Le conseguenze del disastro nucleare di Černobyl'

Il 26 aprile 1986 nella sala di controllo del reattore numero quattro della centrale nucleare V.I. Lenin di Černobyl' fu commessa una serie di errori fatali. L'esplosione che ne seguì devastò le terre circostanti, provocò la morte di molte persone e conseguenze inimmaginabili per tante altre

Nella debole luce di un nevoso mattino di primavera, gli oggetti sparsi a terra in un asilo abbandonato parlano di un'altra epoca, quando ancora i bambini di Pryp"jat' non avevano perso l'innocenza. Sandali e ballerine. Figurine di Lenin da piccolo e da giovane dirigente, l'equivalente sovietico degli album dei calciatori. Nella sala accanto, bambole rotte senza vestiti giacciono sui letti dove i piccoli facevano il riposino. Sulle pareti della palestra ci sono fotografie di bambini che fanno esercizi.

Fotografia scattata nel febbraio 2018, 32 anni dopo il disastro di Černobyl'

Fotografia scattata nel febbraio 2018, 32 anni dopo il disastro di Černobyl'

Foto: Cordon Press

La vita di Pryp''jat' si concluse in maniera terrificante. Prima dell'alba del 26 aprile 1986, a meno di tre chilometri a sud di quella che allora era una città di 50mila abitanti, il reattore numero quattro della centrale nucleare di Černobyl' scoppiò. Trenta persone morirono a causa dell'esplosione e dell'incendio, o dell'esposizione alle radiazioni letali. La struttura distrutta arse per dieci giorni, contaminando 142mila chilometri quadrati nel nord dell'Ucraina, nel sud della Bielorussia e nella regione russa di Brjansk. Fu il peggior incidente nucleare che il mondo avesse mai conosciuto.

Il fallout radioattivo, quattrocento volte superiore alla radioattività liberata a Hiroshima, costrinse più di 300mila persone a fuggire dalle proprie case e scatenò un'epidemia infantile di tumore della tiroide. Si calcola che con gli anni le ricadute economiche ‒ i costi sanitari e di pulizia, i risarcimenti e le perdite in produttività ‒ siano ammontate a centinaia di migliaia di milioni di euro. Via via che gli errori celati dal governo emergevano, Černobyl' contribuì ad accelerare la disintegrazione dell'Unione Sovietica. Le scorie altamente radioattive del reattore quattro si trovano ancora sotto il "sarcofago", un guscio di cemento e ferro ormai deteriorato, costruito in tutta fretta dopo l'incidente e che vent'anni dopo rischiava di crollare. I lavori per sostituirlo iniziarono nel 2007 e prevedevano una struttura a doppia volta, delle dimensioni di uno stadio, che si sarebbe spinta sopra il vecchio sarcofago per chiuderlo ermeticamente. La struttura fu completata nel 2017, nascondendo alla vista il reattore. Ma gli abitanti della regione non l'hanno dimenticato: davanti ai loro occhi la catastrofe prosegue.

Molte donne sono convinte che daranno alla luce neonati malati o senza futuro

I primi calcoli, secondo cui l'incidente di Černobyl' avrebbe provocato decine o addirittura centinaia di migliaia di morti, sono stati smentiti. Tuttavia il danno genetico continua lentamente a mietere vittime. Nessuno può predire gli effetti definitivi, ma un rapporto affidabile del 2005 calcolava che all'epoca l'epidemia di tumori prodotta da Černobyl' aveva già ucciso quattromila persone. Sembra comunque che gli effetti più insidiosi di Černobyl' potrebbero essere le ferite psicologiche inferte a quanti abbandonarono la loro casa e dai milioni di persone che tuttora vivono nella zona contaminata. «Gli effetti psicologici sono devastanti» sostiene Michail Malko, fisico di Minsk. «Molte donne sono convinte che daranno alla luce neonati malati o senza futuro».

