Daniele
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Appunto di Italiano che analizza la vita e le opere principali di uno degli intellettuali più importanti della letteratura italiana del 1900, Umberto Saba, con una dettagliata descrizione e commento delle principali opere scritte e pubblicate.

Biografia di Umberto Saba

Umberto Saba è uno degli intellettuali più importanti della letteratura italiana del 1900. Nasce il 9 marzo del 1883 a Trieste. La città apparteneva allora all'Impero austro-ungarico, Saba ebbe tuttavia la cittadinanza italiana per via del padre discendente da una nobile famiglia veneziana.
La madre, Felicita Rachele Cohen, apparteneva ad una famiglia ebraica di piccoli commercianti, tradizionalmente legata alle pratiche religiose e agli affari. Il padre, nel momento del matrimonio, si convertì alla fede ebraica, ma prima ancora della nascita del figlio, decise di abbandonare la famiglia, lasciando la moglie da sola a educare i figli. Il bambino fu messo a balia da una contadina slovena, Peppa Saba, la quale, avendo perso il proprio figlio, riversò su di lui il suo affetto e la sua tenerezza, finché la madre, austera e severa, lo reclamò presso di sé. Privo della figura paterna, diviso nel suo amore fra la madre naturale e la madre adottiva, Umberto Saba trascorse un'infanzia piuttosto difficile e malinconica, che rievocò più tardi, soprattutto nella poesia A mia zia Regina apparsa nel Canzoniere nel 1921. Il "piccolo Berto" sarà segnato da questa condizione di "figlio che ha lontano il padre": "Non trova il primo mio vagito alcuna grazia, un sorriso della madre mia: e deserta di padre era la cuna."
Dopo studi irregolari, Umberto Saba si iscrisse all'università di Pisa, dopo essersi stabilito nella città, frequentando in particolare modo corsi di archeologia, tedesco e latino. Si trasferisce a Firenze assieme al filosofo Giorgio Fano; frequenta gli ambienti letterari della Voce senza però stabilire legami soddisfacenti. Dopo il periodo della leva militare a Salerno, torna a Trieste e sposa Carolina Wölfler, la figura di donna che comparirà nelle sue liriche del Canzoniere. Una volta finiti gli studi, si dedica all'attività poetica, scrivendo delle poesie semplici, dal linguaggio chiaro e lineare, come per esempio Il Canzoniere, Città vecchia, Preghiera alla madre.
Nel 1910 nasce la prima figlia Linuccia e solo un anno dopo esce a Firenze, con prefazione di Silvio Benco, un volume di Poesie firmato con lo pseudonimo di Saba, un nome che l'autore si fa "cedere" dall'amico Giorgio Fano, che lo aveva già adottato. Nel 1912 collabora sporadicamente con Il resto del Carlino e continua a pubblicare poesie su vari giornali e riviste letterarie.
Negli anni tra il 1910 e il 1915, Saba era triste e solitario a causa delle innumerevoli discussioni con la madre; infine rifiutò il cognome paterno e in omaggio alla nutrice slovena scelse di chiamarsi Saba (da Sabaz, il cognome della nutrice, appunto).
Durante gli anni della guerra si schiera dalla parte di chi chiede l'intervento dell'Italia in guerra. Prende parte alla guerra, assegnato a ruoli amministrativi, lasciandone una traccia in Poesie scritte durante la guerra. Alla fine del primo conflitto mondiale, Saba acquista e gestisce una libreria antiquaria, la "Libreria antica e moderna": insieme alla poesia sarà l'occupazione di tutta la sua vita. Intanto, le crisi nervose, che già lo affliggevano, raggiungono un grado pericoloso di insostenibilità; confessa a Giacomo Debenedetti nel 1929: "Avevo già scritto tre lettere di commiato e mi si affacciava giorno per giorno la necessità del suicidio. Un giorno venne a trovarmi un amico e mi consigliò una cura psicanalitica", motivo per cui, dal 1929 Saba si sottopose a cure psicoanalitiche spesso intense.
Durante la Seconda guerra mondiale, Saba cerca inutilmente una sistemazione a Parigi, per sfuggire alla situazione politica italiana e alle leggi razziali. Intanto continua a pubblicare singole raccolte. Nel 1939 torna a Roma dove si nasconde in casa Ungaretti. Dopo l'armistizio dell'8 settembre è costretto ad abbandonare Trieste e vive, in mezzo a mille difficoltà.
Esce presso Einaudi la seconda edizione del Canzoniere accresciuto di tutta la produzione posteriore al 1921. Questa seconda edizione ottenne i massimi e unanimi riconoscimenti di una critica che in precedenza era stata, generalmente fredda. Negli anni seguenti continua a pubblicare singole raccolte. 1946 Con il riconoscimento della sua statura di poeta, che si consolida nel dopoguerra, giungono anche le prime importanti attestazioni pubbliche: nel 1946 riceve il Premio Viareggio.
Nel 1957 muore di infarto in una clinica di Gorizia, da dove non è più uscito dopo la morte della moglie.

