo francese, l’acclimatazione nostrana della rivoluzione d’oltralpe.
In Francia il Naturalismo proclamava imperiosamente la necessità di un’arte nascente da documenti umani, indagati e ritratti con l’impersonalità e l’impassibilità dello scienziato e del fotografo.
Nacque così il romanzo sperimentale che trovava la sua materia narrativa nei bassifondi della metropoli francese e ritraeva spassionatamente un’umanità dominata dal vizio e prostrata dalla miseria, che nell’alcool non vedeva il suo abbrutimento, ma un’illusione di riscatto.
A questo stato primitivo e istintivo di un’umanità appartenente ai più bassi strati sociali si rivolgevano di preferenza i naturalisti francesi, nella convinzione che solo qui poteva rinvenirsi una natura umana autentica, senza veli e senza ipocrisie, che insieme al suo ambiente fedelmente ritratto costituiva il materiale necessario ed insostituibile per la nascita di una vera opera d’arte.
Vi era pertanto in quegli scrittori un polemico e consapevole ripudio del complicato e sofisticato mondo della borghesia e della nobiltà, lontano dalla istintività e dalla sincerità della gente primordiale.
Teoricamente la poetica naturalistica e quella veristica vengono a coincidere. Ma in Italia le rigide norme dei teorici francesi vennero temperate e adattate alla nostra diversa civiltà.
Anche lo sfondo o l’ambiente delle vicende narrate dai veristi italiani è infatti, quello primitivo, non degradato, ma è, invece, quello sostanzialmente sano della nostra provincia, per cui Luigi Russo ebbe a definire per primo “provinciali” i nostri scrittori veristi.
Anche il teorico del verismo italiano, Luigi Capuana, sostenne che l’opera d’arte doveva apparire creazione spontanea, impersonale.
E il Verga, che brevemente ma efficacemente teorizzò sul verismo, scrisse tra l’altro, nella prefazione de “L’amante di Gramigna”: “...l’opera d’arte sembrerà essersi fatta da sé, aver maturato ed essere sorta spontanea come un fatto naturale, senza serbare alcun punto di controllo col suo autore; ...che essa stia per ragion propria, per il solo fatto che è come deve essere ed è necessario che sia, palpitante di vita ed immutabile al pari di una statua di bronzo, di cui l’autore abbia avuto il coraggio di eclissarsi e sparire nella sua opera immortale”.
In definitiva le differenze tra il Naturalismo ed il Verismo riguardano innanzitutto gli ambienti e le classi sociali oggetto della rappresentazione artistica.
Il Naturalismo predilige i quartieri periferici delle grandi città, i bassifondi parigini, gli emarginati, gente abbruttita dall’alcool e dal vizio. L’Italia anche per il ritardo dello sviluppo industriale non ha le grandi metropoli francesi e non conosce, se non marginalmente, quella realtà degradata e ghettizzata.
Protagonisti delle opere dei veristi italiani sono perciò non i miserabili ma gli umili: poveri pescatori, contadini, muratori, artigiani della provincia italiana.
Il Verismo italiano costituì una reazione non solo al patetismo del tardo romanticismo, ma anche al classicismo, alla fredda accademia, alla sonora retorica, all’espressione raffinata ma vuota e generica.
Gli ideali veristici di concretezza e di aderenza alla realtà portarono a preferire le forme del romanzo e del dramma, più idonee ad esprimere la nuova poetica, che, come si è detto, tende a ritrarre direttamente dal vero, per cui l’arte deve essere riproduzione obiettiva di autentica vita.

L'opera di Giovanni Verga: Nella storia della sua formazione umana e letteraria, Giovanni Verga approdò al Verismo come si approda in un porto sicuro dopo il lungo travaglio di una tempesta.
Prima il Verga aveva fatto esperienze varie e diverse nel campo della narrativa.
Era partito come scrittore romantico, con “I Carbonari della montagna”. Di un romanticismo più retorico che sentito e che non fuggiva alle seduzioni di quei languori che avevano costituito le ragioni prime del decadere del romanticismo stesso.
Gli anni trascorsi a Milano fecero si che egli sentisse non poco gli influssi della Scapigliatura, i quali si notano soprattutto in molti dei romanzi giovanili dello scrittore, quali Eros, Eva, Tigre reale, Storia di una capinera, Una peccatrice.
I protagonisti di questi romanzi si somigliano tutti, perché in tutti è presente l’animo dello scrittore. Sono accomunati da una aspirazione a una vita più luminosa, aspirazione che veniva però travolta dall’inesorabile realtà.
“Nasceva così – dice il Pompeati – il tema dei vinti che finirà per sedurre il romanziere in modo programmatico; ma i vinti qui si agitano in un gorgo di passioni sfrenate, in un satanismo manierato che toglie ogni grandezza al loro dramma.
E se il Verga, come è probabile, confessò in quei protagonisti se medesimo, dovette sentire nel loro linguaggio e nei loro gesti una falsità che li rendeva testimoni reticenti della sua inquietudine. Reticenza umana, ma soprattutto reticenza artistica.Quella maniera gli pesò come una schiavitù. E se ne liberò”.
L’inizio di questa liberazione fu la pubblicazione della novella “Nedda”, bozzetto siciliano nel quale, in “nuce”, sono già presenti tutti gli elementi che costituiranno le ragioni e i contenuti dei Malavoglia e di Mastro Don Gesualdo, cioè, dei capolavori verghiani.
Il ritorno alla sua terra natale suggellò questa liberazione e significò per il Verga la scoperta della via alla vera arte sua.
I Malavoglia” e “Mastro don Gesualdo” sono dunque i capolavori del Verga e sono i primi due romanzi di quello che sarebbe dovuto essere il ciclo dei vinti programmato in cinque romanzi, che però il Verga non scrisse mai, tranne il primo capitolo e parte del secondo de “La duchessa di Leira”. Gli altri due sarebbero dovuti essere “L’Onorevole Scipioni” e “L’uomo di lusso”.
Quel che è necessario sottolineare riguarda l’animo con cui lo scrittore affronta la materia del racconto, l’atmosfera che egli ha saputo creare nelle pagine dei suoi romanzi.
Il Verga riprende il concetto dei vinti ma questi sono diversamente concepiti da quelli dei suoi romanzi giovanili.
Sono vinti, alcuni della famiglia de I Malavoglia, perché nell’incalzare progressivo della civiltà hanno teso le mani avidamente, spinti dalla scontentezza del proprio stato, verso una condizione superiore e sono stati travolti dalla marea, quasi un castigo per essersi ribellati alla loro condizione originaria. Così la famiglia, che era vissuta unita e serena pur nella difficoltà di una vita di miserie, si disperde, travolta da una serie di disgrazie.
Ma di tutta la famiglia rimane il più giovane, Alessi, che si sposa e ricompra la casa del “Nespolo”.
C’è un significato profondo in questo ultimo episodio: “quella casa è come il simbolo augusto della tradizione familiare e ci avverte che la fedeltà alla tradizione riacquista il suo impero e si appresta a ricostruire quello che il destino ha distrutto... Vincono, è vero, gli spiriti ostili, ma l’affermazione ideale è altissima. E prima di tutto la lotta non sarebbe così viva se questa famiglia di analfabeti non fosse costituita in una vigorosa saldezza etica originaria... In tal modo questi primitivi acquistano qualcosa di antico e sembrano espressi veramente dall’anima di una stirpe per affermare i valori ideali".
L’impersonale e impassibile Verga infonde nei suoi personaggi una nobiltà che è la stessa sua nobiltà: "sincero anche in questo, nel far partecipare i suoi eroi, i suoi fraterni eroi della marina siciliana, di quel suo fatalismo triste eppure attivo, di quella convinzione che il mondo è così com’è perché così deve essere e che pure da questa elementare accettazione della realtà si può trarre l’idea di un dovere da compiere, di una legge da servire”.
Di Mastro don Gesualdo possiamo dire che è il romanzo dell’esasperato desiderio di mutar condizione sociale e della più amara sconfitta di un uomo che, rinnegando il suo originario ambiente, il suo mondo povero ma pulito, viene rinnegato nel momento del bisogno e della disperata solitudine da questo mondo povero e pulito. E Gesualdo muore solo, da tutti abbandonato, solo, schernito, nel palazzo dove è stato prigioniero da quei servi che provengono dal suo stesso antico mondo.
Per tornare ai Malavoglia, di cui si è cercata di mettere in risalto la dimensione letteraria, aggiungiamo che il romanzo del Verga (come del resto un po’ tutti i romanzi veristi da quelli del Capuana a quelli della Deledda, della Serao o Di Giacomo) esprime anche un’istanza sociale che spinge lo scrittore verista a mettere in luce, in un quadro vivo e drammatico, pur nella sua apparente freddezza documentaria, condizioni di vita veramente disumane o dominate da secolari pregiudizi.
Non è un caso che i più grandi scrittori veristi siano del centro sud dell’Italia: erano le regioni più depresse soprattutto sotto il profilo socio economico e tale depressione si rifletteva inevitabilmente sulla condizione più generalmente esistenziale delle plebi miserabili del Mezzogiorno.
Di fronte a tale condizione di umana sofferenza ogni teoria di impersonalità e di obiettività inesorabilmente distaccata dalla pietà o dalla commozione, non poteva più esistere né essere affermata.
E questo è il caso del Verga sul quale la terra natale ha esercitato una potente e struggente suggestione.
Scrivendo, l’artista sentiva accendersi un sentimento appassionato che diventava la forza segreta e viva che trasfigurava, pur nella tenace aderenza alla realtà ambientale ed umana, la terra nativa.
Non potremmo concludere più degnamente questo lavoro che ricordando quanto ebbe a scrivere sul Verga e in particolare sui “Malavoglia” Luigi Russo, il quale si soffermò sull’ultima pagina del romanzo, quella dell’addio di ‘Ntoni.
Il grande critico pone l’accento sul paesaggio, sull’ambiente, sui particolari realistici che costituiscono le voci di “un coro sommesso e patetico”.
Egli considera come l’immutabilità del mondo di Acitrezza, fissata con un’attenzione apparentemente fredda e distaccata, agli aspetti e alle abitudini di una vita che non varia, acquista invece una forza lirica e un senso profondo: diviene l’emblema di una condizione umana particolare e del destino degli uomini tutti, vittime sconsolate della spietata legge dell’esistenza: “Tutto è immutato in quel piccolo mondo, come nell’universo; e questa eternità del tempo e delle cose, accennata con particolari anche meschini, finisce con l’essere la condanna più tragica del reietto, dell’escluso. Il suo esodo non pare la partenza da una casa, da un paese, ma da un emisfero, dall’universo stesso, per un viaggio senza lido e senza ritorno”.
Tale è la partenza di ‘Ntoni da Acitrezza: “Egli levò il capo a guardare i Tre Re che luccicavano e la Puddara che annunziava l’alba, come l’aveva vista tante volte. Allora tornò a chinare il capo sul petto e a pensare a tutta la sua storia”.

Vita e Opere di Verga, riassunto

La carriera di Giovanni verga si sviluppò attraverso 3 fasi narrative : la produzione scapigliata, il bozzetto siciliano e la produzione verista.

Verga emigrò da Catania a Milano per far carriera. Qui avvenne il suo incontro con la corrente letteraria degli scapigliati, grazie alla quale riscuoterà un gran successo.

Alcune opere importanti di questo periodo sono la "storia di una capinera" ;che narra la storia di una ragazza che é stata forzata a divenire monaca a causa della mancanza di soldi e della conseguente impossibilità del matrimonio; e "Nedda". In quest ultima opera possiamo notare il primo confronto con i personaggi del popolo. Quindi possiamo notare come quest opera venne scritta durante il periodo del amicizia con Capuana e dei contatti con zola ed il naturalismo, quindi il periodo della svolta verista. Nel 1876 fu pubblicata L inchiesta di franchetti-sondino , nella quale venivano descritte in maniera specifica le condizioni di vita del sud. Quest opera rappresentava una vera e propria documentazione sulla realtà. Prendendo spunto da essa, verga scrisse diverse opere, la prima fu la novella di rosso Malpelo nel 1878. In queste opere del periodo verista possiamo notare una grande differenza tra verga e zola, infatti verga prende le distanze dalla Sicilia e la descrive attraverso L utilizzo di documenti e testimonianze. La scelta da parte di verga del verismo fu una scelta prettamente stilistica. Caratteristico dello stile verghiamo è L ideale del ostrica, un ideale prettamente conservatore: infatti chi tenta di cambiare la propria condizione finisce male. Quest ideale del ostrica è possibile ritrovarlo in diverse opere di verga, come ad esempio nei malavoglia o libertà. Rispetto al naturalismo verga attuerà un eclissi totale del narratore: esso verrà regredito all interno dei personaggi, quindi si potrà notare all interno delle opere verghiate sia un narratore collettivo, come nei malavoglia, o un narratore che è un personaggio facente parte del contesto sociale nel quale la storia si svolge, come in mastro don Gesualdo o nella novella la roba.

