Che ne è stato della Seconda Repubblica?

Alla Lumsa un confronto tra i protagonisti della stagione politica di allora e di quella attuale, a 25 anni dalle elezioni del 1994 che videro il successo di Berlusconi con Forza Italia

Le elezioni politiche del 27 e 28 marzo 1994 segnarono, con il successo di Berlusconi e di Forza Italia, alleata con la Lega di Bossi al Nord e con Alleanza Nazionale al centrosud, oltre che con il Ccd di Casini, l’inizio della cosiddetta Seconda Repubblica. A 25 anni da quell’evento, la Fondazione De Gasperi e la Lumsa hanno organizzato una giornata di riflessione che si è chiusa con un dibattito moderato da Bruno Vespa e concluso dal rettore Francesco Bonini. Una tavola rotonda con alcuni dei protagonisti della stagione politica di allora e di quella attuale: Massimo D’Alema, Paolo Gentiloni, Fabrizio Cicchitto, Ignazio La Russa, Roberto Maroni, Pierluigi Castagnetti e Gianpiero D’Alia. Ne è emersa una analisi lucida, sia pure da prospettive diverse, di quello che accadde nel giro di pochi mesi, ovvero dal trionfo della sinistra alle elezioni amministrative del 1993 al clamoroso successo del centrodestra a “geometrie variabili” di Berlusconi, fino ai riflessi sulla situazione politica attuale.

In particolare, D’Alema ha sottolineato che il ’94 fu per il «Partito democratico della sinistra un amaro risveglio. La vittoria alle amministrative aveva generato la convinzione, poi rivelatasi illusoria, che la strada alla conquista del governo fosse aperta. Prevaleva la voglia di nuovo, molti opinion leaders» – esplicito il riferimento al quotidiano Repubblica – spingevano a ritenere che «una volta liberatisi del fardello del simbolo del Pci, si potesse raggiungere il governo sulle rovine del sistema politico precedente». La sinistra giustizialista, ha aggiunto, «che non ha mai ordito trame giudiziarie ma si è fatta forte» della vicenda Tangentopoli, «lisciava il pelo alla percezione dell’opinione pubblica, scambiandola con i lettori di giornali». Un «atteggiamento culturale» sbagliato: «Sono legato a un’idea più tradizionale della politica, provo fastidio verso l’ansia del nuovo, perché il “nuovismo” spesso è peggio del vecchio» ha ribadito. D’Alema ha poi ripercorso i tentativi di creare una coalizione con il Partito popolare italiano di Martinazzoli, a cui si oppose Occhetto, una «rottura politica personale che ebbe un peso sulla legge elettorale». L’ex leader dei Ds riconosce che «Berlusconi seppe “mettere in campo” quello spirito di novità in cui era più credibile e competitivo. Avremmo dovuto sapere che l’anticomunismo era un formidabile collante: Berlusconi seppe risuscitare quel mondo moderato e anticomunista che rappresentava la maggioranza degli italiani. Riportò in campo l’Italia che vera, diede rappresentanza a un’Italia moderata che non aveva più voce».

Analisi condivisa da Gentiloni, secondo cui «noi ci abbiamo messo due anni per comprendere cosa stava accadendo», come pure da Cicchitto: «Il sistema Tangentopoli coinvolgeva tutto e tutti ma la gestione di Mani pulite salvò una parte (Pds e sinistra dc) e distrusse il resto». Berlusconi, nonostante «Gianni Letta e Confalonieri lo sconsigliassero», seppe «dare risposta a un vuoto» in cui si trovavano «il ceto medio e tutti quelli che votavano» per il pentapartito. La «doppia alleanza a nord e a sud fu un fatto politico geniale. La partita in teoria non c’era. Serviva un leader carismatico» per riequilibrare la situazione: «Con la combinazione tra post-comunismo e giustizialismo, senza quel riequilibrio non so come sarebbe andata a finire la tenuta democratica».

La Russa ha ricordato l’evoluzione della destra dal Movimento sociale italiano ad Alleanza nazionale, Maroni i rapporti con Bossi, l’accordo stracciato con Mariotto Segni a cui lui aveva pazientemente lavorato, l’alleanza e la successiva rottura con Berlusconi, Castagnetti la scissione che portò alla nascita del Centro cristiano democratico di Casini, poi l’attenzione si è spostata sulle conseguenze di quel periodo sul quadro attuale. E qui Maroni ha sottolineato come «la crescita della Lega sia dovuta a un passaggio generazionale che FI non ha fatto». Un po’ per i problemi fisici di Bossi, un po’ per la «forte struttura territoriale» della Lega, c’è stata la reazione «forte alle inchieste giudiziarie (il caso Belsito, ndr): il passaggio temporaneo a me e poi a Salvini ha disegnato una nuova Lega. Salvini – ha ribadito – vuole fare la stessa cosa di Bossi: un partito egemone. La Seconda Repubblica è finita con l’area sovranista. Dopo le europee si apriranno scenari nuovi». Sul futuro del centrodestra concordi La Russa e Cicchitto: spetta ora a FI scegliere cosa fare, se andare in autonomia oppure essere subalterna alla Lega. «Berlusconi non può aspettare Godot-Salvini che non arriverà mai», ha detto Cicchitto, mentre secondo La Russa il progetto di Fratelli d’Italia è diventare «la seconda gamba di un nuovo centrodestra».

L’attuale radicalizzazione delle posizioni ha diviso D’Alema e Gentiloni, con il primo più propenso a guardare a sinistra. «Mentre il Pd, sulla base di uno schema tradizionale, si spostava al centro, il centro non c’era più. Il Pd è andato verso il nulla e nel nulla è precipitato, mentre Salvini si è mosso nella direzione in cui si muove la società. Il gruppo dirigente della sinistra è in grado di capire le novità e interpretarle? Non siamo di fronte a breve stagione. Salvini potrà gestire da una posizione egemonica la prevedibile crisi dei Cinquestelle». Al contrario, secondo Gentiloni «la grandissima forza di Salvini potrebbe rivelarsi una debolezza. Non mi rassegno che di fronte a populismo e nazionalismo la sinistra debba contrapporre altrettanta radicalizzazione, non ne siamo capaci». E sulla possibile crisi dei pentastellati D’Alia ha invitato a «non sottovalutare la nuova questione sociale» né immaginare che il Movimento «possa scomparire d’incanto perché ha un radicamento sociale, soprattutto nel Mezzogiorno, non di elettori di sinistra ma di ex dc, di moderati, di quel ceto medio distrutto dalla crisi economica che ha cambiato in profondità la società».

28 marzo 2019