La storia e la fisica della bomba atomica

Come siamo arrivati a costruire gli ordigni nucleari, come funzionano, e cosa c’entra Oppenheimer
Esplosione di una bomba atomica
Esplosione di una bomba atomicaCORBIS/Corbis via Getty Images

Il 23 agosto esce al cinema Oppenheimer di Christopher Nolan. Il film è incentrato sulla figura di Robert Oppenheimer, uno dei principali contributori all’invenzione della bomba atomica, l’arma più tremenda mai usata dagli esseri umani, che pose fine alla Seconda Guerra Mondiale con il bombardamento di Nagasaki e Hiroshima. Anche se le bombe atomiche sono state usate solo due volte e che hanno più volte funzionato da deterrente per i conflitti veri e propri, è innegabile che la loro stessa esistenza costituisca un pericolo non indifferente. Oggi, riporta l’Onu, nonostante gli sforzi per il disarmo e i numerosi trattati internazionali, nel mondo esistono ancora 13.400 testate nucleari. In testa la Federazione Russa che ne possiede 5.889 e gli Stati Uniti che ne detengono 5.244. Senza nulla togliere alla loro crudeltà, la fisica alle spalle degli ordigni nucleari resta tuttavia un argomento al contempo complesso e affascinante.

La storia:

  1. Dall’idea all’atomo
  2. Una questione di nuclei
  3. Dalla fissione alla fusione
  4. Come avviene l’esplosione
Universal History Archive/Getty Images

Dall’idea all’atomo

Nel 1933 Adolf Hitler assunse la carica di Cancelliere, dando il via al Terzo Reich, lo Stato Nazista che rapidamente divenne un regime totalitario. Come nella maggior parte dei regimi di questo tipo, in breve tempo il problema divenne internazionale, e poi, nel 1939, globale, con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Nel 1933 avvenne anche qualcos’altro: lo scienziato ungherese di origini ebraiche Leo Szilard, scappato nel Regno Unito per via della follia nazista, ebbe un’idea. Se si poteva colpire un atomo con un neutrone e se quell’atomo nel processo avesse emesso due o più neutroni, allora si sarebbe generata una catena di reazioni di fissione nucleari in grado di autoalimentarsi. Ognuna di quelle reazioni avrebbe emesso una grande quantità di energia, e il risultato era chiaro: una bomba.

Bettmann

Nel 1938, il fisico italiano Enrico Fermi, rifugiatosi a New York per sfuggire al Fascismo, scoprì un atomo in cui avveniva un processo di questo tipo: colpendo un nucleo di uranio con un neutrone, l’atomo rilasciava altri neutroni. Così, con la paura che anche i nazisti potessero scoprire la reazione a catena, nel 1940 nacque il Progetto Manhattan, un progetto segreto per lo sviluppo di armi nucleari guidato da Arthur Compton. Compton mise su un gruppo di ricerca, che comprendeva anche Fermi e Szilard, che avrebbe continuato a condurre esperimenti sulle armi nucleari e le reazioni a catena. All’interno del team c’era anche il fisico teorico Julius Robert Oppenheimer.

Il 2 dicembre 1942, nel campo da football dell’Università di Chicago, avvenne il primo esperimento vero e proprio, che diede una conferma sperimentale dell’idea di Szilard. Nel 1943 Oppenheimer divenne il responsabile del progetto nei laboratori di Los Alamos, in New Mexico, dove sarebbe stato progettato e costruito il primo vero e proprio ordigno nucleare della storia. Il 16 luglio del 1945, gli Stati Uniti lo fecero esplodere nel deserto del New Mexico. Venti giorni dopo, il 6 agosto, una bomba di questo tipo cadde sulla città giapponese di Hiroshima, il 9 agosto sulla città di Nagasaki, ponendo fine alla Seconda Guerra Mondiale.