Cronaca di un incidente nucleare

Olesya Shovkoshitnaya non sa se deve incolpare Černobyl' delle sue emicranie e perdite di memoria. Conserva però un buon ricordo della sua infanzia a Pryp''jat', una città costruita negli anni settanta per il personale della centrale di Černobyl'. «Era un posto accogliente, con alberi e rose» ricorda Olesya, che ora vive a Kiev, a circa 110 chilometri a sud di Černobyl'. «Io giocavo a scacchi e a pallavolo, nuotavo e facevo parte di un coro. Ho vissuto un'infanzia felice». Un'infanzia che terminò all'età di dieci anni. All'1.23 di quella notte di aprile gli operatori commisero diversi errori nel corso di una prova di sicurezza di routine al reattore quattro. Il nucleo di grafite progettato dai sovietici era intrinsecamente instabile, e in pochi secondi la reazione nucleare a catena sfuggì di mano. L'acqua di refrigerazione del reattore evaporò istantaneamente, distruggendo le barre combustibili. I reattori occidentali erano chiusi all'interno di imponenti edifici di acciaio e cemento, ma il numero quattro non era fatto di materiali abbastanza resistenti da contenere l'esplosione. Lo scoppio scoperchiò il tetto e disperse le viscere del reattore tutto intorno all'edificio, oltre a provocare un feroce incendio in quel che rimaneva del nucleo di grafite. La madre di Olesya, che lavorava come tecnica nella centrale, la mattina si presentò come sempre al suo posto di lavoro, diverse ore dopo l'incidente. Olesya invece andò a scuola. «Faceva caldo» ricorda. «Ci chiusero dentro. Non capivo perché». Dopo le lezioni dissero i bambini di andare dritti a casa.

La sala di controllo della centrale nucleare di Černobyl

La sala di controllo della centrale nucleare di Černobyl

Foto: Cordon Press

La sera la madre di Olesya tornò e chiuse le finestre. Poi arrivò un funzionario del comune con delle compresse di iodio, che proteggono dallo iodio-131 radioattivo. La donna diede alla figlia anche un sorso di vodka, che nei territori sovietici si pensa protegga dalle radiazioni. Il padre, che era ingegnere, quel giorno stesso rientrò da Mosca, dove si era appena dottorato. Per ironia della sorte, la sua tesi riguardava la probabilità di una catastrofe in una centrale nucleare. In seguito avrebbe raccontato a Olesya che sulla via di casa aveva visto dei bambini sguazzare nelle pozzanghere formatesi dopo la pulizia delle strade. Gli disse di rientrare a casa: si stavano impregnando di radiazioni.

Il mattino seguente le autorità annunciarono che era avvenuto un incidente e che la città sarebbe stata evacuata. Quel giorno 1100 autobus provenienti da tutta l'Ucraina si misero in fila a Pryp''jat'. Alle cinque di sera la città era vuota. La città di Slavutyč fu costruita a cinquanta chilometri da Pryp''jat' per sostituirla, e diede alloggio al personale dei tre reattori che rimasero a Černobyl' fino a che furono chiusi (l'ultimo nel 2000). Nella piazza sono incisi su marmo nero i volti delle prime vittime del disastro. Due lavoratori della centrale morirono per l'esplosione. Gli altri, ventidue operai e sei pompieri, assorbirono elevatissime dosi di radiazioni e morirono dopo pochi mesi.

Nei giorni che seguirono l'esplosione altre migliaia di lavoratori, chiamati "liquidatori", furono portati in tutta fretta a Černobyl' per controllare l'inferno radioattivo. Minatori di carbone scavarono sotto il nucleo per bombardarlo d'idrogeno liquido e raffreddare quindi il combustibile nucleare. Piloti di elicottero gettarono 4.500 tonnellate di piombo, sabbia, argilla e altri materiali per soffocare le fiamme. L'esercito fece incursioni cronometrate sul tetto della centrale per buttare all'interno del reattore i blocchi di grafite fumante dispersi dall'esplosione. Soprannominate ironicamente "biorobot", molte delle 3.400 persone che parteciparono all'operazione assorbirono in pochi secondi la dose di radiazioni di tutta una vita.

Tra aprile e dicembre 1986 il giornalista Igor Kostin documentò i lavori dei liquidatori a Černobyl'

Tra aprile e dicembre 1986 il giornalista Igor Kostin documentò i lavori dei liquidatori a Černobyl'

Foto: Cordon Press

Finalmente il 6 maggio le fiamme del reattore si spensero e un esercito di liquidatori si mise al lavoro per costruire il sarcofago e per concentrare i residui radioattivi in centinaia di discariche intorno a Černobyl'. I primi giorni i medici che monitoravano lo stato dei liquidatori confermarono che il loro numero di leucociti si era abbassato, con conseguenti rischi per la salute. Quasi tutti però si ripresero.

L'impatto fatale di Černobyl'

Ora però sembra che una nuova ondata di disturbi stia affliggendo i 240mila uomini e donne che lavorarono in prima linea durante il disastro. Le cataratte, un male caratteristico dei sopravvissuti alle bombe atomiche in Giappone, stanno aumentando. Più preoccupante è uno studio condotto tra i liquidatori russi, che attribuisce all'incidente 230 morti negli anni novanta per cardiopatia, leucemia e altri tipi di tumore.