Il Canzoniere di Saba

Il Canzoniere, è l'opera di Saba più importante, una sorta di raccolta autobiografica dove confluiscono tutte le opere della sua vita ricostruendo una vicenda individuale ed intima avente però un valore universale. Gli aspetti principali sono l'autobiografismo (la poesia è strumento di autoindagine), l'autoconoscenza e il realismo perché si riferisce a fatti quotidiani e concreti scavati a fondo per coglierne la verità essenziale.
Temi principali sono l'”animalità” intesa come espressione della calda vita che si trova nei personaggi più umili e emarginati e i vari aspetti della femminilità; la figura delle donna rappresenta un altro aspetto caratteristico della sua produzione; dalla figura austera e severa della madre alla figura dolce e affettuosa della balia, si associa il tema dell'infanzia con il conflitto interiore della perdita del padre ma anche il sogno della vita.
Alla donna è associato un altro dei temi principali del Canzoniere ovvero la città di Trieste, con le sue passioni assolute, le sue contraddizioni, che rappresenta lo spazio dell'incontro sociale per le persone umili che la abitano, un luogo dove cercare il piacere. Altre caratteristiche del Canzoniere sono il rifiuto del verso libero e la prevalenza di forme metriche tradizionali; vengono utilizzati le forme del sonetto e della canzonetta con la presenza costante della rima.
Città vecchia (Canzoniere II): il tema centrale è l'esaltazione delle forme più umili e quotidiane dell'esistenza, in cui si cela il vero significato della vita. Strofa narrativa, strofa descrittiva, strofa riflessiva. Motivo dell'”infinito nell'umiltà” (concetto nietzchiano di coincidenza tra quotidianità e infinito): il poeta riscopre le ragioni della vita nel rapporto con gli altri. I temi della sua poesia sono Trieste, la città natale, il mare, come simbolo di fuga e di avventure spirituali, gli affetti personali e familiari (principalmente Lina, la moglie, e Linuccia, la figlia), le memorie dell'infanzia, il rapporto con la natura e le riflessioni sull'attualità. Il Canzoniere è progettato secondo il disegno di un itinerario poetico che segue fedelmente quello della vita dell'autore: "Il libro, nato dalla vita, dal romanzo della vita era esso stesso, approssimativamente, un piccolo romanzo. Bastava lasciare alle poesie il loro ordine cronologico; non disturbare, con importune trasposizioni, lo spontaneo fluire e trasfigurarsi in poesia della vita". Sono parole di Saba, tratte dal commento in terza persona che, sotto lo pseudonimo di Giuseppe Carimandrei, il poeta elaborò tra il 1944 e il 1947 con il titolo di Storia e cronistoria del Canzoniere. La struttura del Canzoniere si pone quindi come parallela al flusso continuo e ininterrotto della vita dell'autore, narrandone poeticamente gli eventi significativi. Prose, 1964, accoglie tutta la produzione in prosa: Ricordi-Racconti, 1910-1947 comprende la sezione Gli ebrei del 1910-1912, costituita da bozzetti e descrizioni delle abitudini di vita della comunità ebraica di Trieste; Il ghetto di Trieste; le Sette Novelle del 1912-13 (fra le quali la famosa La gallina letta psicanaliticamente dal Lavagetto nel suo saggio "La gallina di Saba") e altre sezioni e frammenti. Scorciatoie e Raccontini, del 1934-48, Storia e cronistoria del Canzoniere, scritta dal 1940 al 1947. Ernesto, scritto dal maggio al settembre 1953, uscito postumo nel 1975 Sullo sfondo di una Trieste fine secolo, è rievocazione e descrizione di inquietudini e ambigue curiosità adolescenziali con una forte componente autobiografica. Il protagonista, Ernesto, è un ragazzo che vive con la madre (sotto la vigile tutela della zia); studia il violino, legge molto e ha qualche idea vagamente socialista. Fa anche il praticante presso un venditore all'ingrosso di farina. Qui un compagno di lavoro poco più che ventenne lo inizia a una relazione omosessuale, che egli all'inizio accetta spinto soprattutto dalla curiosità. In seguito ha un rapporto con una matura prostituta, Tanda, vissuto con un turbato disagio - e qui Saba è un narratore di estrema delicatezza - perché nella sua mente la figura della prostituta si confonde e si sovrappone con quella della balia della sua infanzia. Nell'ultimo capitolo, Ernesto ad un concerto incontra un giovane, Ilio, "bello", "sicuro di sé", "superbo addirittura", col quale sente un irresistibile bisogno di parlare, di comunicare. Il capitolo si conclude (o si interrompe) proprio sull'avvio di questa comunicazione.

