Daniele
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In questo appunto viene descritto il romanzo Il fu Mattia Pascal. “Il fu Mattia Pascal” (1904) è uno dei romanzi più celebri di Luigi Pirandello, autore che ha segnato la letteratura italiana del Novecento. Nel racconto si narrano le vicende del giovane Mattia Pascal, un uomo che vuole fuggire dal peso dei ruoli sociali convenzionali. Marito, padre, figlio e fratello, il protagonista di quest’opera incarna infatti la crisi esistenziale umana del Novecento, sentendosi prigioniero di una vita noiosa e poco appagante.

vita e opere di Pirandello

Struttura e trama dell’opera Il fu Mattia Pascal

Il romanzo, diviso in 18 capitoli, inizia a vicenda conclusa e narra la storia in prima persona.
A parlare infatti è il protagonista Mattia Pascal, un giovane che vive a Miragno, un paesino ligure, e appartiene a una famiglia benestante. Alla morte del padre, egli ha ereditato una discreta somma di denaro. Denaro che un amministratore disonesto di nome Batta Malagna ha mal gestito e dissolto, arricchendosi alle spalle della famiglia Pascal fino a ridurla sul lastrico. Mattia, infatti, per vivere è costretto a lavorare nella Biblioteca Boccamazza, lavoro che mal sopporta. Inoltre, vive costantemente in lite con la moglie Romilda e con la suocera che lo disprezza, così, un bel giorno, decide di partire per iniziare una nuova vita. Arrivato a Montecarlo, vince alla roulette una grande somma di denaro e, con il suo piccolo capitale, pensa che le cose possano migliorare e fa per tornare a casa.
Sulla via del ritorno, in treno, sfogliando un giornale, legge del suicidio di un uomo nel suo paese: tra lo stupore e la sorpresa scopre che si tratta del "proprio" suicidio. Per uno strano gioco del caso, il corpo in avanzato stato di putrefazione ritrovato nella gora di un mulino era stato, infatti, riconosciuto come suo da sua moglie e sua suocera. Approfittando dell’occasione ghiotta, decide di cambiare la propria identità e, una volta per tutte vivere una nuova vita libera e svincolata da ogni convenzione e prigione sociale. Cambia nome, da ora si farà chiamare Adriano Meis, e affitta una casa a Roma. Quando, innamoratosi della figlia del padrone della nuova casa, però, scopre di non poterla sposare, capisce che senza documenti, non può vivere libero come sperava. E così, ancora, quando subisce un furto e non lo può denunziare, o quando subisce offese che non può vendicare. Decide allora di morire per la seconda volta, e rinascere come Mattia Pascal. Inscena quindi il suicidio di Adriano Meis lasciando su un ponte il suo cappello, il bastone e un biglietto e torna alla propria vita a Miragno.
Una volta rientrato in paese, però, scopre che la moglie si è risposata ed ha avuto dei figli con il suo amico, non c’è più posto per Mattia nella sua vita. Torna a lavorare quindi nella biblioteca Boccamazza e, di tanto in tanto, porta fiori alla propria tomba. Al concludersi del romanzo e della vicenda, il fu Mattia Pascal decide di raccontare gli strani casi della sua esistenza, e lo fa in un libro destinato ad esser letto cinquant’anni dopo la sua “terza, ultima e definitiva morte".
Il romanzo si può dunque suddividere in tre grandi sezioni:
  • capitolo 1-6: conosciamo Mattia Pascal e scopriamo la sua morte;
  • capitolo 7-16: leggiamo le vicende di Adriano Meis;
  • capitolo 17-18: Mattia Pascal tenta di riprendere la propria identità e diventa il “fu” Mattia Pascal.

