Confucio, il saggio che riformò la Cina

Kongzi, il “Maestro Kong”, che nacque 2500 anni fa in una Cina frammentata, si propose di restaurare l’ordine prendendo come modelli antichi sovrani ed educando gli uomini a praticare la virtù

Ritratto di Confucio

Ritratto di Confucio

Foto: Bridgeman / ACI

A volte le storie delle diverse parti dell’Eurasia convergono in un punto prima di separarsi nuovamente per seguire ognuna il proprio cammino. Il passaggio dal VI al V secolo a.C. fu uno di quei momenti. Culture molto diverse tra di loro raggiunsero la maturità e plasmarono le loro tradizioni in opere decisive: la Torah ebraica si stabiliva nel Vicino Oriente mentre il zoroastrismo lo faceva in Persia; I filosofi presocratici scuotevano la Grecia mentre in India Mahavira fondava il giainismo e Budda elaborava un sistema per eliminare la sofferenza. E ancora oltre, in Cina, Confucio e Laozi riflettevano sulla relazione delle persone con la società.

Confucio nacque in un’epoca convulsa. I re della dinastia Zhou, al potere dagli inizi del primo millennio a.C., mantenevano un potere puramente formale mentre molteplici staterelli si ripartivano il territorio e combattevano ferocemente per aumentare i propri domini. I principi di turno assegnavano i loro governi all’incapace aristocrazia locale. In un tentativo di reclutare nuovi talenti, iniziarono a contare sempre più sul gruppo di funzionari minori procedenti dalla piccola nobiltà e cercarono di attrarre alla loro corte consiglieri efficienti che gli permettessero d'imporsi ai rivali.

Un’origine poco celebre

Confucio nacque nel 551 a.C. nel piccolo stato di Lu della provincia dello Shandong. La sua famiglia, di scarse risorse economiche, era emigrata dal vicino stato di Song, e apparteneva a quella nobiltà minore che poteva aspirare unicamente a incarichi di livello medio o basso. Con la morte del padre, quando lui era piccolo, la famiglia sprofondò nella povertà. A quindici anni, secondo quanto lui stesso raccontò, iniziò a studiare intensamente e ottenne qualche incarico minore come custode di fienili e responsabile di pascoli pubblici; doveva essere bravo a far i conti visto che entrambe le imprese prosperano. Nonostante la tradizione gli attribuisca anche i ruoli di ministro dei lavori pubblici e di ministro della giustizia, nessuno conferma quest’informazione.

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'Taotie' o maschera di un essere fantastico, in bronzo. Dinastia Shang. XV-XI secolo a.C.

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Foto: Album

Dato che nel suo stato, quello di Lu, non aveva grande successo, si recò negli stati vicini per offrisi come consigliere. Le sue opinioni, però, irritavano o sconcertavano le persone che gliele chiedevano. Al principe che si vantava del fatto che nel suo regno tutti lo amavano, per esempio, lui disse che questa non era una cosa positiva, perché la cosa buona è che ti amino i buoni e ti odino i cattivi. Quando un altro principe gli chiese cosa doveva fare, lui gli rispose che la prima cosa era rettificare i nomi. Quando l’altro domandò a cosa si riferisse, Confucio chiarì: che il governante faccia il governante, il ministro il ministro, il padre il padre e il figlio il figlio. Ovvero, che tutti rispettino i propri doveri e le proprie responsabilità. Tuttavia i principi che Confucio ammoniva non lo capivano né lo ascoltavano: loro parlavano di politica e lui, invece, di etica. Quindi, lo mandavano praticamente sempre via.

Indubbiamente Confucio andava in giro con una comitiva particolare: lui sulla carrozza suonava la cetra e cantava mentre un numero crescente di discepoli lo seguivano sui propri calessi. Confucio non smise mai di riflettere sulle questioni d’interesse pubblico, convinto com’era del fatto che solo vivendo in società le persone potessero diventare esseri umani completi. Alla fine, quand’era già avanti negli anni, tornò allo stato di Lu e si dedicò all’insegnamento, occupazione che fece di lui il primo maestro della Cina, cosa in quell’epoca non solo insolita ma anche stravagante.

 

Meglio l’etica che le leggi

Se lui personalmente non ottenne nessuna ricompensa per il suo lavoro, molti dei suoi numerosi discepoli – tremila, dei quali settantadue considerati eminenti dal maestro – occuparono gli incarichi più alti in vari stati cinesi dell’epoca. Confucio morì a settantatré anni, nel 479 a.C., e i suoi seguaci misero insieme i suoi pensieri nei Dialoghi o Analecta (Lunyu, in cinese), anche se vari testi lì riuniti corrispondono a un periodo posteriore [e sono quindi da attribuire ai suoi discepoli]. Di lui rimane questo libro e alcuni dati che raccolse, oltre tre secoli dopo, Sima Qian, il primo storico cinese. La figura reale del maestro riesce a malapena a dissipare la nebbia che la avvolge ed è praticamente impossibile separare l’uomo dal mito.

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Quasi tutte le culture delineano un’utopia verso la quale incamminarsi. Quella di Confucio, però, era un’utopia retrospettiva, centrata nell’antica dinastia Zhou: una società ideale governata da uomini dalla condotta esemplare che servivano da modello a tutti gli altri. Lui sentiva un’ammirazione sconfinata per le glorie passate della Cina e aveva una passione inestinguibile per la sua figura centrale, il duca di Zhou, che ricordava sempre nei suoi discorsi. «Come sono caduto in basso! – disse una volta. – È da tanto che non sogno il duca di Zhou!». La sua meta era una società retta dall’etica e che non avesse bisogno di leggi per raggiungere l’armonia sociale. E lo strumento decisivo per arrivare all’utopia era lo studio.