Lo stile poetico

La poesia di Saba è semplice e chiara. Nella forma adopera le parole dell'uso quotidiano e nei temi ritrae gli aspetti della vita quotidiana, anche i più umili e dimessi, luoghi, persone, paesaggi, animali, avvenimenti, Trieste con le sue strade, le partite di calcio. Una vera e propria dichiarazione di poetica la possiamo leggere nella lirica Il borgo della raccolta da Cuor morituro (1925-1930): "La fede avere di tutti, dire parole, fare cose che poi ciascuno intende, e sono, come i bimbi e le donne, valori di tutti".
Il fatto di essere cresciuto ai margini della vita letteraria comporterà in lui la possibilità di elaborare una poetica personale lontano dalle avanguardie e dal decadentismo avvicinandosi invece alla tradizione italiana di Petrarca e Leopardi.
Egli rifiuta lo sperimentalismo e utilizza un linguaggio parlato, chiaro e subito comprensibile; la parola viene utilizzata per la sua capacità di definire oggettivamente la realtà e per il suo modo di scrivere chiaro, preciso e con una poetica personale fu isolato, venendo considerato un poeta antico.
È l'unico che lascia da parte tutte le posizioni estetiche e delle avanguardie per ricollegarsi alla tradizione italiana. È un “poeta della quotidianietà”, quindi ogni giorni si imbatte nel dolore. Rifiuta ogni sperimentalismo formale ed accosta il lessico quotidiano con quello aulico.
Saba rimase sostanzialmente estraneo alle innovazioni formali dell'ermetismo e delle avanzate correnti poetiche. La sua poesia è di un autodidatta, formatosi sulle opere affermate della tradizione. Per questo egli non rifiuta di adoperare le cosidette parole trite", cioè i termini quotidiani e familiari accanto a quelli più noti e amati della tradizione letteraria in una struttura sintattica chiara e lineare. Entra quindi in polemica con la scuola ermetica e sceglie per la sua poesia di esprimere la necessità del ritorno alla chiarezza della comunicazione, senza perdere la capacità di guardare la realtà oltre all'apparenza. Entrò in polemica anche con D'Annunzio e la ricerca del bello. Secondo Saba la poesia è il frutto dell'emozione che nasce spontaneamente dalla vita vissuta, dai ricordi e dalle esperienze anche banali. I motivi dominanti della poesia di Saba sono da considerarsi l'amore per Trieste, l'amore per la donna, l'amore per la vita. Con la prevalenza dell'amore il dolore viene accettato e la malinconia non è scoraggiante ma riflessione meditata che rende il vivere più consapevole.