Il pensiero e la poetica: La carriera di verga durò dieci anni, infatti fu considerato scrittore solo dopo la svolta verista, avvenuta con la composizione di Nedda nel 1874. Con questa svolta verga si allontano da temi patriottici e mondani delle classi sociali alte e si avvicinò sempre più al mondo contadino e ad i suoi valori e tradizioni. Questa svolta fu causata da un processo di maturazione ideologico e culturale complesso. Infatti prima del 1874 sperimento diversi generi letterari. Venendo a conoscenza delle condizioni economiche e sociali delle classi più basse, ipotizzo che il compito dello scrittore fosse orientare la ricerca letteraria sui fatti nudi e crudi ( schietti?) che sono alla base dii questa realtà così complessa. Questa maturazione if causata dalla scoperta dei romanzi naturalisti di zola e dall amicizia con capuana, un altro siciliano che emigro al nord. Una tappa importante della poetica verghiamo fu segnata dalla pubblicazione nel 1877 del inchiesta in Sicilia di franchetti-sonnino, nella quale venivano descritte le piaghe sociali del meridione, causate dalla delusione post unità e da una crisi degli ideali risorgimentali. Così per verga si formarono delle nuove prospettive letterarie, che lo portarono alla pubblicazione delle due prime novelle veriste: Nedda e rosso malpelo. In queste opere furono introdotti nuovi canoni come L oggettività e L impersonalità. Spesso per questi canoni fu accostato a zola. Però tra questi due scrittori vi erano delle differenze fondamentali, infatti per zola il romanziere doveva essere uno scienziato, invece per verga il romanziere doveva utilizzare la narrazione come un potente strumento di denuncia e descrizione schietta della realtà. Fra il naturalismo francese e il verismo italiano gli unici punti di contatto presenti erano i nuovi canoni narrativi di oggettività e impersonalità. Infatti verga oltrepassa i limiti imposti dal naturalismo: affiderà la narrazione alla condensazione, quindi ellissi del narratore e ritmi accorciati; traduce nel linguaggio comune L universo delle classi sociali inferiori( regressione, utilizzo di proverbi, modi di dire, strutture grammaticali tipicamente dialettali eccecc.) ; rifiuta L e utilizzo stretto del dialetto e si distanzia dal copiare passo per passo la realtà, infatti crea una sintassi artificiale, nella quale cala strutture linguistiche italiane unite a cadenze e ritmi del dialetto siciliano. Così facendo , verga tenta di non limitare il pubblico(poiché aspira ad un orizzonte nazionale). Quest operazione di ampliare il pubblico in un primo momento fu molto difficile, poiché nel l'Italia post unità il popolo voleva essere rassicurato e non voleva conoscere i diversi problemi della realtà in cui vivevano. Le opere di zola invece uniscono la scienza all arte , dal punto di vista dei metodi e del linguaggio. Le sue opere erano fondate sui comportamenti umani , effetti di determinanti fattori. Quindi esse erano un mezzo di denuncia dei Mali della societá , utilizzati per trasformare e migliorare la realtà.
Ergo zola presentava una posizione progressista. Al contrario verga, presentando una totale sfiducia nei confronti della scienza e del applicabilità del sistema scientifico all arte, attuava una severa critica nei confronti del progresso, presentando così un conservatorismo che esclude totalmente la possibilità di una trasformazione positiva della società. Da questa posizione conservativa verga sviluppo L ideale del ostrica. Quindi nella poetica verghiamo prevale un attenzione alla dimensione antropologica , basata sui piccoli borghi siciliani, poiché in essi si poteva trovare una ricca varietà di valori e tradizioni. Per zola ed i naturalisti invece il campo di lavoro era Parigi, città malata dal vizio e dall industrializzazione, poiché i piccoli borghi erano ancora lontani dall industrializzazione. Pur utilizzando Parigi come campo di lavoro, i naturalisti analizzarono tutta la società, dai nobili ai contadini. Invece verga ed i veristi italiani preferirono valorizzare le varietà regionali, che presentavano una ricchezza ed una complessità straordinaria dal punto di vista artistico, sociale ed antropologico. In particolare come campo di lavoro utilizzarono la Sicilia, regione più arretrata rispetto alle altre e ricca di sentimenti ed umanità.

Esiti narrazione verghiana: Per verga il verismo era il punto di partenza per un processo letterario che serve a descrivere la realtà e L umanità nei loro diversi aspetti. Così rappresentò la vita morale, sentimentale m affettiva dei ceti più bassi. Infatti non attuo una descrizione del popolo dall alto e rinuncia ad ogni forma di giudizio( presente nelle opere naturaliste). Così introdusse il nuovo canone dell impersonalità e L ottica estranea. Infatti verga tende ad occultare i significati delle vicende che racconta, poiché siamo la natura che la rappresentazione del contesto devono narrarli. Quindi il romanziere deve analizzare i dati mentali, la mentalità e la psicologia dei contesti sociali di cui vuole parlare. Uno degli obiettivi della poetica verghiana è la rappresentazione del mondo del emarginazione sociale ( nelle opere di zola egli si immerge fisicamente in esso per descriverlo). Verga parti dal contesto siciliano. Quando iniziò a parlare della sua terra d origine senti il bisogno di dover mantenere la distanza fisica da quel mondo, arrivando così a considerare il romanzo come una ricostruzione intellettuale di quel mondo, e non una copia identica della realtà. Di conseguenza verga studio usi e costumi locali, recupero raccolte di proverbi , arrivando così a ricostruire abitudini e mentalità tipiche siciliane. Tutto questo avvenne attraverso L uso di una nuova tecnica narrativa: la regressione. Essa porto lo scrittore ad "arretrare" dalla visione del mondo intellettuale-borghese fino a catapultarsi in una nuova ottica, un ottica rurale. Infatti nelle opere veriste la forma deve essere inerente al soggetto, quindi non vi deve essere uno scarto culturale tra la voce narrante e i personaggi. Di conseguenza non é presente un narratore onnisciente, ma un narratore anonimo e popolare, che racconta i fatti dall interno della comunità. Questa nuova tecnica del impersonalità però, nn azzera la distanza tra il punto di vista del l'autore e del narratore. Infatti il punto di vista dell autore è basato su una precisa visione ideologica della società e su un sistema di valori ben definito, che arriva al lettore tramite L artifizio dello strani amento, che fa apparire al lettore strano ciò che è normale , e normale ciò che è strano. Questo giudizio quindi non viene condiviso dal lettore che avverte la differenza tra i punti di vista e di conseguenza per capire la realtà, la rovescia. In questa distanza tra i punti di vista, il lettore riesce a capire la posizione del l'autore.

Materialismo, determinismo e destino: La prospettiva ideologica nella quale verga si muove, è influenzata da diverse teorie positivistiche assunte in maniera critica e ribaltate nei loro esiti. Infatti nei romanzi naturalisti possiamo notare una concezione deterministica della realtà (rave milieu moment) che condiziona pesantemente i protagonisti. Invece in verga possiamo notare una visione materialistica del l'esistenza, dominata da egoismi individuali e dalla logica del profitto economico, traducibile semplicemente come la legge della giungla o meglio con la teoria di Darwin : il più forte ha la meglio e domina sul più debole. Questo destino è un destino che pesa su tutto e tutti ed è il limite delle aspirazioni umane. Quindi verga da un lato condivide la visione progressiva della storia tipica della sua epoca, dall altro invece considera il progresso come una macchina mostruosa, che può solo portare a terribili conseguenze. Così verga riconosce il carattere determinato ed irreversibile del corso storico, poiché mostra come il progresso nasconda tragedie individuali e collettive. Per verga la vita degli uomini è regolata dai meccanismi della storia e della natura, quindi essa è basata sulla lotta per L esistenza ( Darwin strugge for life). Verga quindi mette in scena istinti comuni per ogni essere umano. Ad esempio, il desidero di migliorare le proprie condizioni , considerato da verga come il motore dell agire sociale. Esso infatti scatena ambizioni ed avidità. Però verga ê interessato principalmente alla faccia negativa del progresso, poiché , secondo verga, lo scrittore deve fare un analisi lucida e sincera della realtà, dando così vita ad una ferma rigida spietata denuncia.

Il ciclo dei vinti è un ciclo di 5 romanzi ( espresso già nella prefazione dei malavoglia) che verga progetto per studiare gli effetti del progresso e singoli e sulla comunità. Infatti secondo verga il progresso porta gli individui ad allontanarsi dai propri valori e dalle proprie tradizioni per intraprendere nuove vie. Così verga sviluppo in queste opere L ideale dell ostrica, principalmente presente nella fantasticheria. Esso afferma che come L ostrica staccata dallo scoglio dove era destinata a vivere è costretta a morire, così L uomo quando rinuncia alle proprie radici e a viver meglio,inizialmente si sente un vincitore ma col passare del tempi sarà costretto a soffrire ed infine a morire. Questo ciclo doveva presentare una logica ascensionale, cioè passare dale classi più basse alle classi più alte. Infatti entrambe possiedono diversi bisogni e desideri ma lo stesso comportamento, anche se ovviamente in forme diverse. Questa logica ascensionale fu ripresa da parte di verga dai precedenti scrittori naturalisti, come zola e Balzac , che , come scienziati, partendo dal semplice passavano al complesso. Di questo ciclo però furono completati e pubblicati solo i primi due romanzi, cioè i malavoglia e mastro don Gesualdo.

Novelle: La novella Nedda fu la novella della svolta verista, nella quale furono introdotte diverse tecniche stilistiche, come ad esempio il narratore esterno che assume una certa posizione condizionando il lettore, L utilizzo di un linguaggio colto unito a rare espressioni dialettali. Questa novella racconta la storia di una raccoglitrice di olive che, rassegnata al suo destino di povertà , diventa crudele. In questa novella verga mostra in tutta la sua crudeltà il tema del l'esclusione sociale e della logica economica traducibile con la legge del più forte.

La raccolta di novelle "vita dei campi" è il primo esperimento verista. In esso ricostruisce una galleria di personaggi ai margini della comunità agreste siciliana. Queste novelle potevano presentare un protagonista singolo, isolato dall ambiente circostante ( lupa rosso malpelo) oppure potevano presentare una situazione collettiva , considerando così come protagonista della storia il popolo ( malavoglia, cavalleria rusticana). Essi sono diversi dagli altri, vengono considerati come estranei al contesto agreste siciliano. Di conseguenza le storie raccontate da verga vengono considerate come avventure di un eroe solitario e strano unite ad un fatti di cronaca che descrive una situazione ai limiti del reale. Al centro delle novelle verghiana troviamo il tema dell amore, considerato però come passione irresistibile che porta sempre ad una tragedia. Nelle novelle possiamo trovare un evoluzione stilistica di verga. In esse infatti L autorenarratore scompare, venendo sostituito da una voce narrante-popolare (sviluppo tecnica impersonalità/regressione). Ad esempio nella novella fantasticheria il narratore deve ricamare L attenzione sulla Sicilia dei contadini ( all interno di questa novella possiamo trovare dei personaggi che verranno aggiunti in seguito all interno del romanzo i malavoglia, novella in cui è presente ideale dell ostrica). Le novelle rusticane sono percorse da pessimismo e desolazione. All interno di esse sono presenti diverse figure potenti che sono il cuore della struttura economica patriarcale e contadina dei paesini. In queste novelle è rappresentato il conflitto per L interesse economico e in particolare, all interno di esse il tema della roba presenta una posizione di rilievo ( mastro dom Gesualdo/ la roba(Mazzarò)

I Malavoglia: dopo aver ottenuto un modesto successo dalla pubblicazione di Nedda, verga decise di puntare tutto su un nuovo progetto con ambientazione popolare. Di questo processo fece diverse bozze, arrivando poi alla pubblicazione dei malavoglia, al cui interno erano presenti temi e personaggi presi da fantasticheria. Lo sviluppo di diversi bozzetti fu dovuto sia al passaggio alla nuova poetica verista e sia alla nascita del meridionalismo a causa della pubblicazione dell'inchiesta in Sicilia di Franchetti-Sonnino. Nei malavoglia verga vuole descrivere il mondo della povera gente , non attraverso una rappresentazione dal vivo, ma grazie allo studio di descrizioni degli scrittori dell epoca e dall analisi dei suoi ricordi, per arrivare così, al termine di questa ricostruzione intellettuale, a fornire un modello sempre più reale della vita agreste siciliana, e, citando il Luperini, verga unisce così la cultura del mare con la cultura della terra. La città in cui si sviluppa questo romanzo è Acitrezza, ovviamente piccolo borgo siciliano. All interno di questo borgo la popolazione pè molto curiosa e pettegola e quindi è sempre presente coi suoi commenti, che donano alla narrazione una grande ricchezza espressiva e tematica, salvandolo così dalla monotonia della storia. vita e opere di VergaQuindi possiamo affermare che il popolo di Acitrezza è il secondo protagonista dei malavoglia. Esso infatti fa emergere diversi motivi ( ricatti egoismo interessi economici) e toni( drammatico comico) che forniscono un unità strutturale e stilistica al romanzo. La vicenda si sviluppa inizialmente tra il 1863 e il 1877,e, negli ultimi capitoli, tra il 1877 e 1878. Queste date le possiamo dedurre dal romanzo , infatti nel primo capitolo ntoni parte per la leva militare, istituita dopo L unità d Italia, oppure negli altri capitoli attraverso la morte di Luca nella battaglia navale di Lissa e la morte di Maruzza a causa dell'epidemia di colera. All interno del romanzo possiamo ritrovare diversi richiami a situazioni e alle problematiche del meridione post unità, come ad esempio il conflitto tra repubblica e chiesa, le tasse e il contrabbando. Il tempo delle vicende viene scandito dalle stagioni , costellazioni, maree, cicli di raccolti ma non dalla storia. Grazie a questa caratteristica possiamo notare una delle caratteristiche del pensiero di verga, cioè che L inserimento della storia nel l'universo chiuso e rurale siciliano porta a cambiamenti, e , di conseguenza , problemi e susseguiresti tragici.
La narrazione delle vicende avviene senza flashback o flashforward ma con varie indicazioni cronologiche. Le vicende avvengono principalmente nella città di Acitrezza, sopratutto nei luoghi principali, come la piazza, la farmacia e L osteria. Grazie a questa scelta L autore ci vuole far notare la profonda contrapposizione tra il mondo piccolo e vicino del paese e il mondo esterno, grande e lontano, ignoto, pericoloso e portatore di morte. Dirigersi in questo mondo significava perdersi ed andare in contro la morte, come successe per Luca, oppure come successe per Ntoni, che tornato dalla leva apparve corrotto disorientato in quel mondo piccolo e chiuso che per diversi anni fu la sua casa. All interno dei malavoglia possiamo notare una prospettiva anti-idillica, una contrapposizione dei codici ideologici del mondo agreste con i codici ideologici del mondo moderno e un contrasto tra la realtà chiusa e protetta di Acitrezza e la realtà pericolosa e tentatrice del mondo. Durante gli sviluppi del romanzo, la modernità piano piano si addentra nella città, portando così la formazione di due gruppi di cittadini : in un gruppo ci sono i. Malavoglia e qualche altro loro compaesano. Essi rappresentano coloro che vogliono mantenere i valori antichi del lavoro, della famiglia e dell'altruismo, e che vogliono mantenere le tradizioni.(per rispettare e mantenere questi valori padre Ntoni, nel corso del romanzo, sarà costretto a vendere la casa del nespolo, storica casa della famiglia malavoglia, alla quale era così attaccato che desiderava morirci dentro). Nel secondo gruppo invece ritroviamo il resto del villaggio,(Padron cipolla, zio crocifisso, Pedipapera, Zuppidda, don Silvestro) , legato all interesse personale. Di conseguenza appartengono a questo gruppo tutti i personaggi avari, maligni ed avidi. Uno dei contrasti che hanno un ruolo fondamentale all interno dei malavoglia , è il contrasto tra padron Ntoni e Ntoni. Padron Ntoni é visto dai lettori come L eroe di un epica popolare, essendo legato ai valori, al lavoro, alla famiglia ed alle tradizioni e volendo proteggerli, ad ogni costo. Ntoni invece, conosciuto il mondo, tornati ad Acitrezza, non riuscì più a rispettare i valori con i quali era cresciuto, e così, al suo interno si formarono diversi conflitti, tra i valori coi quali era cresciuto ed i valori conosciuti nel mondo. Questi vari conflitti erano tra l'etica del lavoro e del guadagno, tra L etica della famiglia e dell'utile, tra le radici della casa e la voglia di conoscere il mondo.
Questo personaggio quindi è il vero e proprio "diverso" personaggio verista. Questo poiché Ntoni è consapevole di essere un estraneo rispetto al mondo dal quale si è allontanato, Sa che non può più rimanerci e deve andarsene. Alla fine del romanzo Ntoni lascerà la città. Questo "sradicamento", per verga e secondo l'ideale dell'ostrica, rappresenta il preludio della sua morte. L unico dei personaggi del romanzo che può essere accostato a Ntoni è la sorella Lia. Infatti entrambi sono vittime del desiderio dello star meglio ed entrambi lasceranno la città, con conseguenze tragiche. Questi conflitti che caratterizzano L animo di Ntoni lo renderanno incompatibile con gli altri personaggi. Nel romanzo i malavoglia è presente il pessimismo verista. Questo lo possiamo notare da diverse caratteristiche. Alla fine del romanzo possiamo notare come la città , non riuscendo a contrastare il moderno, subirà diverse trasformazioni (romanzo antiidillico, finzione di serenità ma quando arriva il mondo moderno avviene la catastrofe). Un altro indizio grazie al quale possiamo notare il pessimismo verista nei malavoglia è la presenza dei valori. Questo perché forse i valori a cui i malavoglia sono tanto legati forse non sono mai esistiti. Infatti dalle descrizioni e dai racconti si arriva alla conclusione che i valori che sono alla base della vita umana sono L egoismo e la brama di guadagno, quindi pur tentando di migliorare il tutto, si otterrebbero conseguenze catastrofiche. Da queste varie caratteristiche possiamo notare come sia il pessimismo verista, sia la sua logica conservatrice e , naturalmente, L'ideale dell'ostrica, siano presenti all interno dei malavoglia. In questo romanzo possiamo notare diverse novità della poetica verista, come ad esempio la forma che è inerente al soggetto e quindi variabile, o anche il metodo dell'impassibilità, grazie al quale il narratore nn è chi conosce la storia e giudica ma narra i fatti neutralmente, senza ne esprimere giudizi o pensieri e senza influenzare il lettore.
Di conseguenza viene meno anche la figura dell'autore-scienziato introdotta da Zola e dal naturalismo francese. Un altra tecnica usata da verga all interno dei malavoglia è la tecnica della regressione, che permette al narratore di guardare e narrare i fatti con L ottica dei personaggi. Ciò porta ad una rappresentazione del reale e di tutto L ambiente circostante. Questo avviene tramite la narrazione dei fatti secondo la cultura e la mentalità dei protagonisti che si identificano con modi di dire , proverbi, espressioni dialettali, tutti quanti facenti parte della cultura collettiva. L uso del dialetto stretto avrebbe portato verga ad avere solo un pubblico limitato. Naturalmente, per evitare ciò, verga uni alla struttura della lingua italiana sintassi e cadenze caratteristiche del dialetto siciliano. Infatti possiamo notare diverse strutture e modalità del discorso orale, come il che polivalente, i pronomi ridondante e L utilizzo di diversi verbi o modi di dire. Tutto ciò ha portato la narrazione ad assomigliare ad un lungo racconto orale. L utilizzo di diversi proverbi e modi di dire siciliano hanno permesso un aumento della realtà, hanno reso il racconto più "reale".

