Ultim'ora

PIEDIMONTE MATESE / ALIFE- prete raggirato, vescovo sotto processo: verso la sentenza

PIEDIMONTE MATESE / ALIFE – Entro questo mese potrebbe arrivare la sentenza del processo di primo grado a carico di tre imputati. Fra loro anche il vescovo della diocesi di Alife Caiazzo,  Valentino Di Cerbo. L’accusa è  di aver raggirato un anziano prete a cui avrebbe sottratto 894mila euro. Rosa Cristina D’Abrosca e Giovanni Fevola, gli altri indagati nell’ambito dello stesso procedimento sono già sotto processo da qualche tempo. Avrebbero prosciugato il conto corrente ad un anziano prete: don Leone.   Secondo l’accusa il vescovo Di Cerbo si sarebbe appropriato di oltre 894mila euro, che erano nelle disponibilità dell’anziano sacerdote. E l’avrebbero fatto approfittando delle ridotte capacità cognitive, legate all’incedere dell’età, della loro presunta vittima.
Don Leone avrebbe firmato un assegno di 30mila euro a favore della sua perpetua. Poi il parroco, probabilmente, in un momento di lucidità, denunciò ai carabinieri di essere stato raggirato. Mentre i carabinieri indagano entra in azione il vescovo Di Cerbo che convoca i militari in curia;  gli stessi carabinieri una volta giunti in curia trovano, oltre al vescovo, anche la perpetua, D’Abrosca, e don Leone. L’anziano parroco cambia la sua versione affermando che quei 30.000 euro li aveva dati volontariamente, e in piena coscienza alla D’Abrosca per ricompensarla dell’assistenza fornita.
Secondo l’accusa quella versione “addomesticata”, probabilmente, fu  “ordinata” dallo stesso vescovo all’anziano parroco. Le indagini dei militari vanno avanti e raccolgo prove sufficienti per spingere il giudice ad emettere un decreto di sequestro dei conti nella disponibilità diretta del vescovo Valentino Di Cerbo.
Si scopre così che nel gennaio 2013 dal conto intestato a don Leone, venne emesso un vaglia per un importo complessivo pari ad euro 450.000 euro di cui risultò beneficiario proprio il vescovo Di Cerbo; contestualmente, fu effettuato un versamento pari ad euro 225.000 euro sul conto intestato a Giovanni Fevola e Rosa Cristina D’Abrosca (importo che sarebbe stato reinvestito nella sottoscrizione di una polizza assicurativa). Successivamente fu emesso un buono per un importo di 225.000 euro intestato al vescovo Di Cerbo. Anche questi soldi finirono sul conto di sua eccellenza. Il buono fu congelato con un contratto a lungo termine, con scadenza 4 gennaio 2033. Ma poi venne riscosso dopo 20 giorni, precisamente il 22 gennaio 2013 e successivamente versato, in aggiunta di altri euro 100.000 su un libretto di deposito postale, ovviamente sempre intestato a sua eccellenza.
Sempre a gennaio 2013 dal conto intestato a don Leone, fu emesso un altro vaglia per un importo complessivo di 381mila euro di cui risultava beneficiario Di Cerbo, il quale lo riscosse.  Intanto altri 200.000 euro arrivarono sul libretto di deposito a risparmio del vescovo, con successiva sottoscrizione di un buono postale di euro 270.000 intestato ai coniugi Giuseppe Leone e Rosa Cristina D’Abrosca, di cui euro 181,000 derivanti dalla riscossione del vaglia menzionato e i restanti Seimila euro derivanti da altre operazioni.
Il 31 dicembre 2012, alcuni giorni prima di queste operazioni, fu sottoscritto un buono fruttifero dematerializzato per un importo pari ad euro 63.700 cointestato a Giuseppe Leone e al vescovo Di Cerbo, rimborsato in data 4 gennaio 2013 per un importo pari ad 63,636,30, con firma del solo Di Cerbo, confluendo sul libretto di deposito risparmio sempre intestato a monsignor Di Cerbo.  Operazioni che comportarono, secondo la prospettazione della Procura, per don Giuseppe Leone effetti pregiudizievoli ed economicamente dannosi a causa della ridotta capacità di quest’ultimo di autodeterminarsi e di avere cura dei propri interessi.  La Procura ha anche effettuato un accertamento fiscale nei confronti degli indagati, appurando una sperequazione economico patrimoniale tra quelli effettivamente posseduti e quelli dichiarati. In conclusione il Gip accogliendo la richiesta della Procura ha convalidato il sequestro dei 488,636,30 euro nella disponibilità del vescovo Valentino Di Cerbo, limitatamente agli importi che allo stato sono stati rinvenuti pari a 17.567,34 euro e 406.000 euro nell’attuale disponibilità di Rosa Cristina D’Abrosca e di suo marito Giovanni Fevola. Le indagini sono state condotte dai carabinieri della compagnia del Matese, guidati dal maggiore Falso.
Ora sarà il giudice del tribunale di Santa Maria Capua Vetere a scrivere un primo importante capitolo della sentenza. Sulla questione il Vescovo si è sempre dichiarato innocente

Guarda anche

SCHIFEZZE DI STATO: Poliziotto vuole fare sesso con un minorenne detenuto. Lui si ribella: massacrato di botte

Nel pestaggio avvenuto nel carcere minorile Beccaria di Milano sono coinvolti anche poliziotti del casertano …