Poesie

Trieste: Forma metrica, 3 strofe irregolari di varia lunghezza liberamente rimati.
Una delle tante liriche dedicate a Trieste: la città è descritta nella sua ”scontrosa grazia”, perciò come specchio del modo di essere del poeta: schivo e bisognoso di amore.
  • 1° strofa: S. raggiunge un punto alto e solitario della città e si ferma a contemplarla;
  • 2° strofa: descrive il fascino enigmatico di T.: è di una bellezza delicata, ma anche ritrosa e sfuggente (concetto ripreso nell’immagine del “ragazzaccio”);
  • Dal suo angolo il poeta vede e descrive la T. marina e quella collinare;
  • Poi subentra la riflessione: l’atmosfera della terra natia e strana, è fatta di felicità e di dolore insieme.
  • 3° strofa: c’è il messaggio della lirica: il conflitto che il poeta vive tra il bisogno di solitudine e la voglia di aderire alla vita;
La sua “vita pensosa e schiva” rispecchia la “scontrosa grazia della città”.
I diminutivi “muricciolo” e “cantuccio” esprimono affetto per la città.

Città vecchia

Forma metrica: 3 strofe con versi imparisillabi (endec, setten, quinari, tresillabi) variamente legati da rime e assonanze.
Il poeta è immerso nella confusione delle strade, osserva le persone con un sentimento di solidarietà che gli fa riscoprire i valori reali della vita;
La 1° strofa ha inizialmente un ritmo lento e poi più veloce per comunicare l’agitarsi della folla.
Lo spunto narrativo della 1° strofa lascia subito spazio:
  • alla descrizione di una strada del quartiere del porto;
  • alla riflessione sull’umanità che la abita: il poeta si sente parte di quella realtà e si rende conto che in compagnia degli umili il suo pensiero diventa più puro.
Indaga e scopre che anche la creatura più misera è compresa nel mistero universale della vita: la poesia onesta ha il compito di descriverla.
Le parole-chiave “amore”, “dolore”, “Signore” trasmettono il sentimento religioso di fratellanza: S. pensa che amore e dolore siano essenziali per l’esistenza umana.

La capra

Forma metrica: 3 strofe irregolari di endecasillabi e settenari, chiusi da un quinario e liberamente rimati.
È una delle liriche più famose di S.: nel belato sofferente di una capra riconosce la sofferenza di tutti esseri viventi.
I nuclei tematici sono:
  • La solitudine dell’uomo;
  • Il riconoscimento di una fraternità universale nel dolore.
Il poeta incontra una capra: inizialmente risponde per gioco al suo belare, poi si accorge che in esso è evidente il dolore universale.
L’andamento dei versi è molto colloquiale e discorsivo, ma l’apparente semplicità nasconde una costruzione attenta e originale.