Cavalleria rusticana: E' la storia di Turiddu Macca, un contadino siciliano, figlio di una signora chiamata Nunzia. Prima di partire a fare il militare, era fidanzato con Lola, una signorina che voleva sposare e amare di tutto il suo cuore. Però, nel frattempo, Lola si è fidanzata con Alfio, un carrettiere che è molto più ricco di Turiddu: ha « quattro muli in stalla » mentre la madre di Turiddu ha dovuto vendere la loro unica mula. Turiddu rincasa, e un giorno incontra finalmente Lola quando va alla processione della Madonna del Pericolo. Lei gli spiega che è la volontà di dio di diventare la moglie di Alfio, e ora tutti e due sanno che non hanno più niente da dirsi. Turiddu è bel ragazzo, ma non è tante ricco quanto « compare Alfio ; allora è roso dalla gelosia, dalla delusione, e tutti sparlano di questo. Quindi vuole vendicarsi, decidendo di sedurre Santa, che abita la casa di fronte a quella di Alfio, per fare ingelosire Lola. Suo padre, Massaro Cola, è vignaiulo, è « ricco come un maiale » ; e Turiddu comincia a lavorare come operaio e sedurre la ragazza , girando intorno a lei ; però è presto cacciato da Cola. Allora la ragazza gli apre la finestra e così chiacchierano la sera. A poco a poco, mentre Santa si innamora di Turiddu, Lola li spia la sera alla finestra, nascosta dietro un vaso di basilico. Lola è gelosa e rimpiange un pò Turiddu. Un giorno lo chiama e lo invita a casa sua di notte. Santa ne se rende conto e chiude la finestra perchè si sente tradita, ferita; ora vuole vendicarsi. Allora quando Alfio torna dalle fiere con bei regali per sua moglie, Santa gli dice che è stato tradito. L’offesa è molto grande ; e un giorno, Alfio da un appuntamento a Turiddu per l’indomani nei fichidindia all’alba : questi due protagonisti si danno il bacio della sfida e si affrontano in un duello straziante e sanguinoso, armati solamente di un coltello. La storia finisce tragicamente con la morte di Turiddu.

Canzoni sdegno sotto finestra Lola , marito Lola va all osteria dove stava turisti e gli da appuntamento per una sfida, tu ridi accetta dicendo che ci sarà sicuro tramite il bacio della sfida ed il morso all orecchio. Vuole vincere per non vedere madre piangere, accecato dal terreno perde. Temi passione amorosa onore gelosia, diversi dialoghi diretti con modi di dire e termini siciliani.

La lupa: La novella di Verga racconta di una donna che veniva chiamata “Lupa” perché non era sazia mai delle relazioni con gli uomini. Descrive molto bene la donna fisicamente occhi neri come il carbone, labbra rosse e carnose, seno vigoroso, alta, pallida e magra. Sua figlia Maricchia era triste per il comportamento della madre e sapeva che nessuno mai l’avrebbe presa in sposa anche se era bella e aveva buona dote. Tutte le donne del paese quando passava si facevano il segno della croce perché avevano paura che potesse portare via da loro i mariti e i figli solo con uno sguardo. Un giorno la Lupa si innamorò di Nanni che era un ragazzo che era tornato da poco da un servizio militare e che lavorava nei campi. La lupa una sera gli confessò il suo amore ma lui la respinse dicendole che voleva in sposa sua figlia Maricchia. La Lupa se ne andò via con le mani nei capelli e non tornò da lui per due mesi. Ad ottobre la Lupa si presentò con la figlia da Nanni e li fece sposare. Offrì loro la sua casa a patto che le lasciassero un angolino per dormire. La Lupa aveva vicino a sé Nanni e lo importunava sempre. Egli le chiese più volte di non presentarsi al fienile, ma Nanni cedette ed ebbe una relazione con la Lupa. Maricchia lo venne a sapere e litigò con la madre dandole della ladra e le disse che se avesse continuato ad importunarlo sarebbe andata dal brigadiere, e così fece, e il brigadiere disse alla Lupa di lasciare la casa ma lei rifiutò perché la casa era la sua. Un giorno Nanni ricevette una pedata da un asino nel petto e rischiò la vita. Il sacerdote si rifiutò di confessarlo per timore che la lupa fosse lì. Se ne andò ma tutto tornò come prima e la Lupa continuava a perseguitarlo fino a che Nanni non minacciò di ucciderla. Un giorno Nanni mentre stava tagliando gli alberi la Lupa arrivò con dei Papaveri rossi in mano, e Nanni le disse:"avvicinati e io ti uccido".

La novella è caratterizzata da un ritmo rapido ed intenso. La protagonista è una donna che rifiuta i valori del contesto sociale in cui si trova e, di conseguenza, gli abitanti del villaggio la emarginano ed hanno un terrore di lei, un terrore superstizioso. Esso è possibile notarlo dai comportamenti dei cittadini, che quando passa mostrano la croce e la considerano sola come una cagnaccia. Come molte altre novelle, la lupa viene raccontata dal punto di vista dei compaesani. Infatti viene descritto il comportamento della donna come non rispettoso nei confronti dei valori del contesto e quindi viene considerata anormale ed incomprensibile. Ovviamente sono presenti modi di dire popolari, proverbi e la sintassi del parlato. Da ciò possiamo capire come nella novella viene espresso un giudizio negativo nei confronti della donna, chiamata lupa per vari motivi: lupa dantesca, il lupo è un animale feroce e la donna chiamata lupa non è un essere umano ma un animale feroce. Lei viene considerata diversa, strana, come rosso malpelo. Questo stato di diversità le viene attribuito poiché ha un modo diverso di vivere la sessualità rispetto alle persone del villaggio(almeno così appare..,). Quindi a causa di questa diversità infrange i principi morali del villaggio e viene considerata come un principio di minaccia e disordine. La novella è ambientato in un luogo non definito, ma sicuro in campagna, luogo che esalta la sessualità e la passionalità. Il tempo lo stesso non è definito, le vicende seguono i ritmi agrari, il susseguirsi delle stagioni. Quindi sia lo spazio che il tempo sono vaghi, ed insieme vanno a creare questa ambientazione"leggendaria", che giustifica L agire sacro della lupa. Con questo agire sacro, la lupa riuscì anche a sedurre il prete del villaggio. Le donne del paese, invece, a causa di questo agire "sacro" hanno paura di lei, le attribuiscono un carattere diabolico e la considerano come la tentazione del diavolo. Il conflitto principale sul quale si basa il romanzo, è il conflitto tra passione ed interesse economico, tra la vera e propria passione della lupa per Nanni e la passione falsa di Nanni, che sposa la figlia della lupa solo per guadagnare.

La roba: Rusticane del 1883. Questa novella è raccontata da un ipotetico viandante, che attraversando le terre della Sicilia si trova in mezzo alla sterminata proprietà di un certo Mazzarò. Da qui il viandante si dedica alla descrizione della vastissima proprietà di Mazzarò, parlando degli uliveti, dei vigneti e delle sterminate file di armenti, da qui la sua immaginazione viaggia e immagina il signor Mazzarò come un uomo che "fosse disteso tutto grande per quanto era grande la terra, e che gli si camminasse sulla pancia". Poi il lettighiere che accompagna il viandante, gli spiega come fosse fatto effettivamente Mazzarò e quanto fosse straordinariamente ricco. Egli lo descrive come una persona avara e senza scrupoli ma anche estremamente, intelligente e furba. Dice di lui che non era un nobile siciliano, come la maggior parte dei proprietari terrieri dell'epoca, ma un semplice contadino, che aveva fatto fortuna contando solo sul suo lavoro e sulla sua forza di volontà. Infatti, Mazzarò aveva lavorato per un nobile locale che ora a stento gli poteva dare del tu, e tutto quello che aveva e si era guadagnato lo doveva al suo lavoro e alla sua abilità di vendere e risparmiare avaramente, per accumulare sempre più "roba". Per Mazzarò l'oro, disprezzare, poiché appena guadagnava piante o animali che l'argento, la carta moneta e il denaro in generale erano da non avevano valore. Solo la roba aveva un valore, ed egli non dei soldi li spendeva subito, per comprare altra roba: terreno, fossero. Alla fine il protagonista, che per tutta la vita aveva risparmiato, "mangiando quello che mangiava quando era povero" e trattenendosi da ogni tipo di vizio, che poteva sottrargli del denaro, si rende conto che è solo, e che non sa a chi donare tutto il suo immenso patrimonio. Non potendo portarselo nella tomba si dispera e incomincia ad uccidere i suoi animali, la sua "roba".
Nel primo periodo della novella vi è una descrizione della vastità dei possessi di Mazzarò. Questa narrazione è stilisticamente quasi epica ed accentua il carattere dello scenario nel quale la novella si svolge. Il tema sul quale si fonda la novella è il tema del possesso, tema principale di altre opere di verga (malavoglia e Mastro Don Gesualdo), e possiamo notare come lo sviluppo di questo tema in questa novella giunga al culmine, portando così Mazzarò ad essere L archetipo dei personaggi desiderosi di ottenere più roba possibile ( Mastro Don Gesualdo, zio crocifisso). Le voci della narrazione sono sia della gente che risponde alle domande sulla proprietà delle terre e sia di Mazzarò stesso. Quindi possiamo notare come lo stile corale, già proposto nei malavoglia, è riproposto in questa novella. Lo stile è il classico stile verista, cioè un unione di formule popolari, sintassi popolari con le strutture della lingua italiana. La roba viene nominata ossessivamente all interno della novella, così come ossessivo è il comportamento finale di Mazzarò, che ossessionato dall'idea di perdere tutta la sua roba alla sua morte, inizia ad uccidere la sua roba. Questa ossessione descritta sia tramite la ripetizione continua della parola e sia attraverso i comportamenti di Mazzarò è un ossessione diffusa in questa nuova società, nella quale regna il desiderio di avere più roba possibile e nella quale chi ha più roba ha più potere , è più forte ed è più importante degli altri. Le ultime scene ci forniscono la morale dell'interna novella: la smania di possesso e insensato attaccamento alla roba che il protagonista ha perseguito fino ad identificarsi in essa. L atto finale col quale si chiude la novella è un mix di epici tra è tragicità.

Libertà : La novella “Libertà” di Giovanni Verga si svolge nel pieno del risorgimento italiano, in un paesino siciliano chiamato Bronte.

A Bronte tutti i contadini e le persone meno ricche del paese volevano, anche a costo di morire, la libertà, all’inizio dopo i primi insulti contro i galantuomini da parte dei popolani, la situazione è completamente degenerata, sono morti tantissimi “cappelli” (soprannome con cui erano definiti ii galantuomini, per via della coppola, il loro berretto), oltre ai galantuomini, tra i quali: baroni, baronesse, avvocati, notai guardaboschi (uomini che avevano il compito di proibire ai contadini di cacciare, raccogliere frutti, ecc. nelle terre dei baroni e delle baronesse) preti, sono morti anche tantissimi popolani nella ressa, ma anche tantissimi bambini, figli di baroni, notai, avvocati, che i popolani hanno ucciso con la scusa che un giorno sarebbero diventati come i loro genitori.

Alla fine del macello però, i popolani si accorsero che forse avevano un po’ esagerato nell’uccidere persone, perché quando la mattina seguente dovevano dividersi le terre abbandonate dai baroni, tutti si iniziarono ad odiare, perché non c’erano più notai che distribuivano le terre e tutti volevano avere la parte più grande, per diventare più ricchi degli altri.