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Mattia Pascal, la caratterizzazione di un personaggio controverso

Nel libro Mattia Pascal è voce narrante della vicenda. Tutto quello che sappiamo della sua caratterizzazione fisica e psicologica lo deduciamo dalle sue parole.
Ad esempio, non leggiamo apertamente espressi i caratteri corporali del protagonista, ma traiamo tali informazioni solo leggendo gli "indizi" lungo i vari capitoli. È così che scopriamo che Mattia Pascal non era propriamente un bell'uomo: robusto e longilineo, con i capelli corti e la barba ben curata, e un difetto di strabismo all'occhio sinistro. Con il cambio di identità vediamo Mattia Pascal cambiare anche alcune caratteristiche fisiche. Adriano Meis è infatti un uomo che porta i capelli lunghi come "un filosofo tedesco", è sbarbato e non ha più, grazie a un’operazione chirurgica correttiva, l'occhio sinistro strabico.
Per quanto riguarda la sua formazione culturale scopriamo dal suo racconto che il maestro Pinzone l’ha allevato tra false citazioni e autori inventati. Anche per questo Mattia rasenta l'analfabetismo e dimostra anche una certa inesperienza e incapacità verso le problematiche economiche (alla morte del padre la famiglia Pascal subisce vari torti e ruberie da parte di Batta Malagna e Mattia Pascal è costretto a lavorare per pochi soldi come bibliotecario comunale). Dal punto di vista morale, il protagonista del romanzo è sensibile alle sofferenze patite dalla gente a lui vicina e se ha dei comportamenti scorretti li ha solo verso chi a suo parere gli ha fatto qualche torto. A livello psicologico invece, Mattia Pascal ci appare come una persona molto malinconica e triste, costantemente alla ricerca di certezze e ossessionato dal peso dell’esistenza e del rapporto di questa con l’apparenza. Per questo egli è forse uno dei personaggi più controversi ed introspettivi della letteratura italiana.

Per ulteriori approfondimenti sulla figura di Adriano Meis vedi qui

Il rapporto con il paesaggio, tra Miragno e Roma

Il paesaggio narrativo del romanzo ha una straordinaria varietà di luoghi, ma ad emergere maggiormente è il contrasto/similitudine tra i due contesti, tra i quali la storia di Mattia si articola:
  • Miragno, il piccolo paese ligure dove è nato e cresciuto di Mattia Pascal;
  • Roma, città in cui Adriano Meis ha vissuto per qualche mese.
Miragno è un tranquillo paesino ligure immerso negli uliveti dove ci si conosce tutti, ci si incontra per le vie, si va a messa la domenica e si passano i pomeriggi nei bar. E come in ogni paesino, c’è un sottosuolo di angherie, latrocini e intrighi amorosi che persiste silenzioso. Miragno diventa quindi, nell’opera pirandelliana, lo specchio della contraddittorietà della vita: un’apparenza tranquilla che nasconde uno sfondo di insofferenza.
D’altro canto, Roma anche vive delle sue contraddizioni: è una città "acquasantiera” per il ruolo basilare del papato, ma è anche “portacenere” perché sotto le prepotenze della borghesia. La città, un tempo "centro del mondo", è ora un luogo rovinato da biechi funzionari e turismo di massa.

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Raccontare attraverso l’umorismo, lo stile pirandelliano

Nel suo romanzo, Pirandello ha uno stile lineare e longilineo, e si serve spesso di immagini emblematiche e narrative per aiutare la comprensione ed evidenziare tematiche quali nichilismo o il rapporto tra apparenza ed essenza. Ma, più di tutto, il racconto pirandelliano è intriso di umorismo, che in egli acquisisce un significato del tutto particolare e unico: è infatti da intendersi come un “superamento” della comicità, che lascia spazio in un secondo momento ad analisi introspettive e psicologiche del personaggio. La comicità è causata dalla contraddizione e dalle maschere a cui i personaggi pirandelliani sono costretti per fronteggiare la mutevole e variegata esistenza, comandata dal caso. Ad una prima reazione divertita verso le vicende narrate, subentra nel lettore una profonda empatia che lo porta a riflettere sulle condizioni che hanno spinto il personaggio ad una determinata azione. Nel 1908, Luigi Pirandello pubblica il saggio “L'umorismo” nel quale egli stesso ci spiega che l’umorismo è in realtà l'unico modo che abbiamo per far fronte alle avversità della vita. Per Pirandello, infatti, il mondo è governato dal caso, che produce il caos, e l'umorismo, aiuta l’uomo tornare ad una situazione vivibile.