Confucio insieme ai suoi discepoli suona il 'guqin', uno strumento della stessa famiglia della cetra. Immagine del XVIII-XIX secolo

Confucio insieme ai suoi discepoli suona il 'guqin', uno strumento della stessa famiglia della cetra. Immagine del XVIII-XIX secolo

Foto: AKG / Album

Così iniziano i Dialoghi: «Studiare e, giunto il momento opportuno, mettere in pratica quanto studiato, non è anch’essa una forma di felicità?». Tuttavia studiare non era una cosa facile. Esistevano testi canonici importanti, come il Classico della storia, il Classico della poesia e il Classico dei riti: c’era chi li sapeva recitare a memoria, ma conoscerli non era requisito necessario per occupare nessun incarico. L’accesso al potere era aristocratico, e pochissimi dei principi erano esperti di poemi e storie antiche. Confucio invece ottenne dai classici un impulso etico rinnovatore e si dedicò a selezionarli e a editarli, consacrandogli uno studio appassionato, di cui era orgoglioso.

Educare sembrava un’occupazione tanto innovativa quanto inoffensiva. Il modo in cui insegnava il maestro, però, cambiò ogni cosa. Profondamente convinto che gli uomini fossero per loro stessa natura tutti molto simili tra di loro – anche se ciò che uno impara lo allontana poi molto dagli altri – Confucio accettò di insegnare a chiunque glielo chiedesse, indipendentemente dalla classe sociale di appartenenza.

Cosa insegnava Confucio? Parlava spesso del Classico della poesia e del Classico della storia, ma questo non vuol dire che si trattasse di un’educazione libresca. Era piuttosto un’educazione globale, che insegnava alle persone giovani a rispettare i genitori in casa e gli anziani fuori da casa; a parlare poco e a essere affidabili e a riservare la propria amicizia solo a chi fosse dotato di un’umanità autentica. C’erano temi che Confucio non voleva trattare: l’esercito, le gesta militari, gli atti di violenza e la religione rimasero fuori dal suo insegnamento. Egli credeva che la saggezza consistesse nel dedicarsi intensamente agli obblighi rispetto all’umanità.

 

Budda, Confucio e Laozi appaiono in questo 'inro', o scatolina giapponese, in oro laccato, realizzata nel XIX secolo.

Budda, Confucio e Laozi appaiono in questo 'inro', o scatolina giapponese, in oro laccato, realizzata nel XIX secolo.

Foto: Bridgeman / ACI

La preparazione dei dirigenti

Ciò che emoziona dei Dialoghi è la sensibilità educativa di Confucio. Egli sapeva bene quant’è difficile studiare, ovvero correre dietro a qualcosa che ci scappa con la paura di perdere ciò che si è già raggiunto. Era molto severo coi suoi studenti: detestava che fossero d’accordo con tutto quello che lui diceva; ripeteva sempre che imparare senza pensare è inutile, mentre pensare senza imparare è pericoloso e li incitava a prendere decisioni con prontezza.

Quest’impazienza del maestro è evidente nei Dialoghi quando afferma che lui non svela verità a chi non ha voglia di scoprirle, o quando dice che lui mostra un angolo del problema ma, se lo studente non sa trovare gli altri angoli a partire da quello, allora lui non glielo fa vedere nuovamente.

Il nucleo dei suoi insegnamenti serviva per occupare un posto nell’amministrazione o nella diplomazia, cosa che riconobbero i governanti dell’epoca, che si disputarono fin da subito i suoi discepoli come consiglieri. Da ciò deriva la chiave dell’influenza di Confucio nel tempo: con lui s'instaurò in Cina, millenni prima che in qualunque altro posto, l’idea che lo studio è parte essenziale della promozione sociale.

 

Confucio indossa la corona di perle che indica il rango di Mandarino. Epoca Qing. XVII- XX secolo. Museo Guimet, Parigi

Confucio indossa la corona di perle che indica il rango di Mandarino. Epoca Qing. XVII- XX secolo. Museo Guimet, Parigi

Foto: Bridgeman / ACI

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L’educazione da lui proposta, laica e indipendente da intermediari religiosi, orientò la storia della Cina verso un cammino unico. Molti secoli dopo la sua morte, i confuciani perfezioneranno quell’elaboratissimo sistema di esami per accedere al ceto burocratico del mandarinato che lascerà a bocca aperta i primi viaggiatori europei del XVI secolo e che verrà poi istituito nel resto del mondo nel corso del XIX secolo.

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Tuttavia, il sogno di Confucio non era quello di creare burocrati, bensì quello di promuovere l’uomo nobile, il junzi, una persona capace di amare gli altri e di non infliggergli ciò che non vuole per sé stesso. Per Confucio imparare era un atto morale che fa dell’uomo un essere infinitamente perfettibile e lo conduce verso la santità in terra. Imparare è cambiare e, secondo lui, la mente umana è l’unico strumento capace di compiere cambiamenti. Dato che era un maestro, però, sapeva bene quante difficoltà questo potesse implicare. Lo dimostra il fatto che una volta arrivò ad affermare che non conosceva nessuno che preferisse la virtù al sesso.

E constatò anche che per lui esistevano due tipi di persone che non cambiano mai: quelle che sono straordinariamente intelligenti e quelle che sono straordinariamente stupide.

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