Successivamente arrivò Garibaldi, il grande condottiero italiano, accolto dai contadini come un liberatore, che ordinò subito di fucilare un po’ di contadini, i primi che capitavano.

Dopo un po’ i contadini si accorsero che la libertà non aveva cambiato niente della loro vita, perché di tutte le terre non sono finite a loro.

In questa novella verga mette in scena un triste avvenimento della storia italiana. Brente, Sicilia, poco dopo lo sbarco di Garibaldi e dei mille, i contadini siciliani attendono una riforma agraria contro lo sfruttamento dei grossi proprietari terreni. Questa speranza fu riaccesa dall'arrivo di Garibaldi in Sicilia. A causa della troppa attesa e del troppo disagio, i contadini iniziarono una rivolta che si prolungò per diversi mesi, finendo col diventare un eccidio di nobili e borghesi. Garibaldi per paura che tutti prendessero esempio dai contadini di Bronte, decide di mandare le sue truppe. Questa novella è il classico esempio di ricostruzione intellettuale ottenuto dagli studi di documenti e archivio e testimonianze. In questa novella possiamo notare la visione negativa di verga del progresso. Infatti dalla narrazione trapela un pensiero contro i ribelli ed il socialismo, un pensiero che afferma che ogni ideale, anche se buono, può modificare il corso naturale delle cose, e che quindi i deboli sono destinati a soccombere. Sia all inizio che alla fine della romanza è presente un fazzoletto tricolore, che all inizio viene fatto sventolare, e che alla fine si trova penzolante. Quel fazzoletto tricolore rappresenta la speranza della libertà dei contadini, che all inizio è viva , e che alla fine viene soppressa dai soldati e che fa pensare che tutta la violenza avvenuta fosse insensata.

Allo stesso modo possiamo trovare la parola libertà, che all inizio viene gridata ad alta voce dai contadini , e che alla fine viene nominata dal carbonaio, ormai disilluso. Alla fine la parola libertà appare svuotata di ogni possibile valore ed ideale. Verga da inizio alla novella con un attacco in medias res, senz'altro introduzione, catapultando il lettore direttamente nel l'azione. Nella descrizione iniziale della rivolta, verga pone maggior attenzione sugli effetti drammatici dell'evento e successivamente sul ritorno alla normalità e sui tentativi vari di modifica.

Nella novella libertà possiamo notare un contrasto tra le varie macrosequenze: la prima macrosequenza descrive ampiamente la violenza della rivolta mentre la seconda che descrive L'arrivo del general Bixio è molto rapida. Questa rapidità con cui viene descritto L'arrivo di Bixio è la stessa rapidità con ci la situazione ritorna all ordine, facendo così apparire tutte le violenze avvenute insensate. In quest'opera il popolo viene rappresentato come un mare in tempesta, come un torrente. Di conseguenza le azioni del popolo sono considerate irrazionali e dovute solo all istinto ed ai fini economici. Nella prima macrosequenza vige un ritmo veloce e concitato e più volte è presente L immagine del sangue e delle falci.

Il mondo descritto da Rosso Malpelo è un mondo nero e tetro come la miniera. Egli afferma che il mondo è diviso in due parti: il mondo terrestre ed il mondo infero. La miniera è rappresenta il mondo infero («nera, inerte e desolata, con picchi e burroni, senza che un grillo vi trillasse o un uccello che venisse a cantarci»), un labirinto e nel quale la direzione è perduta (« essa è un intricato labirinto di gallerie ove uomini camminano smarriti nel buio») una prigione (immagine introdotta dall’evaso nel corso del racconto). Questo mondo viene contrapposto al mondo arioso e luminoso terrestre, caratterizzato da l’azzurro del cielo e del mare, il verde dei campi ed il giallo del sole « fuori della cava/ il cielo formicolava di stelle che splendevano anche sulla sciara/ il mare formicolava di scintille». Qui di giorno c’è chi lavora «cantando sui ponti/ in alto/ in mezzo all’azzurro del cielo, col sole sulla schiena/ o fra i campi, in mezzo al verde, e il mare turchino la in fondo, e l canto degli uccelli sulla testa». Quindi possiamo notare come il mondo terrestre viene descritto da Malpelo e dal narratore come un mondo felice. Un mondo , però , rifiutato dallo stesso Malpelo. Egli infatti , oltre a preferire il buio della miniera, considera il mondo spietato. Di conseguenza, tramite la conservazione degli oggetti e dei vestiti del padre, cerca di costruirsi attorno un’ambiente di sicurezza, un’ambiente nel quale è ancora presente il padre. Questo “ambiente” è un ambiente che lo rassicura e lo protegge dagli altri, da una società che ha provocato in lui una profondissima e insanabile ferita. quando assiste alla morte del padre, travolta dall’indifferenza di tutti i lavoratori, diventa Malpelo più cupo e maligno del solito. Malpelo non ha mai ricevuto una carezza dalla madre, un abbraccio della sorella, è da sempre stato costretto a lavorare nella cava, senza mai poter gustare l’azzurro del cielo o il verde dei campi, e per questo ha elaborato una filosofia particolare: lui lascia che gli altri lo picchino senza pietà, si rassegna a sopportare , ma intanto impara a picchiare più forte, per poi riuscire a vendicarsi a suo modo, di soppiatto.
Lui è crudele con i ragazzi, perché vuole vendicarsi sui più deboli per tutto il male che gli altri fanno a lui. Rosso Malpelo sfoga la sua rabbia contro il povero asino grigio e protegge a suo modo il suo unico amico, Ranocchio, colpendolo senza pietà, affinché impari a non lasciarsi picchiare dagli altri. A causa delle tre morti presenti nel racconto, Malpelo sviluppa un particolare pensiero riguardante la morte: la fine della vita è vista come la fine delle sofferenze, infatti i morti non possono più sentire le percosse.” gli vedeva il viso trafelato e l’occhio spento, preciso come quello dell’asino grigio allorché ansava rifinito sotto il carico nel salire la viottola, egli borbottava: ― È meglio che tu crepi presto! Se devi soffrire a quel modo, è meglio che tu crepi! ― “.

L’ambiente che viene narrato da Verga e quello di un paesino rurale della Sicilia.
Verga per raccontare meglio la vita siciliana non ci mette a conoscenza solo della sua esperienze di vita, di persona di origine siciliana, ma si documenta, attraverso un inchiesta parlamentare sulla vita in Sicilia di Sonnino-Franchetti nel 1876. Mostrandoci la povertà del mondo meridionale; l’ignoranza e i pregiudizi; l’ambiente lavorativo arretrato; lo sfruttamento minorile, l’arretratezza del sistema d’estrazione nella miniera;La mancanza di sicurezza; lo strapotere del padrone e la mancanza di lavori alternativi. Questa descrizione del mondo è possibile ricostruirla tramite un’attenta analisi delle vicende e delle descrizioni presenti all’interno dell’opera.
All’interno della novella di Rosso Malpelo possiamo trovare usato l’artificio della regressione (chiamato cosi da G.Baldi). questo artificio consiste, per Verga, nell’”arretrare” dalla sua visione del mondo (borghese ed intellettuale), arrivando ad assumere l’ottica, i valori tradizionali ed il linguaggio della comunità popolare , protagonista del racconto. Infatti, già nei primi righi della novella, possiamo notare come il narratore “regredisce al livello culturale dei suoi personaggi , adottando il modo del parlato popolare. Ad esempio ogni sequenza della narrazione si richiama alla precedente riprendendone la frase di chiusura ( era morto....era morto cosi), oppure l’utilizzo del che polivalente, che assume funzioni che nella lingua corretta assegna ad altre congiunzioni (mastro Misciu raschiava ancora il suo pilastro che l’avemaria era suonata da un pezzo), o ancora l’utilizzo del perché che esprime un pregiudizio che viene accettato in un ambiente rurale come la Sicilia dell’’800, ma che sicuro sarebbe rifiutato da una persona di media cultura.
La novella possiede un sistema di personaggi, che entrano tutti in rapporto Rosso . Non vi sono relazioni dirette dei personaggi tra loro, ma solo quelle che ciascuno di essi ha singolarmente con Malpelo; ciò conferma una struttura narrativa incentrata sul solo protagonista. Essi li possiamo dividere in due gruppi antitetici tra loro : il gruppo dei persecutori ed il gruppo degli oppressi ed esclusi. Entrambi i gruppi sono formati ognuno da cinque personaggi: nel primo poniamo la madre e la sorella di Rosso, il padrone della miniera e lo Sciancato e l’ingegnere; nella seconda, Mastro Misciu e l’asino grigio, Ranocchio e la madre di Ranocchio e l’evaso. Nel primo gruppo la madre e la sorella di Rosso rappresentano per Malpelo l’oppressione nella famiglia, la seconda coppia invece l’oppressione nella cava. L’ingegnere resta estraneo da questi due luoghi. Allo stesso modo, nel secondo gruppo vediamo un’altra coppia come la madre di Ranocchio e il figlio(famiglia)e la coppia Mastro Misciu e l’asino( lavoro), (per quanto l’unico rapporto di relazione tra loro sono dei paragoni). Anche qui l’evaso è estraneo da queste due coppie. Ma quest’ultimo e l’ingegnere costituiscono a loro volta una coppia basata su una relazione di opposizione/lavoro ( l’ingegnere dirige i lavori nella cava nella quale l’evaso lavora come operaio per diverse settimane): questi sono due personaggi liberi, appartenenti ad un mondo diverso rispetto a quello della cava e della comunità rurale, e sono collocati simmetricamente uno all’inizio e uno alla fine del racconto, forse non casualmente.
Nella novella viene descritta la centralità dell’importanza della lotta per la sopravvivenza tramite diverse similitudini animalesche , che costituiscono un aspetto importante del tessuto retorico della novella e servono anche per evidenziare che Malpelo è sottoposto alle stesse leggi di violenza e sopraffazione da parte degli uomini.Ad esempio Malpelo è un monellaccio che tutti schivavano “come un can rognoso” ; “rosicchia” il pane “come fanno le bestie sue pari” ; si lasciava caricare “meglio dell’asino grigio” ; quando tentano di staccarlo dal luogo in cui è rimasto sepolto il padre, lui “mordeva come un cane arrabbiato” ; egli è paragonato a “quegli asini che lavorano nelle cave per anni e anni senza uscirne mai più, ed in quei sotterranei (...) ci restano finché vivono” . sia Malpelo che il padre vengono più e più volte paragonati agli asini, gli animali che , schiavizzati, lavoravano nelle cave. Quindi come gli asini, anch’essi erano solo degli attrezzi di lavoro , che appena si rendevano inutilizzabili, venivano buttati via. si lasciava caricare meglio dell’asino grigio”. Però vi è una differenza tra di essi : gli asini, siccome il pozzo è a picco e loro non possono entrare in nessun altro modo in esso, vengono calati con delle funi. Malpelo, pur considerando le cave come una casa, quando vuole può uscirne, poiché possiede le mani per aiutarsi con la fune. Invece l’asino può uscirne solo se lo faranno uscire e lo faranno uscire solo dopo esser divenuto inutilizzabile, morto.
La novella è scandita da tre morti che assumono un significato profondo: la morte del padre, del vecchio asino grigio e di Ranocchio. Malpelo nella prima parte della novella è molto legato al padre , che rimane schiacciato sotto un pilastro che crollò mentre lui stava terminando un lavoro. Viene chiamato l’ingegnere della cava (che si trovava in quel momento a teatro) ma il tentativo di soccorso fallisce. Cosi Malpelo perderà un punto di riferimento ed entrerà in crisi che lo farà riflettere nei riguardi della sua vita ( “ma quello era stato il mestiere di suo padre, e in quel mestiere era nato lui”). Successivamente Rosso si legherà con Ranocchio , offrendogli utili consigli di come affrontare la vita in miniera ( “se ti accade di dar delle busse, procura di darle più forte che puoi; così coloro su cui cadranno ti terranno per da più di loro, e ne avrai tanti di meno addosso”). Nel frattempo morì di stenti e vecchiaia l’asino grigio che aveva lavorato ogni giorno con Malpelo nella cava. Il carrettiere lo gettò lontano nella sciara e Malpelo affermò”Così si fa! Gli arnesi che non servono più si buttano lontano”. Nei giorni successivi costrinse Ranocchio ad andare con lui a visitare la carcassa dell’asino perché “a questo mondo bisogna avvezzarsi a veder in faccia ogni cosa, bella e brutta”. Subito dopo la morte del Ranocchio Malpelo resterà solo senza alcun riferimento e inizierà a pensare al suo suicidio e successivamente andrà in contro alla morte inoltrandosi nella cava. Dopo la morte del padre Malpelo diventa « più tristo e cattivo del solito pareva gli fosse entrato il diavolo in corpo» e scarica tutta la sua cattiveria sugli altri (picchia, per esempio, senza pietà, l’asino grigio che lo accompagna quotidianamente nel lavoro nella cava). Cosi inizia a considerare il mondo spietato. Di conseguenza, tramite la conservazione degli oggetti e dei vestiti del padre, Malpelo cerca di costruirsi attorno un’ambiente di sicurezza, un’ambiente nel quale è ancora presente il padre. Questo “ambiente” è un ambiente che lo rassicura e lo protegge dagli altri, da una società che ha provocato in lui una profondissima e insanabile ferita, che lo porterà a formulare una filosofia del tutto personale: lui lascia che gli altri lo picchino senza pietà, si rassegna a sopportare , ma intanto impara a picchiare più forte, per poi riuscire a vendicarsi a suo modo, di soppiatto. L’episodio della morte del vecchio asino grigio permette a Malpelo di dimostrare e confermare la sua considerazione della vita, un percorso assurdo e denso di sofferenze in attesa della morte. Il passo è denso di riflessioni di Rosso sulla logica della violenza che sfociano nello sviluppo di un particolare pensiero riguardante la morte: la fine della vita è vista come la fine delle sofferenze, infatti i morti non possono più sentire le percosse.” gli vedeva il viso trafelato e l’occhio spento, preciso come quello dell’asino grigio allorché ansava rifinito sotto il carico nel salire la viottola, egli borbottava: ― È meglio che tu crepi presto! Se devi soffrire a quel modo, è meglio che tu crepi! ― “. Quando muore invece il suo amico Ranocchio , Rosso si stupisce moltissimo dell’enorme sofferenza provata dalla madre; infatti Rosso non aveva mai visto sua madre soffrire così tanto per lui e nemmeno riusciva ad immaginarlo possibile.
All’interno della novella c’è una contrapposizione netta fra il buio e il rosso della rena (colori di Malpelo) e l’azzurro del cielo e del mare, il verde dei campi, il giallo del sole (colori degli altri personaggi). Il colore rosso appare per la prima volta all’inizio della novella nella descrizione dei capelli di Malpelo. esso diventa un motivo ricorrente che viene riproposto più volte. Il mondo diMalpelo è nero e tetro come la miniera e il rosso che lo attraversa è il colore della violenza e della distruzione, simbolo caratteristico dello stesso protagonista che “sembrava fatto apposta per quel mestiere, persin nel colore dei capelli”. Solo in un’occasione appaiono altri colori, quando Malpelo sogna di non lavorare più nella cava, ma all’aperto: qui i colori chiari rappresentano il desiderio irrealizzabile a un cambiamento radicale che Rosso Malpelo sa di non poter affrontare. Malpelo ama il buio, ama la notte, ama i cieli neri, senza stelle; la sua campagna è la sciara «nera e rugosa», la sua vita è la rena rossa.Verga vuole essere imparziale nei confronti di Rosso. Cosi infatti adotta il punto di vista di un altro personaggio (a noi sconosciuto) per raccontare la storia, evitando cosi di esprimere un giudizio sullo svolgimento degli avvenimenti (impersonalità). quindi è difficile ricostruire il punto di vista dell’autore su Rosso Malpelo. se consideriamo, però, le parole usate dal narratore come le parole dell’autore, allora dovremmo pensare che nemmeno Verga non provi pietà per quel ragazzo coi capelli rossi e che si chiamava Malpelo.