Ora però sembra che una nuova ondata di disturbi stia affliggendo i 240mila uomini e donne che lavorarono in prima linea durante il disastro

Il collegamento tra Černobyl' e le malattie cardiache è controverso. L'esposizione a radiazioni può danneggiare i vasi sanguigni, ma alcuni scienziati ritengono che l'elevata incidenza di cardiopatie si possa imputare al consumo di alcol e tabacco, allo stress e a una dieta inadeguata.

Anche i milioni di persone che vivevano sottovento a Černobyl' sono a rischio. L'esplosione iniziale disperse materiale radioattivo a ovest del reattore, salvando Pryp''jat' da un impatto diretto e investendo una pineta poi soprannominata Foresta rossa per gli spettrali aghi rossi degli alberi morti. «I venti furono favorevoli» dice Ronald Chesser, un ecologo dell'Università tecnologica del Texas che studia la nube radioattiva come modello per prevedere che cosa accadrebbe se una bomba sporca (cioè un esplosivo con materiale radioattivo) scoppiasse negli Stati Uniti.

In quel momento, mentre il reattore bruciava fuori controllo, il vento trascinò la nube verso nord. Il 70% della radioattività raggiunse la Bielorussia e contaminò quasi un quarto del Paese. Ma il governo sovietico non avvisò la popolazione. Mentre i bambini di Pryp''jat' assumevano compresse di iodio già a poche ore dall'esplosione, le autorità bielorusse non iniziarono a distribuire le pillole che dopo più di una settimana. Per tutto quel tempo i bambini bevvero latte con tracce di iodio-131 radioattivo proveniente da mucche nutrite con erba contaminata. Il potente isotopo a disintegrazione rapida si accumula nella tiroide.

Ucraini a Kiev pregano per le vittime di Černobyl'

Ucraini a Kiev pregano per le vittime di Černobyl'

Foto: Cordon Press

A partire dal 1990 Alexei Okeanov, dell'Università ambientale Sacharov, e altri ricercatori notarono un marcato incremento di tumori della tiroide infantili. Prima di Černobyl', in Bielorussia c'erano due o tre casi all'anno tra i minori di quindici anni. Nel 1990 ce ne furono novanta. A oggi questo tumore è stato diagnosticato a quattromila bambini e adolescenti in Bielorussia, Russia e Ucraina, e la maggior parte di loro vive in Homel', una regione della Bielorussia fortemente contaminata poco a nord di Černobyl'. Nonostante il tumore della tiroide abbia una percentuale di cura molto alta tra i tumori maligni, almeno nove bambini morirono e i sopravvissuti devono continuare ad assumere medicinali.

Ora che è passata una generazione dall'incidente, il tumore della tiroide è tornato a farsi raro tra i bambini. Negli adulti, però, è possibile che l'incidenza stia aumentando. Okeanov dice che il registro nazionale dei tumori della Bielorussia rivela che in Homel' sono aumentati i casi di tumore al colon e alla vescica, anche se alcuni ritengono che il maggiore controllo a seguito dell'incidente spiegherebbe in parte l'incremento di casi diagnosticati.

Un report elaborato nel 2005 dal Chernobyl Forum, un gruppo di esperti creato dall'Agenzia internazionale per l'energia atomica, l'OMS e altre agenzie ONU, indica che dei milioni di persone esposte alla nube radioattiva di Černobyl', circa quattromila sarebbero morte di leucemia e altri tipi di tumore indotti dalle radiazioni. Il fatto che questa cifra sia stata ricevuta con sollievo dà la misura dei timori suscitati dall'incidente.

Una donna anziana posa accanto ad alcune patate cresciute nella zona contaminata

Una donna anziana posa accanto ad alcune patate cresciute nella zona contaminata

Foto: Cordon Press

Le conseguenze di Černobyl' non si esauriscono con le morti per cancro. All'inizio «non si pensò all'impatto psicologico sui sopravvissuti», ammette Michail Balonov, segretario scientifico del Chernobyl Forum. Convinti di essere condannati, alcuni di loro vivono nel terrore, altri invece senza alcuna precauzione: mangiano funghi contaminati, fanno abuso di alcol o conducono una vita sessuale promiscua e senza protezione. A ciò si aggiunge il trasferimento di centinaia di migliaia di persone che furono evacuate dalle regioni più contaminate o fuggirono di propria iniziativa. Olesya Shokoshitnaya conferma che la vita come "bambina di Černobyl'" non è stata facile. La sua famiglia visse per tre mesi a casa di alcuni parenti nell'est della Russia, prima che le fosse assegnato un appartamento a Kiev e del denaro per comprarsi i mobili.