Per ulteriori approfondimenti sull’umorismo pirandelliano vedi qui

Schema delle tematiche principali

Il romanzo pirandelliano è un’opera molto profonda e intricata, come abbiamo già potuto vedere fin qui, che offre diversi spunti di lettura. Tante sono, ad esempio, le tematiche che emergono dal testo, ed è bene, per un’analisi più dettagliata, approfondire alcune di esse.
  • Le maschere: quello delle maschere è un tema molto caro a Pirandello. Per sopravvivere all’apparenza e alle convenzioni sociali a cui la società lo costringe, l'uomo si nasconde dietro a un'infinità di maschere (in base alle relazioni, agli stati d'umore e alle situazioni). Questa molteplicità di personalità che egli assume di volta in volta porta a una frantumazione dell'io autentico e alla continua ricerca di una vera e propria identità. Per questo l’individuo è vittima di un’incertezza che genera smarrimento e incapacità di comprensione del prossimo (poiché non si comprende se stessi);
  • La famiglia: per Pirandello la famiglia è la prima forma di costrizione sociale: è opprimente, piena di tensioni, odi e rancori che la rendono una prigione (come accade nel rapporto coniugale con Romilda e quello con la suocera, la vedova Pescatore);
  • La follia e l’inettitudine: le uniche alternative di libertà ad una società così opprimente sono la follia e l'immaginazione: solo così si può vivere, o immaginare di vivere, una vita diversa. Mattia Pascal, inadatto alla vita, cerca continuamente una via di fuga ad essa.
  • Il gioco d'azzardo: Pirandello è affascinato dalla casualità che domina il mondo, per questo presta particolare attenzione al gioco d’azzardo (quando Mattia Pascal è al casinò di Montecarlo): con esso sottolinea ancora una volta i limiti della volontà e della ragione;
  • Il doppio, la crisi di identità: Mattia Pascal è caratterizzato da una forte incapacità ad identificarsi con se stesso. Pirandello evidenzia il suo rapporto difficile con la propria anima e con il proprio corpo. La crisi d’identità dipende soprattutto dalla sua predisposizione a sdoppiarsi e dalle situazioni che si ripresentano continuamente (Mattia seduce due donne, finge per due volte la propria morte);
  • La teoria del lanternino: Durante la convalescenza, a seguito dell’operazione all’occhio, Adriano Meis è costretto a rimanere a casa al buio. In quest’occasione, il proprietario di casa, Anselmo Paleari, gli illustra la sua filosofia riguardo la conoscenza delle cose. Secondo la sua teoria del lanternino, infatti, ogni uomo vive cercando la conoscenza con il proprio lanternino, che poco illumina il buio e l’incertezza a cui la vita ci costringe e con il quale ci si illude di conoscere le cose.

