La richiesta era arrivata direttamente da Papa Francesco, che lo aveva invitato a «spostarsi a Roma per un periodo prolungato di tempo», pur mantenendo il suo incarico nel Paese. E così nella giornata di ieri, 23 aprile, al termini delle celebrazioni legate alla Pasqua, il vescovo ausiliare di Managua, in Nicaragua, José Silvio Baez ha lasciato il Paese. Nelle scorse settimane erano emerse conferme sull’esistenza di un piano per ucciderlo, in ambiente vicini al regime nicaraguense. Soprattutto nell’ultimo anno infatti il presule è stato una voce coraggiosa e scomoda per il governo, schierato accanto alla popolazione vittime della repressione di Ortega.

«Voglio che sia chiaro che il mio cuore è sempre stato qui nella mia terra, nella mia patria e in mezzo al mio popolo, e il mio cuore di Pastore continuerà a essere qui in Nicaragua», aveva spiegato in una conferenza stampa convocata prima di Pasqua dal cardinale arcivescovo di Managua Leopoldo Brenes e dall’ausiliare arcidiocesano per spiegare la notizia ai media del Paese, nella sede della Curia arcivescovile. «Non ho chiesto di andarmene, sono stato chiamato dal Santo Padre – le parole di Baez -, sono andato a Roma e lui mi ha accolto in modo molto affettuoso, molto fraterno, con grande interesse per il mio ministero e anche per la situazione in Nicaragua. Mi ha ascoltato con grande attenzione. Vi manifesto con tutta sincerità ciò che ho detto al Santo Padre. In questo momento provo un grande dolore nel mio cuore, un grande dolore di non poter essere fisicamente in mezzo al mio amato popolo nicaraguense, specialmente il fedele Popolo Santo di Dio, per annunciare loro il Vangelo con la mia voce e offrire loro, attraverso la vicinanza pastorale, una parola di consolazione e profezia».

Nella Messa del giorno di Pasqua, domenica scorsa, 21 aprile, davanti a una folla di persone Baez aveva affermato con forza: «Noi seguaci di Gesù non dobbiamo dimenticarlo. Siamo chiamati a scegliere sempre una posizione chiara e ferma contro tutto ciò che distrugge o degrada la vita o la dignità umana. Le libertà non si negoziano. Né la libertà né la vita delle persone». Ieri, quindi, la partenza per il Vaticano. Salutando gli amici all’aeroporto, molto emozionato, il vescovo ha auspicato per il suo Paese «giustizia sociale e un’autentica pace».  Per quel «popolo crocifisso», per quel «Paese sequestrato» del quale aveva parlato, nel loro incontro, anche a Papa Francesco, con «poteri dominati da menzogne, ingiustizia, repressione e ambiguità che adorano pietosamente il dio denaro».  Infine, il saluto al suo Paese affidato a un tweet, insieme all’annuncio che trascorrerà questa settimana con i suoi familiari a Miami, prima di raggiungere il Vaticano.

24 aprile 2019