Poetica e Opere di Verga

1. Dalla Sicilia e ritorno: La vita di Giovanni Verga si svolse tutta in tre luoghi, Catania, Firenze e Milano, con un itinerario che trascorse dalla Sicilia al continente, per poi riapprodare nell’isola che, dopo l’unificazione d’Italia (1861) forniva spunti particolarmente istruttivi.
Verga nacque a Catania nel 1840 dalla discendenza di una famiglia aristocratica; studiò per quasi dieci anni nella scuola privata del poeta Antonino Abate e, appena sedicenne aveva cominciato la sua carriera romanzesca con quella che sarà, poi, la trilogia dei romanzi catanesi, tutti a carattere storico:
  1. Amore e patria[/i], rimasto inedito;
  2. Carbonari della montagna, pubblicato nel 1861-62;
  3. Sulle lagune, pubblicato a puntate sulla rivista fiorentina “La nuova Europa”. Sulle lagune segna il primo mutamento significativo nell’itinerario narrativo verghiano, già irreversibilmente distante dal Romanticismo patriottico.
Nel 1872 lo scrittore si allontanò per un ventennale soggiorno milanese; in questi anni si cementò il sodalizio con Luigi Capuana (1839-1915), già conosciuto a Firenze nel 1865.
Affascinato dalla «grand’aria della vita di una grande città», Verga conosce Milano nel momento in cui, da un alto la borghesia postunitaria elaborava il mito della “capitale morale”, dall’altro un’intensa vita culturale. La borghesia imprenditoriale svolse un ruolo fondamentale perché, probabilmente, fuori da Milano Verga non si sarebbe mai posto l’opzione verista e non avrebbe scelto di analizzare i plebi meridionali, soprattutto nel recupero a distanza della “pacifica vita dei campi”.
Eloquenti a questo proposito sono gli articoli che lo stesso Verga scrisse in occasione dell’Esposizione nazionale di Milano inaugurata il 5 maggio 1881, Milano 1881 e Mediolanum che contribuirono a tratteggiare l’immagine di una metropoli moderna, operosa e produttiva.
È da notare l’influenza sui romanzi verghiani pubblicati fra il 1873 e il 1875 del movimento milanese della Scapigliatura di cui facevano parte Emilio Praga, Arrigo Boito e Felice Cameroni; anche se, tuttavia, molti degli ingredienti che danno vita a questi romanzi sono ancora tipici del racconto tardoromantico. Forse più direttamente apparentata con la Scapigliatura è la Prefazione a Eva, dove l’arte contemporanea viene identificata con «il cancan sugli scatolini dei fiammiferi» condividendo il fervore polemico della Scapigliatura nei confronti di una società che aveva mercificato anche l’espressione artistica.
Si tende a far coincidere la prima anticipazione della poetica verista di Verga con la pubblicazione del 1874 del «bozzetto siciliano» Nedda, la novella in cui, per la prima volta, un’ambientazione rusticana fa da cornice alla storia di una povera raccoglitrice di olive. In realtà la novella non presenta particolari novità né dal punto di vista tematico né stilistico e, già nel 1875, Verga in una lettera all’editore Treves dà notizia del «bozzetto marinaresco» Padron ‘Ntoni al quale sta lavorando.
C’è stato un ampio e acceso dibattito tra i sostenitori di una netta cesura tra i romanzi fiorentino-milanesi e quelli della successiva stagione verista e chi invece sosteneva la continuità nell’intera produzione verghiana. Certo è però che con i Malavoglia (1881), Verga offrì davvero un’opera di originalità assoluta.
Dopo il fallimento dell’impresa romanzesca La marea, gli ultimi anni di attività letteraria dello scrittore segnarono un ritorno più convinto all’esperienza teatrale e a una produzione novellistica ormai distante dal Verismo.
Il 1893 fu l’anno del ritorno dello scrittore a Catania, il quale visse i suoi ultimi anno volontariamente lontano dal mondo letterario. Morì nel 1922 stroncato da una trombosi cerebrale nella città natale.

2. L’inizio della stagione verista: Se si vuole trovare una data simbolica che inauguri la stagione verista di Verga, questa va identificata nel 1878, anno di composizione delle novelle Rosso Malpelo e Fantasticheria, che convergeranno, poi, nella raccolta Vita dei campi (1880).
La lettera prefatoria alla novella L’amante di Gramigna (1880), indirizzata all’amico Salvatore Farina, costituisce un documento fondamentale per verificare la chiarezza con cui lo scrittore aveva elaborato i postulati teorici della propria poetica. Egli parla di «fatti diversi», cioè di fatti di cronaca realmente accaduti, che da allora dovranno rappresentare il contenuto privilegiato dell’opera letteraria, in opposizione ai fatti inventati.
Il racconto dovrà sussistere da sé e rendere evidente la concatenazione dei fatti secondo uno «sviluppo logico» che si giustifichi autonomamente, ignorando la «mano invisibile dell’artista» (anche nella resa linguistica, che dovrà rispettare i canoni semplici della narrazione popolare); in questo modo l’opera letteraria sembrerà «essersi fatta da sè».
Le novelle della raccolta Vita dei campi testimoniano lo sguardo ambivalente che Verga rivolge alle classi basse della gerarchia sociale, diviso fra la convinzione che a ogni livello della società domini la legge del più forte e la volontà di continuare a credere che nel mondo rurale possa esistere una realtà incontaminata. Tale contraddizione è felicemente risolta nella dialettica fra la storia e il mito che diviene uno dei pilastri fondamentali nella costruzione dei Malavoglia.

  • Il narratore di Fantasticheria, rievocando un soggiorno ad Aci Trezza, cerca di interpretare alla sua interlocutrice cittadina aristocratica una realtà di pescatori a lei assai lontana. Al termine della novella le illustra l’«ideale dell’ostrica»: una metafora che esprime «il tenace attaccamento della povera gente allo scoglio»; questo è per i deboli un modello di immobilità necessaria, la sola che possa garantire loro la sopravvivenza.
  • In Rosso Malpelo la prospettiva del racconto è del tutto differente; ogni idealizzazione è scomparsa e il giovane Rosso Malpelo appare vittima dell’oppressione dell’ambiente in cui vive; è però una vittima cosciente ed assume il ruolo di “coscienza critica”, capace di cogliere le responsabilità storiche e sociali della violenza che domina la collettività in cui vive. La sua consapevolezza si traduce nell’assimilazione cosciente e spregiudicata della legge del più forte.
L’autore fa in modo che il filtro del narratore popolare eserciti un’ottica straniante nei confronti dei comportamenti del protagonista; il contrasto irriducibile fra la prospettiva della voce narrante e un sistema di ragioni e di sentimenti che tale voce non può arrivare a comprendere dà luogo al fenomeno dello straniamento.
La diversità di Malpelo è inoltre accentuata da due innovative tecniche narrative: l’artificio della regressione (il narratore regredisce al livello mentale della comunità popolare che ritrae) e il discorso indiretto libero (una sorta di sintesi tra discorso diretto e discorso indiretto, eclissi del narratore).

3. I Malavoglia: I Malavoglia prende forma dal «bozzetto marinaresco» Padron ‘Ntoni; lo scrittore tuttavia, come parla in una lettera del 21 aprile 1878 all’amico Salvatore Paola Verdura, andava elaborando un progetto più ampio: creare un ciclo di romanzi che, indagando i diversi livelli della società, dimostri come la «lotta per l’esistenza» e i crudeli meccanismi del calcolo economico dominino la convivenza sociale. Il ciclo de I vinti (prima intitolato La marea) comprendeva cinque romanzi:

  1. I Malavoglia
  2. Mastro-don Gesualdo
  3. La duchessa delle Gargantas (poi divenuto La duchessa di Leyra)
  4. L’onorevole Scipioni
  5. L’uomo di lusso

I Malavoglia uscirono nel 1881 a Milano presso l’editore Treves e furono un completo fiasco, tuttavia supportato dagli amici scrittori, Verga porta avanti il progetto.
Nella Prefazione de I Malavoglia Verga esprime come nel “ciclo de I vinti” egli voglia raccontare come il desiderio di ogni uomo di «star meglio» costituisce, in ogni classe sociale, il primo movente dell’ attività umana e della spinta propulsiva del progresso. Senonché, chi tenti di mutare il proprio stato è sempre destinato alla sconfitta travolto dalla «fiumana del progresso», cioè il tema dell’individuo che, inconsapevolmente, coopera per il progresso dell’umanità ma nella sua breve vita non sarà in grado di giovarne.
La vicenda le romanzo si estende dal 1863 al 1877 circa e prende avvio dal tentativo della famiglia Malavoglia di migliorare condizione sociale passando da pescatori a commercianti. Il naufragio in mare della loro barca, la “Provvidenza”, carica di lupini, segna l’inizio del declassamento della famiglia perché, l’usura tipica in Sicilia rende impossibile alla famiglia ripagare il debito contratto con l’acquisto dei lupini.
Il romanzo è ambientato nel borgo siciliano di pescatori di Aci Trezza ed è popolato da una variegata molteplicità di personaggi che si impongono mano a mano da soli quasi stordendo il lettore all’inizio della lettura. Questo artificio però permette a chi legge di prendere gradualmente confidenza con i personaggi e «dare l’illusione completa della realtà».
Lo spazio di Aci Trezza è uno spazio chiuso, circoscritto ulteriormente dallo status del narratore. Esso assume una valenza simbolica, appare, infatti, come estremo baluardo di un mondo non ancora travolto dal progresso. Questa sorta di dimensione mitica viene assunta anche dal tempo; il tempo è scandito dal ritmo delle stagioni e dal ricorrere delle festività religiose. Il passaggio dalla stabilità del tempo mitico all’instabilità di quello storico trova rappresentazione nell’esperienza di ‘Ntoni, il quale alla fine del romanzo deciderà di partire senza più tornare nell’ambiente originario.
Ne I Malavoglia la tecnica dell’ “artificio della regressione” viene perfezionata, facendo in modo che l’opera appaia come «essersi fatta da sé»: ciò significa, fra l’altro, un registro linguistico e stilistico abbassato e l’uso frequente del discorso indiretto libero.
Secondo il critico Guido Baldi, la scelta di Verga di non adottare il punto di vista di un intellettuale borghese è da spiegarsi alla luce della convinzione di Verga che non possano darsi alternative alla realtà esistente (il narratore esterno implicherebbe la fiducia in un intervento in grado di cambiare le cose).
Nel romanzo un incancellabile residuo di idealismo assegna un privilegio morale alla famiglia Malavoglia, facendone l’unica fedelmente ancorata ai valori dell’onestà, del rispetto, della solidarietà. Accade allora che si crei una frattura tra l’ottica degli abitanti del villaggio e quella dei Malavoglia. Con efficaci procedimenti di straniamento i sentimenti puri della famiglia vengono interpretati e rappresentati come “anomali”; al contrario le stesse forze economiche possono caricarsi di significati morali. L’attenta regia del narratore illumina le due ottiche inconciliabili permettendo ai Malavoglia un punto di vista interno in modo che risalti chiaramente l’opposizione fra il loro sistema morale e la deformazione a cui questo viene sottoposto quando passa attraverso l’ottica malevola dell’intera comunità paesana.
Quindi, come si vede, Verga continua a far convivere nella propria ideologia il vagheggiamento di un mondo sottratto alle crude leggi della lotta per la vita e l’indagine disincantata sugli spietati rapporti fra gli uomini; il persistere di un’oasi d’eccezione ne I Malavoglia risponde soltanto a un desiderio soggettivo dell’autore.

4. Le novelle rusticane: Poco dopo l’uscita de I Malavoglia Verga nella risposta a un recensore benevolo che sottolinea i difetti, insiste sul fatto che sia necessario individuare nuove vie per estirpare la radicata tradizione retorica della prosa italiana. Lo scrittore si apprestò, dunque, a proseguire il “ciclo dei Vinti” e nel 1883 vennero pubblicate sia Novelle rusticane sia Per le vie, due raccolte contenenti entrambe dodici racconti.
Le Novelle Rusticane, ambientate per lo più nella campagna siciliana, danno spazio a una moltitudine di personaggi ancora più diversificata rispetto a quelli di Vita dei campi, compaiono, infatti classi sociali di un gradino superiori a quella rappresentata ne I Malavoglia come esponenti della borghesia, della nobiltà decaduta e di un clero spregiudicato e arricchito.
Tutto è dominato dall’esigenza dell’accumulo di «roba», la novella intitolata appunto La roba anticipa, infatti, personaggi e temi di Mastro-don Gesualdo: la vita del contadino Mazzarò volta all’accumulo forsennato di una prodigiosa ricchezza.
Nelle Novelle rusticane come in Per le vie (invece, ambientata nei quartieri di una Milano industriale), Verga si mantiene fedele al principio di una forma «inerente al soggetto», perciò sviluppa nuove possibilità di narrazione impersonale: la voce narrante tende ad adattarsi di volta in volta al livello del protagonista della novella imponendo talora l’adozione di punti di vista diversi dovuta alla varietà e alla mobilità dei personaggi.