Per ulteriori approfondimenti sulle tematiche del Mattia Pascal vedi qui

Il fu Mattia Pascal, frasi celebri

Riportiamo in questa sezione alcune frasi celebri del romanzo “Il fu Mattia Pascal”, che aiutano a spiegare i temi sopra esposti e offrono una maggiore comprensione sullo stile pirandelliano:
  • Il tema della solitudine: “Ah, che vuol dir morire! Nessuno, nessuno si ricordava più di me, come se non fossi mai esistito... Folle! Come mi ero illuso che potesse vivere un tronco reciso dalle sue radici?”;
  • Il tema dell’inettitudine: “Tu, invece, a volerla dire, sarai sempre e dovunque un forestiere: ecco la differenza. Forestiere della vita, Adriano Meis”;
  • Il tema dell’incertezza e della casualità della vita: “Siamo o non siamo su un’invisibile trottolina, cui fa da ferza un fil di sole, su un granellino di sabbia impazzito che gira e gira e gira, senza saper perché, senza pervenir mai a destino, come se ci provasse gusto a girar così, per farci sentire ora un po’ più di caldo, ora un po’ più di freddo, e per farci morire – spesso con la coscienza d’aver commesso una sequela di piccole sciocchezze – dopo cinquanta o sessanta giri?”;
  • La filosofia del lanternino: “A noi uomini, invece, nascendo, è toccato un tristo privilegio: quello di sentirci vivere, con la bella illusione che ne risulta: di prendere cioè come una realtà fuori di noi questo nostro interno sentimento della vita; mutabile e vario, secondo i tempi, i casi e la fortuna. E questo sentimento della vita per il signor Anselmo era appunto come un lanternino che ciascuno di noi porta in sé acceso; un lanternino che ci fa vedere sperduti su la terra, e ci fa vedere il male e il bene; un lanternino che projetta tutt’intorno a noi un cerchio più o meno ampio di luce, xi là dal quale è l’ombra nera, l’ombra paurosa che non esisterebbe, se il lanternino non fosse acceso in noi, ma che noi dobbiamo pur troppo creder vera, fintanto ch’esso si mantiene vivo in noi. Spento alla fine a un soffio, ci accoglierà la notte, perpetua dopo il giorno fumoso della nostra illusione, o non rimarremo noi piuttosto alla mercé dell’Essere, che avrà soltanto rotto le vane forme della nostra ragione?”
  • L’epilogo: “…che fuori della legge e fuori di quelle particolarità, liete o tristi che sieno, per cui noi siamo noi, caro signor Pascal, non è possibile vivere. Ma io gli faccio osservare che non sono affatto rientrato né nella legge né nelle mie particolarità. Mia moglie è moglie di Pomino, e io non saprei proprio dire ch’io mi sia. Nel cimitero di Miragno, su la fossa di quel povero ignoto che s’uccise alla Stiìa, c’è ancora la lapide dettata da Lodoletta: “Colpito da avversi fatti Mattia Pascal bibliotecario, cvuor generoso anima aperta qvi volontario riposa. La pietà dei concittadini questa lapide pose”.

Per ulteriori approfondimenti su “Il fu Mattia Pascal” vedi qui

Commento: un romanzo scorrevole che tiene alta l’attenzione

In questo romanzo Pirandello dimostra il potere dello "Stato Civile" che ci impone di vivere secondo determinate regole sociali. Attraverso le disavventure di Mattia Pascal, infatti, ci fa vedere come un ideale di vita al di fuori della società, porti in realtà, ad una non vita. Il giovane protagonista insegue e a tratti realizza il suo sogno di libertà, ma sarà questo stesso sogno a renderlo schiavo impedendogli di vivere una vita normale.
La vicenda narrata ne “Il fu Mattia Pascal” è dinamica e scorrevole. Il romanzo infatti si legge facilmente, grazie all’alternanza di dialoghi e monologhi interiori, attraverso i quali conosciamo bene le idee e il carattere dei personaggi. Per quanto riguarda le ambientazioni, è interessante notare come i luoghi chiusi prevalgano su quelli aperti: la biblioteca, il treno, la casa di Roma, il casinò.
Mattia, e con lui anche Adriano, fugge dalla propria vita alla ricerca di libertà, ma scopre ben presto, suo malgrado, quanto illusoria sia quell’idea di libertà. Ha paura di perderla ma nel rincorrerla perde la propria identità, e rinuncia così a vivere, perché senza un'identità precisa non si può vivere.

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Domande da interrogazione
  • Qual è la struttura del romanzo "Il fu Mattia Pascal"?
    Il romanzo è diviso in 18 capitoli e viene narrato in prima persona dal protagonista Mattia Pascal.
  • Quali sono le principali tematiche affrontate nel romanzo?
    Le principali tematiche affrontate nel romanzo sono le maschere, la famiglia, la follia e l'inettitudine, il gioco d'azzardo e la crisi di identità.
  • Qual è lo stile utilizzato da Pirandello nel romanzo?
    Pirandello utilizza uno stile lineare e longilineo, arricchito da immagini emblematiche e narrative. Inoltre, il romanzo è intriso di umorismo, che assume un significato unico nel contesto pirandelliano.
  • Qual è l'epilogo del romanzo "Il fu Mattia Pascal"?
    Nell'epilogo del romanzo, Mattia Pascal scopre che la sua moglie si è risposata e ha avuto dei figli con il suo amico. Decide quindi di tornare a lavorare nella biblioteca e di portare fiori sulla sua tomba.