Una questione di nuclei

Come tutti impariamo a scuola, gli atomi sono composti di un nucleo di neutroni e protoni attorno al quale orbitano gli elettroni. I nuclei degli atomi si possono unire a formare atomi più grandi, oppure frammentarsi a formare atomi più piccoli. Nel primo caso si parla di fusione nucleare ed è il processo che avviene nei nuclei delle stelle (e che proviamo a ricreare in laboratorio): in quell’inferno di temperatura e pressione gli atomi sono così compressi da arrivare a fondersi e formare atomi più pesanti. Per esempio in una stella come il Sole i nuclei di idrogeno fondono formando quelli di elio. Il processo rilascia energia, che è quella che arriva ai nostri occhi sotto forma di luce.

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Quando invece un nucleo si divide, si parla di fissione nucleare, ed è quella che sfruttiamo in maniera controllata nelle centrali atomiche e in maniera volontariamente incontrollata nelle bombe nucleari. In questo caso, gli atomi più pesanti vengono frammentati in atomi più leggeri ma anche in questo caso il processo causa l’emissione di energia. In alcuni elementi, come l’uranio-235 e il plutonio-239, oltre all’energia vengono però rilasciati anche alcuni neutroni in eccesso, innescando proprio quella reazione di fissione a catena ideata da Szilard. Per innescare e mantenere la reazione a catena il materiale fissile deve però raggiungere almeno una massa critica: è la quantità minima di materiale nucleare per far sì che la reazione a catena si possa autoalimentare e, quindi, che esploda la bomba.

Dalla fissione alla fusione

Quelle trattate finora sono le bombe atomiche “classiche”, basate appunto sulla fissione. Generalmente la bomba atomica ha un innesco che si basa su un’esplosione chimica, la quale comprime una massa di uranio o plutonio fino a raggiungere la densità critica. Quando la raggiunge, avviene la catena di reazioni di fissione. Successivamente però gli sviluppi in quest’ambito di ricerca hanno portato a un altro tipo di ordigno nucleare, detto a fusione. Sono le cosiddette bombe termonucleari, nelle quali avviene una sequenza di due esplosioni. L’esplosione primaria è equivalente a una bomba a fissione, con la suddetta sequenza di esplosione chimica e catena di fissioni. L’energia rilasciata dall’esplosione primaria porta poi a un’esplosione secondaria, sfruttata per innescare la fusione di atomi di idrogeno. L’ordigno più potente di questo tipo mai ideato e testato è la nota bomba Tsar sovietica.

Come avviene l’esplosione

Tutti abbiamo in mente l’immagine del fungo atomico. Ma come si origina? Appena la bomba esplode, entro il primo secondo, avviene un improvviso rilascio di energia sotto forma di neutroni liberi e raggi gamma. L’esplosione appare come una sfera infuocata che si espande anche fino a decine di chilometri di distanza dal punto di innesco. Proprio questa sfera infuocata, risalendo in atmosfera, crea la tipica forma a fungo. Avviene il flash termico, il calore emesso da questa sfera infuocata può innescare incendi e causare ustioni anche a chilometri di distanza dal centro dell'esplosione (dipendentemente dalla potenza).

Espandendosi così rapidamente, l’esplosione crea un’onda d’urto, un’improvvisa variazione della pressione atmosferica che si propaga fino a dissiparsi ma che, lungo la strada, crea gran parte della distruzione legata alle bombe atomiche. La peculiarità delle bombe atomiche è però forse il fallout radioattivo, una pioggia di prodotti della fissione che si spargono sull’area circostante l’esplosione e che la possono contaminare con elementi radioattivi anche per interi decenni.

UNITED STATES - DECEMBER 01: The mushroom cloud produced by the first explosion by the Americans of a hydrogen bomb at Eniwetok Atoll in the South Pacific. Known as Operation Ivy, this test represented a major step forwards in terms of the destructive power achievable with atomic weapons. The hydrogen, or fusion, bomb used a fission device similar to those dropped on Hiroshima and Nagasaki at the end of World War II, detonated inside a container containing deuterium. The high temperatures involved set off a fusion reaction in the deterium, releasing vast amounts of energy. The yield of the weapon was 10.4 megatonnes, more than the total of all the high explosive detonated in the entire duration of the Second World War. (Photo by SSPL/Getty Images)Science & Society Picture Library/Getty Images