5. Mastro-don Gesualdo: La stesura di Mastro-don Gesualdo ha avuto tempi molto lunghi; Verga si era illuso di pubblicare il secondo romanzo del “ciclo dei Vinti” poco dopo l’uscita de I Malavoglia e, invece, i continui cambi di editore e la sua stessa indecisione lo costrinsero a portare a termine la stesura solo nel 1888 pubblicando una prima edizione del romanzo a puntate sulla rivista “La nuova antologia” fra il 1°luglio e il 16 dicembre 1888. Non soddisfatto della prima edizione, Verga ne portò a termine una seconda, notevolmente mutata, che pubblicò in volume nel 1889.
La vicenda del romanzo, collocata nel periodo dal 1820 al 1848 circa, converge tutta sulla figura del protagonista, Gesualdo Motta, un ex muratore divenuto latifondista che, dopo essersi ammazzato di fatica per anni, riesce a crearsi un piccolo impero economico, raggiungendo così il suo sogno di ricchezza. Egli spera di risollevarsi attraverso un matrimonio di convenienza con una nobildonna decaduta che gli permetta di imparentarsi con l’alta nobiltà, ma si ritrova totalmente escluso sia dal suo vecchio mondo sia dal nuovo nel cui non riuscirà mai a inserirsi; il parvenu (“nuovo ricco”) nel suo doppio appellativo è offeso dalle classi superiori: “don”, titolo degli uomini di livello sociale elevato, non riesce a cancellare “mastro”, marchio indelebile di origini inferiori.
Il protagonista, vittima di un cancro allo stomaco, muore solo, nell’indifferenza totale di coloro che lo circondano, compresa la moglie e Isabella, sua figlia. Viene quindi allontanato dalla famiglia stessa, quel microcosmo che ne I Malavoglia ancora resisteva ma che in Mastro-don Gesualdo viene sopraffatto dalla logica spietata della «roba», l’interesse economico ed egoistico.
Dal punto di vista formale, come si è già detto, la nuova materia impone a Verga una diversa intonazione narrativa. Si passa ad una società moderna in cui varie classi e culture si intrecciano; per ritrarre una società così composita non è più possibile ricorrere al coro degli abitanti ma è necessario un nuovo strumento tecnico che renda visibili e colleghi più punti di vista differenti. Ciò pone Verga concretamente di fronte alla difficoltà di poter continuare efficacemente a celare la parte dell’autore dietro un punto di vista narrativo interno e il più possibile unitario. L’ascesa della scala sociale comporta sempre un progresso di cultura e un incremento della capacità di dissimulazione: il linguaggio di Mastro-don Gesualdo è dunque più ambiguo, meno rappresentativo di una realtà compatta (come avveniva ne I Malavoglia).

6. L’interruzione dei Vinti: un silenzio emblematico: Mastro-don Gesualdo ottenne un successo maggiore rispetto a quello de I Malavoglia, ma non ci fu comunque paragone con il successo riscosso da Il piacere di Gabriele d’Annunzio. I gusti del pubblico stavano cambiando e la rappresentazione del vero stava per essere rimpiazzata dal romanzo di analisi psicologica.
Dopo essersi “allenato” pubblicando le dieci novelle I ricordi del capitano d’Arce nel 1891, Verga cominciò a stendere la terza parte del “ciclo dei Vinti”, Duchessa di Leyra, che aveva come protagonista la figlia di Mastro-don Gesualdo approdata nell’alta società. Ma la consapevolezza delle difficoltà sempre maggiori date dal nuovo stile letterario portò lo scrittore alla resa definitiva in una lettera a Francesco Guglielmino del 1902 in cui Verga dichiara: «Non scriverò mai La duchessa di Leyra. La gentuccia sapevo farla parlare; ma questa gente del gran mondo no».
Tornato nel frattempo a Catania, Verga aveva pubblicato nel 1894 un’ultima raccolta di dodici novelle, Don Candeloro e C.i., in cui appare ancora più evidente la presa d’atto di un sistema di “maschere” e finzioni che regola i rapporti umani: gli attori, saltimbanchi e maschere che popolano le novelle rappresentano tutti metaforicamente i «drammi della vita». Questa visione sarà, poi, quella a cui si rifarà anche Luigi Pirandello.

Pensiero di Verga

La svolta di Verga verso il Verismo si ebbe nel 1878 con la pubblicazione di Rosso Malpelo, la storia di un ragazzo di miniera che viene maltrattato da tutti. È la prima novella che inaugura la nuova stagione letteraria di Verga. Con questa Verga rompe tutti gli schemi romantici e basa tutta la sua poetica sulla teoria della lotta per la vita egli afferma che tutto è regolato da una legge naturale per cui chi nella scala sociale è più alto cercherà sempre di sopraffare chi nella scala sociale è al di sotto di lui e quest’ultimo cercherà comunque qualcuno inferiore di lui. Egli basa tutta la sua poetica su diversi criteri tra cui: la descrizione oggettiva della realtà, l'impersonalità, da cui ne deriva l’aspetto più importante della poetica verista, l’eclissi dell'autore. Con questa scompare definitivamente il narratore onnisciente. Il narratore si cala nella storia, narra dal punto di vista dei personaggi e descrive la realtà oggettivamente. Poi Verga nelle sue opere parla dei vinti coloro i quali non avranno mai un riscatto né in vita né tanto meno aldilà, (egli afferma questo perché è laico). In più egli descrive persone di tutti i giorni durante la vita quotidiana. A questo punto egli si distacca totalmente dalle tecniche narrative del Romanticismo e inizia a dedicarsi alla realtà oggettiva descrivendola nei suoi aspetti più orridi.

I Malavoglia: I Malavoglia è la storia di una famiglia di pescatori siciliani. I Toscano detti i Malavoglia, posseggono una casa e una barca, la Provvidenza. Questo da loro felicità. Nel 1863 il giovane ‘Ntoni deve partire per il servizio militare e cosi, Bastinazzo e il padron ‘Ntoni sono costretti a pagare un lavorante. A questo poi si aggiunge la cattiva annata della pesca e il fatto che la figlia maggiore abbia bisogno di sposarsi. Così il padron ‘Ntoni e Bastinazzo decidono di intraprendere un altro tipo di attività. Comprono a carico dell’usuraio zio Crocifisso un carico di lupini da vendere in una spiaggia non tanto lontano. Ma una tempesta si scatena, il carico va perduto e Bastinazzo muore. La famiglia oltre ad essere colpita negli affetti familiari e colpita anche economicamente. Infatti devono pagare il debito e per questo sono costretti ad andare a giornate. Il giovane ‘Ntoni che ormai ha conosciuto la vita di città non riesce più ad inserirsi nella vita faticosa di paese; inizia così a frequentare cattive compagnie e l’osteria. In quest’ultima durante una rissa finisce per dare una coltellata alla guardia doganale. La famiglia è ormai disonorata. Al processo ‘Ntoni ottiene una condanna lieve. L’unico che riesce a riscattare la famiglia e il figlio Alessi. ‘Ntoni, uscito di prigione torna una notte a casa ma si rende subito conto che quella non è più la vita che gli appartiene e va via. I Malavoglia rappresentano la vita di un mondo ormai antico. L’azione ha inizio all’indomani dell’unità d’Italia, nel 1863, mette in luce come il piccolo villaggio siciliano sia investito dalle tensioni di un momento di rapida trasformazione della società italiana. Il sistema sociale del villaggio è molto articolato ed è trasformato dai movimenti dinamici dell’esterno per cui i Malavoglia, da pescatori quali erano, sono costretti a diventare negozianti e, dopo il fallimento vengono declassati. Questo mondo può apparire immobile solo perché i fatti narrati, in obbedienza al principio dell’impersonalità sono presentati dall’ottica dei personaggi stessi ma le loro visioni tradiscono la realtà effettiva. Il personaggio in cui si incarnano le forze disgregatrici della modernità è ‘Ntoni. Egli è uscito dall’universo chiuso di paese ed è venuto in contatto con la realtà moderna per questo non si adatta più ai ritmi faticosi della vita di paese. Sotto l’azione di questa forze innovatrici, la famiglia si disgrega; è vero che alla fini Alessi riuscirà a riscattare ciò che la famiglia ha perso, ma ciò non comporta un ritorno alla situazione iniziale della famiglia, anzi il romanzo si chiude con la partenza di ‘Ntoni che va verso il progresso. Nella prima fase del suo verismo Verga si legava ancora al romanticismo, i Malavoglia segnano il superamento di tali tendenze. La costruzione del romanzo risulta bipolare, infatti si tratta di un romanzo corale, fitto di personaggi. Ma il coro è diviso in due parti: da un lato ci sono i Malavoglia caratterizzati dai loro valori puri; dall’altro ci sono le comunità popolane le quali sparlano sull’avvenire della famiglia colpita dalle sventure. Si alternano quindi due punti di vista: quello nobile e quello chiuso di una società ormai arcaica.

Vita e Opere di Verga, sintesi

Il Verismo: Dopo il Romanticismo, alla metà dell’ ‘800, si afferma un nuovo periodo storico segnato da novità scientifiche, tecnologiche e politiche: in Italia si conclude il Risorgimento in seguito all'Unità (1861).
Corrente filosofica e scientifica, il Positivismo, nasce in Francia e sostiene l'affermazione della scienza in tutti i campi del sapere: tutto ciò che è dimostrabile è vero. Protagoniste assolute sono le verità oggettive. Anche la letteratura parla di verità oggettive, focalizzandosi su cose ed eventi realmente accaduti, o osservando oggettivamente la realtà contemporanea.
Questa nuova corrente letteraria presenta caratteri simili in tutta Europa, pur differenziandosi localmente per forme e contenuti. In Francia si afferma il Naturalismo, ne resto d' Europa il Realismo, in Italia il Verismo.
I maggiori esponenti in Francia sono Honoré De Balzac, Emile Zola, Gustave Flaubert, di cui l'opera maggiore è Madame Bovary. L'opera ebbe un tale successo che si definisce "Bovarismo" una corrente di pensiero del periodo che consisteva sostanzialmente di un mal di vivere che spronava alla fuga dalla realtà insoddisfacente e oppressiva(spesso quella di provincia), soprattutto degli spiriti artistici, attraverso il rifugio in una realtà fantastica.
In Italia, il maggior esponente del Verismo è Giovanni Verga, e nelle sue opere si coglie con oggettività la realtà dei fatti. L'autore denuncia dei fatti negativi facendo parlare i fatti e i personaggi, estromettendosi dalla storia come narratore. Per rendere le storie al massimo di mimesi con la realtà, usa i nomi del luogo e scrive spesso in dialetto.
Verga aveva il progetto di scrivere un "Ciclo dei vinti" – l' insieme di 5 romanzi che, partendo dalla classe sociale più bassa, fino ad arrivare a quella più alta, rappresentasse per intero la società italiana.
I romanzi che dovevano far parte di questo ciclo sono:
  • I Malavoglia
  • Mastro Don Gesualdo
  • La Duchessa di Leyra – Solo due capitoli e mezzo (figlia di Mastro Don Gesualdo);
  • L’Onorevole Scipioni – Figlio della Duchessa di Leyra, sceso in politica;
  • L’Uomo di Lusso – Figlio dell’Onorevole Scipioni, dilapiderà tutti gli averi in lussuosità.

Verga, però, riuscì a completare solo i primi due romanzi.
Per l'autore siciliano, ogni classe sociale c’è un vincitore e un vinto. Verga definisce l’ideale dell’ostrica; se prendo un’ostrica dallo scoglio, questa muore. Così quando una persona cerca di migliorare la propria classe sociale, questa non verrà mai accolta, dalla società verrà considerato sempre per la classe sociale a cui appartiene.

Le Novelle: Prima di dedicarsi ai romanzi del "Ciclo dei Vinti", Verga scrisse delle raccolte di novelle con cui inaugura il racconto di tipo verista, e tramite le quali ebbe grande successo:

Vita dei campi - ambientate nella campagna siciliana;
Novelle Rusticane – trattano vari temi con grande attenzione alla realtà.

In queste opere di Verga non esiste l’Io narrante, perché l'autore vuole che il lettore colga la realtà senza un punto di vista che guidi la sua interpretazione. Sono i personaggi e i fatti a raccontare la storia. Verga scrive in modo impersonale, ed estromettendosi dal racconto fa parlare i propri personaggi con la loro lingua, che era il dialetto, senza descriverli, lasciando spazio all’immaginazione del lettore.
Importanti novelle di Vita dei campi sono Rosso Malpelo e La Lupa. Quest'ultima parla di una donna, chiamata appunto "la Lupa" poichè è una “mangiatrice di uomini”. La Lupa ha una figlia che è il suo opposto.
La donna si innamora di un ragazzo, Nanni, che la respinge per sposare la figlia. La lupa accetta il matrimonio per poter avere il giovane sempre accanto, e Nanni non riesce a resistere a lungo alla tentazione diabolica della suocera, arrivando a tragiche conseguenze.
In Vita dei campi, Verga denuncia le condizioni di lavoro e l’arretratezza del Paese, anche dal punto di vista sociale e culturale. Considera la Chiesa bigotta e non disponibile al perdono.

I Malavoglia: I Malavoglia sono una famiglia di pescatori di Acitrezza, piccolo paese siciliano, ambientato durante l’unità d’Italia.
Il vero cognome della famiglia è Toscano, ma prende il soprannome di Malavoglia per antitesi, perché erano dei gran lavoratori.
La famiglia è di stampo patriarcale, di cui il capofamiglia è il Nonno Padron ‘Ntoni, che aveva un figlio, Bastiano, soprannominato Bastianazzo, che sposa Maruzza, e ha con lei 5 figli: ‘Ntoni, Luca, Alessi, Mena e Rosalia. Tutti i componenti della famiglia vivono nella stessa casa.
La storia inizia con la partenza di ‘Ntoni per il servizio militare, e iniziano i problemi per la famiglia. Con l’unità d’Italia i Savoia, nuovi regnanti, fecero infatti una nuova legge sul servizio militare obbligatorio, e Padron ‘Ntoni si trova senza un ragazzo che lo aiuti, e quindi con qualche problema economico. Così si reca dall’usuraio del paese, zio Crocifisso, che gli propone di portare un carico avariato di lupini a Riposto con la loro barca, Provvidenza (l’unica fortuna che hanno insieme alla Casa del Nespolo, la loro casa dove c’è un albero di nespole). Pur trattandosi di contrabbando, Padron ‘Ntoni in difficoltà accetta, e manda Bastianazzo a compiere l'incarico.
Durante il viaggio, però, si scatena una tempesta, il carico si perde e Bastianazzo muore.
Luca a sua volta parte per la battaglia di Lissa del 1866, dove muore. La madre Maruzza muore poco dopo di tisi. ‘Ntoni torna dal militare, ma invece che dare una mano alla famiglia, si dà alla bella vita, senza preoccuparsi dei problemi familiari. Per proteggere la barca, Padron ‘Ntoni deve ipotecare la casa.
Alessi aiuta molto il nonno per migliorare la situazione, ‘Ntoni va a fare il brigadiere per migliorare la sua condizione sociale, ma finisce in un giro di contrabbando, torna a casa e corteggia la proprietaria di un’osteria, promessa in sposa a Don Michele, ma lui si fa da parte perché lei accetta il corteggiamento di ‘Ntoni. Un giorno ‘Ntoni e Don Michele si incontrano, litigano e ‘Ntoni lo accoltella. ‘Ntoni subisce un processo e l’avvocato lo difende sostenendo che l'omicidio di Don Michele era avvenuto per una questione di onore, in quanto aveva una relazione con Lia (Rosalia), svergognando la famiglia.
In seguito a questa rivelazione, Padron ‘Ntoni per il dolore ha un infarto, e Lia decide di andarsene e finisce per prostituirsi.
Mena, che doveva sposarsi, lascia il compagno Alfio per vergogna e rimane in casa con Padron ‘Ntoni e Alessi.
Il nonno finisce in un ospedale, mentre Alessi prende in mano la situazione e vive nella casa del Nespolo con la moglie, i due figli e Mena. Riescono a riscattare la casa, ma quando si recano dal nonno per dirglielo, vengono a sapere che è morto.
Quando ‘Ntoni esce dal carcere, non viene riconosciuto né dal cane né dal fratello, ma poi lo fanno accomodare e mangiare. Cercano di dirgli di rimanere con loro, ma lui all’alba se ne va lungo la spiaggia, e mentre guarda la costa e sente i rumori delle saracinesche dei negozi che si aprono, capisce che deve andare via.
Nel romanzo è evidente l’ideale dell’ostrica per ‘Ntoni e Lia: vogliono essere qualcosa che non sono, disconoscere i valori a cui appartengono e vengono schiacciati da un mondo a loro esterno, di cui non fanno parte. Il vecchio mondo è rappresentato Padron ‘Ntoni, mentre Alessi e Mena sono mediatori del nuovo, e il nuovo si afferma con la nuova condizione che crea Alessi, che non fugge la sua condizione e lavora per essa con dignità.