Quelli che restarono vivono in un ambiente contaminato

Com'era prevedibile, i nuovi vicini non furono contenti di quella fiumana di evacuati e del trattamento preferenziale che ricevettero le vittime ufficiali di Černobyl'. «Dicevano che anche loro vivevano in una zona contaminata. Però non ricevevano nessun risarcimento» racconta Olesya. Quelli che rimasero vivono in un ambiente contaminato. I due radionuclidi più diffusi a Černobyl', il cesio-137 e lo stronzio-90, rimarranno nella zona per decenni. I campi sono concimati a potassio perché le coltivazioni assorbano meno cesio, e vi si aggiunge la calce per bloccare lo stronzio. Regolamenti dettagliati indicano che cosa si può coltivare in ciascun tipo di terreno. La terra più contaminata (200mila ettari) è rimasta incolta, anche se il governo bielorusso sta prendendo delle misure per recuperarla.

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Convivere con la radioattività

Lontano da ground zero la natura si è impadronita dei 5200 chilometri quadrati di terre abbandonate della zona di esclusione, un'area strettamente controllata grande quasi due volte il Lussemburgo. Più di cento lupi si aggirano per il bosco, cicogne nere e aquile dalla coda bianca a rischio di estinzione fanno il nido nelle paludi e diverse decine di cavalli di Przewalski, una razza rara che in natura è estinta da decenni, prosperano nella zona dopo esservi stati liberati nel 1998. Anche i pini si stanno riprendendo la Foresta Rossa, nonostante in alcuni punti di radioattività persistente abbiano un aspetto tozzo e deforme, con gli aghi troppo corti o lunghi e grappoli di gemme dove dovrebbe essercene una sola. La foresta trasformata dalle radiazioni è un'anomalia.

Gli ecologi si meravigliano per la resistenza della natura di fronte all'avversità radiologica

Gli ecologi si meravigliano per la resistenza della natura di fronte all'avversità radiologica. Anche gli esseri umani hanno dimostrato di essere resistenti. La zona di esclusione fu totalmente evacuata dopo l'esplosione di Černobyl', ma nel giro di pochi mesi alcuni residenti cominciarono a tornare, sfidando le autorità ucraine. Attualmente nei villaggi di legno disastrati dispersi per la zona vivono quattrocento persone, quasi tutte anziane, e il governo ha provveduto a fornire elettricità e autobus per andare a fare la spesa nelle città vicine. A Opachychi, un villaggio di diciannove abitanti, un gallo e alcune galline passeggiano impettiti accanto alla capanna sgangherata di Anna e Vasilij Yevtushenko. «Questa è nostra figlia» dice Vasilij mostrando un album di fotografie, e poi, indicando un'altra pagina, «Questa è la nostra mucca». Una settimana dopo l'incidente Anna e Vasilij furono evacuati in un villaggio distante 160 chilometri. «Non ci piaceva. Il clima non era buono» racconta Vasilij. Due anni dopo tornarono a Opachychi. «Qui abbiamo tutto ciò che ci serve» assicura. Poi mostra i risultati delle analisi del sangue dell'anno prima. Sembra tutto a posto. «Se ci fosse qualcosa, saremmo già morti» dice.

Locandina di "The babushkas of Chernobyl", un film del 2014 sulle anziane donne ritornate a vivere nella zona contaminata

Locandina di "The babushkas of Chernobyl", un film del 2014 sulle anziane donne ritornate a vivere nella zona contaminata

Foto: Cordon Press

Se Opachychi è una reliquia dell'incubo nucleare, Pryp''jat' è come l'orologio ritrovato tra le macerie a Hiroshima, con le lancette immobili che indicano per sempre il momento della detonazione. Accanto a un asilo e a un centro sportivo con piscina, ora vuoto e pieno d'immondizia, che Olesya ricorda dalla sua infanzia, si erge la ruota ossidata di un luna park, con i sedili gialli che cigolano nel vento. L'avevano costruita per la festa del 1° maggio 1986. Il palazzo della cultura Energetik, un auditorium dove si organizzavano concerti e spettacoli di danza, presiede una piazza desolata. Gli alberi crescono attraverso il cemento. Il muschio che emerge tra le crepe fa scattare il contatore Geiger, che misura le radiazioni. Anche se le piogge hanno pulito alcune superfici, un intrico di "punti caldi" renderà questo telaio senz'anima radioattivo per la durata di una vita. «Quello che appare più sinistro nel centro di Pryp''jat' non è la distruzione del cemento e del ferro» dice Ron Chesser, «ma l'assenza di gente, il silenzio». Con il tempo, i radioisotopi completeranno il loro ciclo di semi-disintegrazione, e le paure dei sopravvissuti spariranno.

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