Analisi delle opere di Saba

L’appartenenza a Trieste non è casuale, ha il suo peso, ha il suo significato. È una figura complessa: è un ebreo da parte di madre, vive in una realtà mitteleuropea per molti aspetti infatti lui conosce Freud, conosce Nietzsche (come pensiero non come persone). Entra in terapia psicanalitica negli anni ’30, com’era per Svevo. L’appartenenza a Trieste funziona anche nella direzione della volontà di rimanere fedele alla tradizione italiana nel periodo in cui la poesia andava verso la tradizione del simbolismo, del superomismo, dell’estetismo. Saba sembra ignorare tutti questi aspetti e viceversa vuole mantenere la continuità con la tradizione classica italiana, da Petrarca in poi, lo dimostra anche dalla scelta del titolo il Canzoniere, dove di rivoluzionario, di futuristico non c’ assolutamente nulla.
È un po’ controcorrente da questo punto di vista, mentre gli altri sono lanciati in poetiche nuove con l’ide anche la poesia è irrazionale e si può cogliere solo attraverso una breve illuminazione. In Saba non troviamo niente di tutto questo. Anzi nella famosa dichiarazione di poetica Quel che resta da fare ai poeti lui dice che ai poeti resta da fare una poesia onesta, che nasca non da una ispirazione artefatta, forzata ma sincera perchè deve essere capace di arrivare in profondità, ma la profondità non è quella irrazionale, frammentaria (come quella delle correnti che abbiamo visto). In realtà la realtà è chiara, razionale. La poesia ha il compito di conoscere. Anche qui da un lato si dice che la realtà è inconoscibile, mentre lui dice no, la poesia ha il compito di conoscere. Conoscere che cos’è la vita, che è due cose: amore e dolore.
Amore in quanto non solo bisogno di amare ma anche di essere amati, dolore come capacità di soffrire.
Questa condizione accomuna non solo gli uomini, ma anche gli animali, i buoni animali li chiama, che sono vicini alla vita. Non a caso nelle poesie di Saba ci sono molti riferimenti a animali ad esempio La capra dal viso semita dove c’è questa umanizzazione (anche nel belato della capra dove sente il dolore, la sofferenza). Oppure quella poesia in cui paragona la moglie a diversi animali. Ricorre spesso agli animali perché sono nella stessa condizione degli uomini. Inoltre noi in quanto nati dalla vita sappiamo tutto della vita, come anche gli animali e le piante. Quindi non c’è niente di misterioso, di inconoscibile. Tutti coloro che sono nati, proprio per il fatto di essere nati dalla vita sanno tutto della vita. Dice sempre degli animali “i sereni animali che avvicinano a Dio”. Quindi la sua posizione è troppo diversa negli anni in cui scrive da quelli imperanti all’epoca.
Quindi Saba non è per niente rivoluzionario rispetto alla tradizione.
Le sue letture preferite erano Petrarca, Parini, Leopardi, che sono esempi di classicismo, Petrarca perché è il fondatore della lingua moderna, Parini è un esempio di classicismo perché è razionalista, Leopardi è l’altra vetta della tradizione lirica italiana.
Saba in realtà non è stato soltanto un poeta. Ha scritto varie poesie raccolte nel Canzoniere, che ha auto tre edizioni 1921, 1945, 1961 per un totale di circa 400 testi.
Saba prosatore: Saba non è stato solo un poeta, ma è stato anche uno scrittore. Come prosatore ha scritto in particolare un testo Scorciatoie e raccontini che è una raccolta di aforismi brevissimi e dice che i padri sono Leopardi con i Pensieri, ma soprattutto Nietzsche e Freud. Dice di aver imparato l’amore per gli aforismi da Nietzsche e dell’animo umano da Freud.
Questi aforismi vengono usati per smascherare le finzioni umane. Ecco la psicanalisi come tecnica per la conoscenza del mondo, che appare in un modo ma è in un altro. Quindi sottolinea l’ipocrisia, l’inautenticità di quello che si dice e che si fa. Lo stile è sempre sobrio, classico da questo punto di vista, ironico.

Umberto Saba

Approfondimenti

La città di Saba come desiderio “di vivere la vita/ di tutti”. C’è una poesia, Trieste, dove dice che Trieste è come un ragazzaccio aspro e vorace, con gli occhi azzurri e mani troppo grandi per regalare un fiore, per dire che la città ha una grazia scontrosa. La città è aggraziata come un ragazzo con gli occhi azzurri, ma che ha le mani troppo grandi per afferrare gli oggetti e quindi goffa, impacciato, che respinge chi le si accosta. Lui non idealizza questa città, a cui sente comunque un legame affettivo.

Le donne-madri e le donne-fanciulle del Canzoniere: Con madre ebbe un rapporto ambivalente molto forte, caratterizzato dal complesso edipico al contrario perché la madre era la figura dell’autorità. I suoi genitori sono i campioni di due razze diverse: la madre, che era ebrea, si fa carico di tutti i mali del mondo, una figura triste, malinconica, dura per certi aspetti mentre il padre è giocoso, ha un carattere bambinesco e rappresenta l’ispirazione poetica o anche l’immaturità. Quindi dopo i vent’anni capirà che i suoi genitori non potevano andare d’accordo.

Una visione freudiana del fanciullo: esplorare l’infanzia per conoscere l’uomo: Esplorare l’infanzia per conoscere l’uomo perché con Freud comincia uno studio dell’infanzia non come luogo edenico della vita per cui si tendeva (pensa a Libro Cuore) a rappresentarla come l’età felice. Prima di lui l’infanzia era l’età felice, un luogo mitico dell’esistenza, della felicità originaria. Con Freud comincia un’interpretazione diversa che Saba segue da vicino. La vedono come l’origine dei conflitti, della lacerazione e quindi di tutti i successivi problemi che avrà l’adulto (come fu per lui). Il trauma di essere separato dalla sua balia causò un trauma e la madre gli appariva una sconosciuta e aveva tutta una serie di regole molto dure che la balia non seguiva. Un momento di liberazione sarà rappresentato dal servizio militare perché non c’è la mamma e perché lo lega con i giochi dell’infanzia di guerra.

Per ulteriori approfondimenti su Umberto Saba vedi anche qua.