Mastro Don Gesualdo: Secondo romanzo del Ciclo dei vinti. Il titolo presenta una contraddizione: infatti il significato di Mastro è muratore, quello di Don è signore.
Il muratore Gesualdo è ignorante ed analfabeta. Riesce però con il suo lavoro ad arricchirsi e a diventare una persona importante, ma per tutti è Mastro Don Gesualdo, perchè rimane un muratore agli occhi degli altri.
Da ragazzo, Gesualdo aiutava lo zio, ma cresciuto e diventato molto bravo nel suo lavoro, “ruba” i clienti allo zio e poi apre una sua impresa. Pur guadagnando molto denaro, per poterne accumulare sempre di più, vive come i suoi operai, veste male e mangia un tozzo di pane, come ha sempre fatto fin d giovane, senza dimenticarsi la sua storia.

Ha una cameriera, Diodata (data da Dio), che è l’unica donna che gli è sempre stata vicino e gli ha dato due figli, ma Gesualdo non li ha mai riconosciuti per non mantenerli economicamente.
La vicenda è ambientata durante i moti rivoluzionari del ’48 e la Prima guerra d’Indipendenza.
In Paese, una famiglia nobile ma piena di debiti, la famiglia Trao, propone a Gesualdo, ormai arricchito, di sposare la figlia Bianca, a condizione di pagare tutti i loro debiti. Oltre alla motivazione economica, la causa della proposta è la gravidanza di Bianca per una relazione con il cugino, ma Gesualdo accetta perché il matrimonio gli avrebbe dato accesso alla nobiltà. Dopo il matrimonio, però, ci sono dei problemi, infatti Bianca partorisce Elisabetta, ma è sempre depressa fino a morire di tisi. Elisabetta viene trattata da Gesualdo come se fosse sua figlia.
Elisabetta cresce, e ha un’avventura col cugino, il duca di Leyra, in seguito alla quale quale rimane incinta e lo sposa. Gesualdo, ormai anziano, va a vivere dal genero, e comincia la sua sofferenza.
Elisabetta, infatti, si vergogna del padre ma anche della madre perché l’accusa di “aver sposato un uomo rozzo come Gesualdo”, e viene messo a dormire in una stanza nell’ala della servitù. Quando gesualdo vede la figlia vestita d’oro su una carrozza lussuosa, capisce con dolore che i soldi che lui ha risparmiato con il lavoro di tutta una vita vengono sperperati. In seguito si ammala di cancro e vive l’ultimo periodo della sua vita a letto. In punto di morte, Gesualdo chiede a Elisabetta di poter rivedere i figli biologici e di riconoscerli, per poter lasciare in testamento anche a loro i suoi averi, ma lei con avidità cerca di dissuaderlo.
La notte della sua morte, Gesualdo si lamenta, “disturbando” la servitù. Quando muore, i servi decidono di non dire niente ad Elisabetta fino alla mattina successiva, perché stava ancora dormendo.

per ulteriori approfondimenti su Giovanni Verga vedi anche qua

Analisi delle opere di Verga

VITA: Giovanni Verga nasce a Catania nel 1840. Da ragazzo si trasfericse a Firenze, dove comincia a frequentare i salotti letterari e conosce altri autori. Poi si trasferisce a Milano, che era la città culturalmente più viva. Insieme a Capuana si dedica alla nascita del Verismo. Le sue prime opere veriste sono le novelle NEDDA e ROSSO MALPELO. Poi scrive il CICLO DEI VINTI: 5 romazi in cui vuole rappresentare la lotta per la vita nelle varie classi sociali, ma non lo completa. Scrive anche varie raccolte di novelle. Nel 1893 torna stabilmente a Catania, ma è un periodo di crisi e scrive molto meno. C'è in lui anche un cambiamento poitico: alla scoppio della prima guerra mondiale si basa su posizioni interventiste. Muore nel 1922.

LE OPERE: Durante il periodo fiorentino e milanese scrive soprattutto opere il cui tema principale è quello sentimentale. I romanzi più importanti sono:
-UNA PECCATRICE: un giovane si innamora di una donna irraggiungibile che alla fine si suicida
-STORIA DI UNA CAPINERA: è la storia di una ragazza costretta dalla famiglia a farsi monaca e che poi si innamora del promesso sposo della sorellastra
-EVA: racconta l'amore infelice tra due giovani
-TIGRE REALE: racconta una storia d'amore distruttiva, tra un giovane siciliano e una contessa russa
-EROS: un uomo tradisce la moglie e lei muore per il dolore

La maggior parte delle opere di Verga sono caratterizzate dall'adesione al Verismo.
I romanzi sono:
-I MALAVOGLIA: si racconta la storia di una famiglia di pescatori
-IL MARITO DI ELENA: è la storia di una donna borghese insoddisfatta che tradisce il marito e alla fine il marito la uccide
-MASTRO-DON GESUALDO: racconta l'ascesa economica e sociale di un muratore e la successiva decadenza
Le raccolte di novelle sono:
-VITA DEI CAMPI: contiene anche la novella ROSSO MALPELO, che racconta la storia dello sfruttamento di un ragazzo che lavora nelle cave di sabbia siciliane
-NOVELLE RUSTICANE
-PER LE VIE
-VAGABONDAGGIO
La produzione teatrale:
-CAVALLERIA RUSTICANA

In una lettera a un amico, Verga dice di voler fare un grande affresco sociale, cioè descrivere nelle sue opere la lotta per la vita che caratterizza le diverse classi sociali. Voleva fare quindi un ciclo narrativo che comprendesse 5 romanzi. Tuttavia Verga ha scritto solo i primi due, gli altri tre non li ha mai realizzati.

I PRINCìPI DELLA POETICA VERISTA: Tra le opere di Verga, ce ne sono tre che si possono considerare il manifesto del Verismo, poichè in queste opere l'autore spiega i princìpi della nuova poetica. Queste tre opere sono:
1-la novella FANTASTICHERIA, dove afferma che:
.vuole rappresentare le condizioni dei poveri perscatori di Aci Trezza, per capire le cause che li portano a voler sopravvivere in un ambiente così ostile, cercando di capire dal loro punto di vista
.presenta l'idea di "religione di famiglia", cioè il fatto che la povera gente è spinta a restare attaccata alla propria famiglia e al proprio paese natale, e di "ideale dell'ostrica", cioè l'attaccamento dei poveri al loro mondo
2-una lettera a un amico contenuta nella novella L'AMANTE DI GRAMIGNA, dove dice che:
.il racconto deve essere raccontato come un fatto realmente accaduto, come un documento umano
.l'analisi psicologica dei personaggi deve essere scientifica, cioè deve osservare scientificamente le reazioni dei personaggi
.il modo di scrivere deve essere impersonale, cioè l'autore deve raccontare la realtà oggettivamente,così com'è senza far sentire le proprie opinioni personali
3-la prefazione de I MALAVOGLIA, dove dice che:
.vuole capire le cause materiali ed economiche che sono alla base dell'agire umano
.il soggetto della sua opera sono i "vinti", cioè coloro che sono stati sconfitti nel tentativo di raggiungere una posizione sociale migliore
.vuole osservare i fatti in modo impersonale, senza far sentire le sue opinioni

LE TECNICHE NARRATIVE: Per rispettare il canone dell'impersonalità, Verga utilizza alcune tecniche narrative:
-ECLISSI DELL'AUTORE: nel romanzo non ci devono essere interventi diretti dell'autore, perchè l'autore rinuncia a far sentire il suo punto di vista; a raccontare sono gli stessi personaggi, che fanno sentire il loro punto di vista
-REGRESSIONE: poichè il narratore è interno, cioè è all'interno del romanzo, come se fosse il punto di vista di uno dei personaggi, l'autore deve mettersi al livello culturale del mondo raccontato
-STRANIAMENTO: tecnica che consiste nel rappresentare come strano ciò che non lo è, e viceversa
-DISCORSO INDIRETTO LIBERO: gli avvenimenti sono presentati dal punto di vista del personaggio, riproducendo il suo modo di parlare e di pensare. Spesso c'è: assenza di verbi dichiarativi come dire o pensare; assenza della congiunzione che; uso della terza persona, tanti punti esclamativi o interrogativi e puntini di sospensione. Questo perchè per Verga il linguaggio deve adeguarsi al vero, cioè vuole riprodurre il linguaggio della povera gente che descrive

LA VISIONE DELLA VITA NELLA NARRATIVA DI VERGA: La concezione di Verga dell'uomo e della storia è influenzata da:
-Positivismo: la reatà deve essere descritta con approccio scientifico
-materialismo: gli uomini si comportano come tutti gli altri animali perchè spinti dai loro bisogni primari materiali
-determinismo: l'uomo subisce l'influenza dell'ambiente in cui vive
-evoluzionismo di Darwin: c'è il concetto di lotta per la vita, che spinge l'uomo a lottare per imporsi

Verga però respinge la fiducia tipica del Positivismo nel progresso umano. Verga è pessimista, convinto che c'è una legge di natura universale a cui nessuno può sottrarsi, che dice che i vincitori di oggi saranno i vinti di domani. E' una realtà immutabile e l'arte non può intervenire per cambiare la società.

Verga non crede nelle provvidenza e nelle consolazioni di tipo religioso. I valori in cui crede sono quelli della famiglia e degli affetti

*VITA DEI CAMPI (raccolta di novelle): Le novelle parlano del mondo povero e arretrato dei pescatori e dei contadini siciliani. Verga utilizza il canone dell'impersonalità, per cui non c'è un narratore onniscente (cioè esterno al romanzo), ma affida il racconto a un narratore popolare, cioè una voce che viene dall'interno del gruppo sociale a cui appartengono i protagonisti.

Il tema più importante della raccolta è l'impossibilità dei poveri di risollevarsi dalla loro condizione.

-LA LUPA (novella che fa parte della raccolta "Vita dei campi"): E' la storia della gnà Pina detta la Lupa perchè è una donna molto sensuale. La Lupa si innamora di un giovane, Nanni, che non la ricambia. Allora lei costringe la figlia a sposare quell'uomo pur di averlo vicino. Nanni, dopo aver resistito a lungo, cede alle lusinghe della suocera. La novella finisce in modo tragico, perchè Nanni, non riuscendo a resistere alla suocera, non trova altro modo per finire la storia con lei se non uccidendola.

*I MALAVOGLIA (romanzo): Pubblicato nel 1881, inizialmente si chiamava "Padron 'Ntoni". E'ambientato negli anni appena successivi all'unità d'Italia, ed è la storia di una famiglia di pescatori che vive ad Aci Trezza (vicino a Catania): nonno, mamma, papà e 5 figli. Per affrontare le difficoltà, il nonno, Padron 'Ntoni, fa un debito per comprare un carico di lupini. Lo scopo è quello di rivenderli, ma la barca che li trasporta naufraga e muore il papà, Bastianazzo. Da qui si scatena una serie di eventi tragici per la famiglia: la casa viene pignorata, uno dei figli muore in battaglia, un altro figlio finisce in prigione per aver accoltellato una guardia, la figlia più piccola si prostituisce, la mamma muore di colera e il nonno muore in ospedale. Rimane solo un figlio, che riesce a riscattare le casa, e una figlia, che a causa delle disgrazie e del disonore rimane zitella.

Il romanzo è formato da 15 capitoli.

SPAZIO della vicenda:
-c'è uno spazio interno,che è Aci Trezza, e in particolare la casa deli Malavoglia, detta la "casa del nespolo", che è una sorta di nido e rifugio
-c'è uno spazio esterno, che è la città frequentata dai figli quando se ne vanno
-c'è il mare che è sia interno, sia esterno, amico e nemico allo stesso tempo
TEMPO della vicenda: il romanzo dura 15 anni e attraversa 3 generazioni. Il tempo è circolare: cioè si basa sull'alternanza delle stagioni, dei ritmi che regolano la vita di paese. Sullo sfondo c'è il tempo degli avvvenimenti storici.

Dal romanzo emerge la VISIONE PESSIMISTICA di Verga: la vita è una continua lotta per la sopravvivenza; l'unica scelta possibile è quella di rassegnarsi.
Vengono esaltati i VALORI PATRIARCALI: qui è ben chiaro l'ideale dell'ostrica: come l'ostrica resta attaccata allo scoglio su cui nasce, così i Malavoglia restano attaccati alle tradizioni di famiglia che si ripetono da generazioni.
E' un romanzo che esalta la FEDELTà ALLE PROPRIE RADICI: Verga vuole dimostrare che chi cerca di cambiare le cose è destinato alla catastrofe, come dimostra il nipote 'Ntoni che finisce in prigione.
E' il romanzo della SCONFITTA EROICA: i protagonisti vengono vinti dal destino, ma solo dopo una dura lotta.

Le tecniche narrative usate da Verga nel romanzo sono:
-impersonalità
-regressione al livello culturale dei personaggi
-straniamento
-linguaggio tipico del mondo rappresentato, con espressioni anche dialettali
-discorso diretto e discorso indiretto libero

-LA FAMIGLIA MALAVOGLIA (capitolo 1): E' l'inizio del romanzo. Viene presentata la famiglia Malavoglia. In realtà il loro cognome sarebbe Toscano, ma tutti li avevano sempre soprannominati così. La figura più importante della famiglia è il nonno, Padron 'Ntoni, che è il patriarca e colui che prende tutte le decisioni in famiglia. E' considerata una persona saggia e parla per proverbi (espressione di saggezza popolare). Verga spiega che Padron 'Ntoni ha fatto un debito per comprare un carico di lupini da rivendere. Il figlio Bastianazzo parte per il suo viaggio in mare.

-L'ARRIVO E L'ADDIO DI 'NTONI (capitolo 15): E' il finale del romanzo. Dopo essere stato in prigione, il nipote 'Ntoni torna a casa. Suo fratello è riuscito a riscattare la casa e lì ha ripreso la vita di sempre con sua moglie e quei pochi della famiglia che ci sono ancora. 'Ntoni sente la ripetitività delle tradizioni di famiglia e capisce di non poter restare, perchè ha infranto troppe regole della staticità di quel mondo. Così se ne va per sempre.

*NOVELLE RUSTICANE (raccolta di novelle): Raccolta che contiene 12 novelle, ambientate nel mondo rurale della Sicilia. Spesso le vicende dei singoli si accompagnano alle vicende della collettività: Verga quindi analizza dei gruppi sociali, a volte quello dei "nuovi ricchi".
I temi principali sono: quello della ROBA e dell'ASCESA SOCIALE, gli SCONTRI SOCIALI e POLITICI. Spesso i titoli delle novelle sono concetti astratti (es. Malaria, La roba..). Spesso i protagonisti sono dominati dalla logica del profitto e dell'ascesa sociale, e finiscono per essere sconfitti dalle leggi di natura.

-LA ROBA: E' la storia di Mazzarò, un contadino che grazie alla sua intelligenza e ai sacrifici è riuscito ad arricchirsi a dismisura fino ad accumulare tantissima roba. Nella novella Verga elenca più volte tutte le cose possedute da Mazzarò, proprio per far capire l'immensa quantità di roba che egli possiede. Mazzarò fa parte della classe sociale dei nuovi ricchi, dominato solo dalla logica del profitto. Tuttavia, anche lui è un vinto della sorte, perchè alla fine, ormai vecchio,è destinato alla morte, e quindi tutti i suoi sacrifici sono stati inutili perchè è costretto a lasciare la sua roba. Nella parte finale della novella, Mazzarò è come impazzito e uccide le sue bestie perchè vuole portarle con lui dopo la morte. E' una reazione simile a quella di Gesualdo nel romanzo Mastro-don Gesualdo

*MASTRO-DON GESUALDO (romanzo): Romanzo dalla lunga e complessa elaborazione. E' la storia di Gesualdo Motta, un muratore che grazie alla sua intelligenza riesce a diventare ricco. E' innamorato, e ricambiato, della sua serva Diodata, ma per elevarsi socialmente, sposa Bianca, una nobile. La famiglia della moglie lo disprezza per le sue umili origini, e la sua famiglia lo invidia per la sua fortuna. E' disprezzato anche dalla figlia Isabella, che si innamora di un cugino povero e scappa con lui. Alla fine, Gesualdo muore da solo, dimenticato da tutti e assistendo allo sperpero dei suoi beni da parte della figlia e del genero.

Il tema del romanzo è simile a quello della novella "La roba", cioè l'accumulo di roba da parte del protagonosta. Il romanzo dura una cinquantina di anni, e si svolge in vari paesi e città.

Il romanzo si può dividere in due grandi momenti narrativi: l'ascesa sociale di Gesualdo e il suo declino.
Il romanzo può essere definito come:
-il ROMANZO DELLA MORALE EROICA: il protagonista è pronto a vendere l'anima al diavolo pur di accumulare roba
-il ROMANZO DELL'EROE DELLA MODERNITà: Gesualdo rappresenta l'uomo che si costruisce il suo destino da sè
-il ROMANZO DELLA SCONFITTA ESISTENZIALE: nonostante si sia così arricchito, alla fine muore disprezzato da tutti

Le tecniche narrative di Verga in Mastro-don Gesualdo sono un pò diverse rispetto al solito:
-non c'è sempre l'impersonalità, quindi a volte si sente la sua opinione
-non c'è straniamento e regressione, perchè il livello sociale non è più basso ma è un ambiente borghese
-la narrazione è prevalentemente alta

-L'ADDIO ALLA ROBA (capitolo 4): Sapendo di dover morire, Gesualdo si fa portare nei suoi possedimenti, ma qui si lascia andare alla disperazione, e comincia a prendere a bastonate i suoi animali e le sue piante. E' una reazione simile a quella di Mazzarò, nella novella "La roba". Gesualdo accetta di andare a Palermo dalla figlia e dal genero, ma lascia con nostalgia la sua roba e le poche persone che gli vogliono bene, come la serva Diodata.

Biografia e pensiero di Verga

In Italia la diffusione del pensiero di Zola partì dagli ambienti culturali milanesi di sinistra che ebbero il merito di capire subito l’ importanza di questa nuova tendenza facendone l ideologia della loro battaglia politica e culturale. L ambiente milanese però dimostrò di non avere abbastanza forza culturale per dar vita a un nuovo genere letterario, mentre due scrittori meridionali che operavano nello stesso ambiente milanese crearono un nuovo linguaggio nella loro forma di scrittura: Verga e Capuana.
Capuana fu il teorico del verismo italiano, egli da critico letterario ebbe ruolo fondamentale nella diffusione della conoscenza di Zola e del Naturalismo francese.
Verga, amico di capuana concorda con le sue idee scrivendo i malavoglia e Vita dei campi.
Verga rappresenta il fondatore della teoria dell’ impersonalità , egli afferma che il racconto deve essere descritta come una cosa realmente avvenuta e per farlo bisogna riportare documenti umani e deve essere raccontato in modo da mettere il lettore faccia a faccia col fatto nudo e schietto. Secondo lui lo scrittore deve eclissarsi cioè non deve comparire con le sue reazioni soggettive, le sue riflessioni e spiegazioni come nella narrativa tradizionale. L autore deve mettersi nella pelle dei suoi personaggi in modo che il lettore avrà l impressione di assistere realmente ai fatti che si svolgono sotto ai suoi occhi. Verga ammette che questo genere di narrativa può creare confusione nel lettore ma man mano che i protagonisti si fanno conoscere il lettore capisce il loro carattere e si immedesima.( teoria dell’ impersonalità).

LA TECNICA NARRATIVA DI VERGA: Verga da origine ad una nuova tecnica narrativa originale e innovatrice che si allontana sia dalla tradizione, sia dagli scrittori a lui contemporanei.
L autore si eclissa, si cala nella pelle dei personaggi, vede le cose coi loro occhi e le esprime con le loro parole. a raccontare infatti non è il narratore,(scompare, non è più onnisciente) il suo punto di vista non compare mai. Il narratore si mimetizza nei personaggi stessi, è come se a raccontare fosse uno di loro, che resta anonimo. (inizio rosso malpelo).
Anche il linguaggio di verga non è quello che potrebbe essere dello scrittore, ma un linguaggio spoglio e povero, ricco di modi di dire, paragoni,proverbi, imprecazioni popolari e dalla sintassi elementare da cui traspare la struttura dialettale.

LO SVOLGIMENTO DELL OPERA VERGHIANA: Il periodo preverista
Verga nacque a Catania nel 1840, da una agiata famiglia di proprietari terrieri, la sua formazione fu irregolare e segnò profondamente la sua opera in quanto a differenza degli altri scrittori del periodo con una grande cultura umanistica i suoi testi preferiti furono gli scrittori francesi moderni come dumas padre e figlio che erano letterature non colte ma di consumo.
Nel 1866 pubblicò il romanzo “una peccatrice”, nel 1871 scrisse “storie di una capinera” e nel 1872 si trasferisce a Milano(centro culturale più vivo del periodo). Qui entra in contatto con gli ambienti della scapigliatura e termina il romanzo “Eva”. Successivamente scrisse “eros” e “tigre reale” .

L’approdo al verismo: Nel 1878 esce un racconto che si allontana dalla sua narrativa precedente: Rosso malpelo( storia di un garzone di miniera che vive in un ambiente duro e disumano, narrata con un linguaggio duro.) questa opera rappresenta la prima opera della nuova maniera verista basata su una rigorosa impersonalità.
Questo racconto rappresenta la conversione . qui inizia a dipingere il vero e il suo approdo al verismo non è una netta inversione di tendenza ma un approdo progressivo e una maturazione che è avvenuta lentamente. Verga con la conquista del metodo verista non abbandona gli ambienti dell’alta società per abbracciare la società più popolare, ma si propone di studiarli per capire i meccanismi della società. Verga arrivò ad adottare questo nuovo metodo narrativo dopo le letture di Zola, i cui romanzi negli anni 70 si erano diffusi negli ambienti milanesi, e soprattutto con la lettura di assommoir che gli fornì uno spunto iniziale che poi egli sviluppò.Fu influenzato anche da Capuana.
Dopo il racconto di rosso Malpelo continuò con questa nuova impostazione narrativa e pubblicò “vita dei campi” (serie di racconti della vita contadina siciliana).

Il ciclo dei vinti e i Malavoglia: Verga oltre alle novelle scrive anche un ciclo di romanzi che riprende il modello già creato da Zola in Rougon Macquart. Verga pone al centro del suo ciclo la volontà di disegnare un quadro sociale rappresentando tutte le classi, dai ceti popolari alla borghesia e il criterio da lui usato è il principio della lotta per la sopravvivenza(questa teoria viene ricavata dalle teorie di Darwin sull’ evoluzione): tutta la società è dominata da conflitti di interesse: il più forte schiaccia il più debole. Verga non si sofferma sui vincitori ma sui vinti. Il primo romanzo del ciclo è “ I Malavoglia” storia di una famiglia di pescatori siciliani, nei romanzi successivi egli analizza anche la ricerca del meglio, cioè il fatto di voler migliorare la propria condizione sociale.
I malavoglia rappresentano un mondo rurale arcaico, l’ azione si svolge nel 1863 cioè subito dopo l’ unità d’ Italia e mette in luce come il piccolo villaggio siciliano viva la trasformazione della società italiana in quel periodo: si assiste alla coscrizione obbligatoria che mette in crisi le famiglie perché toglie forze lavoro; le tasse, la crisi della pesca, il treno,il telegrafo,le navi a vapore. I malavoglia a causa delle difficoltà economiche dovute a queste trasformazioni prodotte dalla modernità sono costretti a diventare da pescatori, negozianti e se prima possedevano casa e barche ora non possiedono più nulla. Il personaggio che rappresenta i temi della modernità è il giovane N’Toni che esce dal paese, conosce Napoli e viene in contatto con la realtà moderna, perciò va in conflitto col nonno che rappresenta la tradizione. Si arriva perciò alla disgregazione della famiglia anche se alla fine si assiste a una parziale ricomposizione. Il finale è un po’ emblematico perché il personaggio che aveva messo in crisi la famiglia ora se ne distacca del tutto allontanandosi verso il progresso e le grandi città. I malavoglia sono sempre stati considerati un romanzo che celebra i valori della religione, della casa, della famiglia, del lavoro e dell’ onore ma al contrario questo romanzo rappresenta la disgregazione di quel mondo e l’ impossibilità di quei valori. nel mondo popolare dei Malavoglia esistono anche altri protagonisti oltre a quelli fedeli ai valori puri. L avarizia dell usuraio crocifisso, la mancanza di scrupoli di Piedipapera, la malignità della Zuppidda l avidità della Vespa, l’ arrivismo di Don Silvestro.
Nel romanzo scompare il mondo arcaico lasciando il posto alla modernità. Il romanzo è corale e si ha una costruzione bipolare: popolato da tanti personaggi senza che spicchi un protagonista. Ma questo coro si divide in due: da un lato i malavoglia che sono attaccati ai valori puri; dall’ altro la comunità del paese pettegola, cinica e insensibile. Si alternano quindi punti di vista opposti, quelli nobili dei malavoglia e quelli ottusi del villaggio. I valori sono l’ onestà il disinteresse, l’ altruismo e vengono visti dalla collettività strani.

Dai malavoglia al Gesualdo: Tra il primo e il secondo romanzo del ciclo passano 8 anni nei quali Verga scrive il marito di Elena, le novelle rusticane, per le vie, e si dedica al teatro. Nel 1889 esce il secondo romanzo del ciclo dei Vinti: Mastro Don Gesualdo.( comparso già a puntate sulla rivista nuova antologia).
Storia dell ascesa sociale di un muratore che grazie alla sua intelligenza ed energia diventa ricco ma va in contro al fallimento degli affetti familiari. Nel Gesualdo Verga non parla più di un ambiente popolare di contadini, pescatori, operai ma di un ambiente borghese aristocratico per cui il livello del narratore si innalza. Verga rimane fedele al principio della impersonalità e nel Gesualdo a differenza dai Malavoglia che sono corali il centro del romanzo è un protagonista (storia di una persona). Gran parte della narrazione è infatti focalizzata sul protagonista. Verga usa il discorso indiretto libero. La bipolarità che caratterizza i malavoglia qui scompare e il conflitto tra i due poli viene interiorizzato dal protagonista. In Verga il pessimismo diventa assoluto e in questo romanzo è portato alle conseguenze più estreme: Gesualdo viene deluso nelle sue aspirazioni e intorno a lui tutti lo odiano e lo invidiano nello stesso tempo: il padre, la mogli, i figli, il paese. Gesualdo nella sua lotta per “la roba” non ricava che odio, amarezza e dolore che lo porteranno alla morte. Un critico di Verga ha infatti affermato che in questo romanzo si celebra una nuova religione: la religione della roba, ma la critica attuale afferma che tale religione non è di Verga ma di Gesualdo.

L’ultimo Verga: Dopo Gesualdo il terzo romanzo del ciclo è “La duchessa di Leyra”: lavoro mai finito,c'è solo il primo capitolo. Lo scrittore interrompe questo ciclo perché lui era diventato vecchio e questa tematica diventava sempre più difficile da affrontare. Negli ultimi anni della sua vita lascia Milano e torna a Catania , pubblica ancora raccolte di novelle: i ricordi del capitano d’ arce e Don Candeloro. Dopo il 1903 si chiude in un silenzio totale, cura le sue proprietà agricole, le sue posizioni politiche diventano sempre più conservatrici, allo scoppio della prima guerra mondiale è interventista e nel dopo guerra assume posizione nazionaliste. Muore nel gennaio del 1922 anno della salita al potere del fascismo.